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Donne, vite, politica: cosa cambia?- parte prima

Da Femminileplurale

Sabato 9 febbraio siamo state a Bologna in occasione dell’incontro nazionale ‘Donne, vite, politiche: cosa cambia?‘. Qui di seguito il primo dei nostri resoconti.

Intervento di Ilaria Durigon. 

febbraio bologna 2013

Il problema del rapporto tra femminismo e rappresentanza parlamentare rimanda ad un problema più ampio, cioè a quello tra femminismo e istituzioni statali e quindi intrinsecamente gerarchiche e patriarcali. La logica che definisce e costruisce queste ultime è radicalmente opposta rispetto a quella interna al femminismo. Questo è nato ed è cresciuto muovendosi contro ogni forma di gerarchia. E la rappresentanza è una forma di gerarchia. Rappresentanti e rappresentati non stanno sullo stesso piano. Partendo da questa premessa, è possibile che il femminismo possa essere portato all’interno delle istituzioni senza perdere parte della sua essenza, del suo senso? Senza perdere ciò che più lo caratterizza? A mio avviso no. Il femminismo si sradica nelle istituzioni statali. Ma non solo. Nel mondo in cui viviamo ha sempre meno senso focalizzare le proprie energie in questo genere di rapporti. Non solo la rappresentanza è in crisi, ma lo è lo Stato stesso nella sua capacità e autonomia decisionale. E’ ormai evidente che le decisioni più importanti vengono prese in altri luoghi, luoghi nei quali la rappresentanza politica non ha alcun peso. A mio avviso il femminismo dovrebbe preoccuparsi  di coinvolgere più donne, giovani, immigrate, nelle istituzioni non statali dell’autonomia che esso ha costruito e sviluppato. Istituzioni che devono essere rafforzare affinché siano semmai le candidate a doversi porre la domanda di quale relazione intrattenere con esse. Non solo questo modo ‘è già politica’, ma è l’unica politica possibile, nel senso di un’azione politica davvero efficace. La storia su questo ci dà ragione. I più importanti obiettivi il femminismo li ha raggiunti fuori dalle istituzioni e forse proprio perché ne era fuori.


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