"La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. .......................... " (legge 30 marzo 2004 n. 92) |
La nota che segue è un articolo pubblicato il 15 marzo 1952 sul settimanale diocesano "Il Risveglio" con il titolo: "Ha conosciuto l'inferno di Tito l'angelo stroncato da un immenso dolore". Narra una vicenda che ha trovato il suo epilogo tragico sessanta cinque anni fa, esattamente, il giorno 14 del mese di febbraio 1952, qui, a due passi da noi, ma che è iniziata negli altrettanto tragici anni di guerra nei pressi di Gorizia a Ranziano oggi in territorio sloveno col nome di Renče. E' la storia di una bambina e della sua famiglia che, come dice il titolo dell'articolo, famiglia che ha subito la violenza della guerra. La tragica morte della madre rimanda immediatamente alla epurazione violenta attuata dalle le forze partigiane di Tito nei riguardi delle popolazioni istriane e dalmate di origine italiana. Per queste vicende è stata fissata la ricorrenza del "Giorno del Ricordo" che si celebra il 10 febbraio. Questa ricorrenza noi la vogliamo celebrare riproponendo questo testimone fragile.
Anna Maria nacque a Gradischella di Ranziano (Gorizia) il 14 settembre 1938. Il babbo, Angelo Felloni, al servizio di S.A.R. Il Duca di Savoia, al Castello di Miramare, e la mamma, Galli Olga educarono il cuore della piccola ad una squisita bontà. Quando, scoppiata la guerra (1940-45) il padre, seguendo il Duca d'Aosta rimase prigioniero in Africa, la mamma con la piccola Anna Maria trovò ospitalità presso i genitori. Ma sarà questa la prima grande tappa del suo doloroso Calvario. Le soldatesche di Tito invadono la zona; portano la strage tra quelle popolazioni e rimane vittima anche la Signora Olga Galli, barbaramente trucidata con la sorella ed i genitori. La piccola viene raccolta da anime pietose che amorosamente la assistono. La notizia della strage giunse a conoscenza dei famigliari del Felloni soltanto dopo quattro e subito partirono per rintracciare la bambina. Questa, intanto, era fatta peregrinare di casa in casa per timore che fosse scoperta dai soldsti di Tito. Finalmente venne rintracciata con la sua vecchia cameriera, dalla quale abbiamo appreso le notizia riferite. Venne così tra noi. Le cure premurose e come materne della zia Felloni Maria parvero farle dimenticare gli orrori vissuti. Suo grande desiderio e continua preoccupazione: rivedere l'amato padre e potergli raccontare -come raccontava a noi- la dolorosa e straziante scena di quella notte terribile che vide trucidata la mamma, “dopo averla fatto tanto piangere”. Giunse finalmente quel gioioso ma straziante giorno; il 25 marzo 1946 tornò il suo papà. Se grande fu la gioia del padre nel riabbracciare la sua creatura -aveva ormai dieci anni-, altrettanto immenso fu lo strazio al sentire della morte della consorte. Strazio e dolore che sebbene sorretti dalla fede e confortati dalle parole e dalla vista della piccola Anna Maria, aprirono in lui ugualmente ed inesorabilmente una piaga insanabile. Minato nella salute dalla lunga prigionia e oppresso continuamente dalla considerazione della fine della sua Olga, il 26 febbraio 1949, doveva miseramente finire i suoi giorni. Così Anna Maria era orfana del padre e della madre! Una forza veramente sovrumana parve allora reggere il suo piccolo cuore. Come era buona, serena, docile e gentile! La sua Delegata la ricorda una delle più assidue e generose fra le Beniamine prima e poi fra le Aspiranti di Azione Cattolica. Ma tanto dolore aveva inciso fortemente sulla sua salute. Era appena, infatti, con immensa sua gioia, entrata nel Collegio di Vigheffio, che una terribile malattia stroncava la sua promettente vita. A nulla valsero le indefesse cure prodigatele. Il verdetto della scienza fu inesorabile. Ma anche sul letto del dolore -a testimonianza della zia e dei medici curanti- mai una parole di lamento per i suoi dolori. Anzi, amava, dotata di una bellissima voce, cantare gli inni imparati nella sua sezione Aspiranti commovendo quanti la attorniavano! Conscia della sua fine, guardando il cielo ripeteva: “Così andrò con mamma e papà”; e richiamava la zia quando la sorprendeva a piangere. Riportata nella sua casa di San Vittore, salutò tutti affabilmente e col sorriso sulle labbra spirò il 14 febbraio 1952. Commovente e devoto omaggio alla sua bontà furono i funerali: fiori, tantissimi fiori ricoprivano il tenero corpicino, vittima innicente della cattiveria degli uomini! * 15 marzo 1952