Dopo la morte… las vegas!
Creato il 18 novembre 2013 da Marvigar4
DOPO LA MORTE… LAS VEGAS!
Pièce in tre atti di Marco Vignolo Gargini
TERZO ATTO
La scena si presenta adesso come un’insolita aula di tribunale: il tavolo usato nel secondo atto per la roulette ospita Tilde e La Madre, che siedono dietro nelle posizioni occupate esattamente in precedenza. C’è in mezzo un posto vuoto, quello dove sedeva Doktor M.. In alto campeggiano, appesi come bandiere, sei enormi triangoli di diverso colore (viola, nero, blu, rosso, rosa e verde) con in mezzo una stella di David gialla della stessa dimensione dei triangoli. Doktor M., di lato a destra e davanti a Tilde e La Madre, è seduto in qualità di imputato sulla sedia a sdraio del primo atto, con il solito tavolino accanto. Wernher, anch’egli di lato e davanti rispetto alle due donne, ma a sinistra, rappresenterebbe la pubblica accusa.
Doktor M.: Come potete pretendere che io accetti questa ritorsione? Che fine ha fatto quella disposizione che garantiva la mia incolumità? Io non ho niente da aggiungere e non mi debbo difendere. Ho fatto il mio dovere. Non è dipeso da me l’esito della partita. E questo baraccone cos’è? Hanno messo anche le bandiere… (si accorge della stella di David e la indica) Ah, è un processo sionista!
Tilde: Nessun processo sionista.
La Madre: Non è un processo.
Tilde: Anche se ne ha tutta la forma.
Doktor M.: E la sostanza! Secondo voi il mio trasferimento in questo luogo è normale? La somma da raggiungere in caso di vittoria era ignota, o perlomeno non specificata, però, caso strano, la sconfitta è stata decretata praticamente subito.
Tilde: Non siamo qui per parlare della sua sconfitta alla roulette. Ha notato questa donna che è qui con me? La riconosce?
Doktor M.: Siamo di nuovo agli indovinelli. Io non la conosco. Io non la riconosco. Non so chi diavolo sia. Io soffro di prosopoagnosia.
Tilde: Cosa sarebbe?
Doktor M.: È una benedizione che mi impedisce di riconoscere i volti delle persone note e non. Io dimentico subito la fisionomia degli individui.
Tilde: Non ci prenda in giro!
Doktor M.: E se volessi? Voi siete ridicole. E quel cameriere arruolato come pubblico ministero è un’oscenità. Non avete alcun diritto di fare un processo. Chi di voi è laureato in Giurisprudenza?
Tilde: Qui la laurea non ha corso.
Doktor M.: Naturale! Questo è il regno dei poveri di spirito, la repubblica degli stolti. E il giudice supremo dov’è? Lui potrebbe farne a meno di una laurea, però si rimpiatta sempre… (ride sguaiatamente)
Tilde: Assassino e blasfemo!
Doktor M.: Modera i termini, donnetta!
Tilde: Continui pure a fare il gradasso. È finita la sua fortuna. Definitivamente finita. Non può opporsi.
Doktor M.: Io non mi oppongo. Io non mi pongo. Me ne resterò qua ad infinitum a sorseggiare le mie bevande. Alla vostra salute…
Tilde: Schiatterà di sete!
Doktor M.: Sei proprio cretina. Non posso schiattare. Io rispetto a voi rimango immortale, perché… (si alza e cammina lentamente verso il tavolo con aria di sfida) perché non potrete mai fare a meno di me. Chi si spoglia della sua angoscia in questa landa depressa e deprimente? Io incarno la cattiva coscienza; sono l’ambasciatore della perversione che si realizza; l’araldo di un popolo che finge di non sapere, di non ricordare; io sono l’aspirazione segreta dei mediocri che come me avrebbero voluto giocarsela la propria fetta di malvagità; io sono la bile di tutti coloro che hanno messo a cuccia i desideri più indicibili con il narcotico delle pie intenzioni. Però niente e nessuno dorme eternamente. Il risveglio avviene, ed è peggiore del sonno. Ve li vorrei introdurre questi mostri, uno a uno, presentarveli, e la fila sarebbe interminabile. Le cosiddette anime belle, i buoni samaritani, i misericordiosi. (si volta verso il suo posto) A quanto pare là sopra c’è un delizioso cocktail. Con permesso. (torna a sedersi e beve provocatoriamente). Preparato come si deve! Bravo Wernher! Allora, cosa stavo dicendo? Ah, i misericordiosi. La lunga schiera dei personaggi, dei pavoni spennati, allineati per dimostrare che la loro vocazione è il bene del prossimo. Si atteggiano con quella postura pretesca, con la pantomima della loro umiltà, così smaccatamente affettata, così ostentata, così esibita! Io ho conosciuto un grande benefattore, un collega che s’è ritirato per curare i poveri appestati del continente africano. Abbiamo discusso da pari a pari. Eravamo d’accordo su tutto. Mi fece intendere che per lui salvare, riscattare, e quant’altro, le povere anime piagate dalle malattie assumeva un valore diametralmente opposto a quello ritenuto ufficiale. Lo volete sapere, signore e signori? Lui era un grande, un profondo razzista. Una sera mi colpì molto una sua espressione. “Senza la nostra cultura la terra sarebbe già un deserto. Noi siamo qui a dispetto di quel pasticcione che ha creato un pianeta invivibile, e siamo favoriti da un intelletto forgiato dai nostri studi superiori. La scienza è nata in occidente, con ciò noi possiamo sperare di difendere una vita oppressa dalla maledizione di una natura all’apparenza rigogliosa, paradisiaca, in realtà infernale. Latet anguis in herba. Se non interveniamo lasciamo alla morte la libertà di commettere le sue porcherie”. Capito? Noi uomini occidentali, di razza bianca, noi nordici che il sole non ha ammorbato con il suo volgare calore, con i suoi raggi che riducono l’encefalo in poltiglia! Guardate come si è sviluppata la civiltà, quali sono le vette raggiunte dall’ingegno umano, dov’è che il pensiero ha tramutato in atti le sue fantasie? Geograficamente, c’è una parte del globo che ha prodotto il genio, in tutte le sue manifestazioni. La natura, sì la natura, ha scelto chi favorire.
Tilde: Non mi stupiscono le sue affermazioni. Lei, come tutti i criminali, tira in ballo la natura per giustificare i suoi delitti. Questa è un’altra idea delirante della sua teoria barbara, omicida. È la sua filosofia, la filosofia della bestia trionfante che gode a veder schizzare il sangue dalle ferite delle sue vittime. Ma il razzista di cui lei parla non sarebbe mai stato d’accordo con le sue idee malate.
Doktor M.: Sai solo piagnucolare, come un povera femminuccia sentimentale.
Tilde: Taccia, assassino! Io sono una persona, mentre lei ha rinunciato a esserlo.
Doktor M.: Chi sei tu che osi giudicarmi?
Tilde: Basta! La smetta di darmi del tu con quel tono di disprezzo. Lo dico subito chi sono, o meglio, chi ero. Vi fu una bambina ad Auschwitz che giocava con il fratello tra l’immondizia e il fetore dei morti. Si chiamava Tilde… Thomas era suo fratello… Una mattina io, da sola, correvo tra una baracca e l’altra e urtai contro un signore che usciva da una casupola. Questo signore portava sulla divisa nazista un camice bianco. Distinto, ben nutrito, lo si vedeva dalle gote paffute. Mi raccolse da terra e mi chiese se mi ero fatta male. Interrogava, con gentilezza, ma rivelando una curiosità che non riuscivo proprio a comprendere… Mi scappò detto che avevo un fratello gemello, e a lui si illuminarono gli occhi. Fece promesse di giochi, di cibi, di tutto, a patto che lo andassi a trovare assieme a mio fratello. Non dissi niente a mia madre, mi comportai come una vera egoista, vedevo già le merende, le bambole, i giocattoli che non avevo nella baracca… e coinvolsi Thomas in quello che sarebbe stato il suo tragico epilogo. Per un po’ di pane e marmellata, per qualche caramella, lui ci tratteneva… ci drogava, ci faceva delle iniezioni, ci dava in pasto alle più basse libidini dei suoi compagni aguzzini. Io fui stuprata, obbligata a eseguire pratiche sessuali d’ogni tipo. Thomas finì nelle grinfie di un grasso gerarca dagli occhi porcini. Abusò di lui finché non si lasciò prendere dalla paura d’esser scoperto. Non l’avrebbe passata liscia se fosse stato accusato di farsela con un bambino, ebreo per giunta. L’unico modo per non correre rischi era eliminare l’unico testimone. Thomas. Mio fratello. Intanto il signore distinto con il camice bianco non mosse un dito. Aveva perso una cavia, pur preziosa, ma si mise immediatamente alla ricerca di un’altra coppia di gemelli. Peccato, i russi erano ormai alle porte, e lui pensò bene di far fagotto. Io fui scaricata. Ricordo quando tornai da mia madre e… e non la vidi. Restai sola in mezzo al campo a osservare con le lacrime agli occhi la liberazione… Un soldato russo mi prese con sé e m’affidò a una donna che si occupava del recupero dei bambini superstiti.
Basta. Non mi va di spendere una parola di più. Credo che adesso tu abbia capito il perché io oso giudicarti.
Doktor M.: Non ti piacevano, pardon, non le piacevano le caramelle? Le pupattole non erano di suo gusto?
Tilde: Bastardo! Lei è quel macellaio con il camice bianco.
Doktor M.: Finalmente abbiamo scoperto chi sono.
Tilde: E lei, la riconosce?
Doktor M.: È una che non sa giocare alla roulette!
Tilde: Non è qui per scherzare, assassino! Questa signora è mia madre.
Doktor M.: Abbiamo riunito la famiglia!
Tilde: Mancherebbe solo mio fratello, Thomas.
Doktor M.: Già. Perché non è qui con voi?
Tilde: Non è presente, però esiste. Lei non lo vede, ma lui è una scheggia ficcata nelle sue carni.
Doktor M.: Insomma, che volete da me? Togliervi qualche soddisfazione? Troppo tardi. Niente potrà restituirvi Thomas.
Tilde: Noi abbiamo raccolto molto materiale. Madre, porgimi, per favore, le tue carte. (La Madre consegna a Tilde i fogli che aveva esibito nel secondo atto) Bene. Le piacerebbe dare un’occhiata al dossier che ne è venuto fuori? Ma io invece lo consegno al pubblico ministero. (Wernher va a prendere gli incartamenti su invito di Tilde) Un po’ di atmosfera, prego. (si abbassano le luci generali, mentre rimangono due spot su Doktor M. e su Wernher).
Wernher: (legge) Nato il 16 marzo 1911 a Günzburg, secondogenito di Karl, noto industriale bavarese, e Walli.
Doktor M.: Confermo.
Wernher: Nel 1928 si iscrisse al Partito Nazionalsocialista, entrò tre anni più tardi nelle Sturm Abteilungen, da cui uscì, dopo la ben nota epurazione del 30 giugno 1934…
Doktor M.: Epurazione! La chiami con il suo nome.
Wernher:… dopo la ben nota epurazione del 30 giugno 1934, passata alla storia come “la notte dei lunghi coltelli”.
Doktor M.: Oh! Ci voleva tanto? Comunque io non ho mai approvato le tendenze sessuali di Röhm e compagni…
Wernher: Laurea in medicina a Francoforte e in filosofia a Monaco, titoli che le saranno revocati dopo la guerra dalle autorità accademiche. (pausa) Nulla da eccepire?
Doktor M.: I titoli restano miei. Delle autorità accademiche me ne fotto.
Wernher: Aderì opportunisticamente alle SS e ottenne i favori dei vertici del Partito per le sue doti scientifiche.
Doktor M.: Per caso in quei brogliacci vengono menzionate le mie opere?
Wernher: Abbia la compiacenza di ascoltare. Dov’ero rimasto? (riprende a leggere) Aderì opportunisticamente alle SS e ottenne i favori dei vertici del Partito per le sue doti scientifiche tanto da ottenere un primo incarico nel Lager di Buchenwald.
Doktor M.: Possibile non vi sia scritto nulla dei miei brillanti studi universitari?
Wernher: (cerca il punto sul foglio che riguarda la carriera universitaria di Doktor M.. Lo trova) Nei suoi studi universitari si dedicò alla ricerca sull’antropologia fisica e sulla genetica. Pare abbia lavorato sotto la direzione di Otmar von Verschuer all’Istituto di Biologia ereditaria e Igiene della razza all’Università di Francoforte. Era questo che desiderava sentire?
Doktor M.: Più o meno.
Wernher: Fu poi trasferito ad Auschwitz con la qualifica di Hauptsturmführer-SS e di medico. Nel campo di concentramento di Auschwitz si contraddistinse per i suoi aberranti esperimenti nell’ambito della dottrina dello slancio vitale e della biologia della cosiddetta razza ariana. La sua attività criminosa in tale contesto è certa e ampiamente documentata.
Doktor M.: Questi documenti sono di una reticenza vergognosa. O è lei che li legge saltando le parti che meno la interessano?
Wernher: (si rivolge a Tilde e a La Madre) Debbo riferire anche dei suoi articoli cosiddetti scientifici?
Tilde: Riferisca.
Wernher: È con vero imbarazzo che mi tocca pronunciare simili nefandezze. Non posso esimermi dal farlo. Citiamo dai documenti pervenutici tre titoli di articoli pubblicati di argomento “scientifico”: Esame razziale-morfologico della porzione anteriore della mascella inferiore di quattro gruppi razziali…
Doktor M.: Questa era la mia dissertazione all’Istituto Antropologico presso l’Università di Monaco.
Wernher:. Il secondo si intitolava Studi genealogici sui casi di fenditura del labbro, della mascella, e del palato…
Doktor M.: Anomalia congenita più nota con il termine volgare di labbro leporino, ossia la labioschisi che io ho analizzato in riferimento alla analoga mancata unione delle due metà dell’osso mascellare, nonché del palato, ovvero la palatoschisi. Uno studio genetico davvero interessante…
Wernher: E poi abbiamo Trasmissione ereditaria delle Fistulae Auris, pubblicazione da considerarsi congiunta con le ricerche effettuate sul principio di Lenz-Vershuer riguardo l’irregolarità del processo ereditario dominante.
Doktor M.: Sarei entrato nell’Accademia con questo studio…
Wernher: Sennonché tra il 1938 e il 1939 ebbe inizio la sua carriera militare, con una prima esperienza di sei mesi presso un reggimento di fanteria leggera. Nel 1940 venne collocato nel corpo medico di riserva e per tre anni fu al servizio di un’unità Waffen SS. Ferito in combattimento, fu dichiarato inabile…
Doktor M.: Specificare, prego. Fu durante la campagna di Russia che venni ferito in uno scontro con il nemico, e per questo, per il mio valore militare dimostrato, nominato capitano… Mi guadagnai sul campo la più alta onorificenza: la Croce di ferro.
Wernher: Siamo giunti al capitolo del suo arrivo ad Auschwitz. Nel 1943. Intanto, risponda a questa domanda: perché Auschwitz?
Doktor M.: Perché mi offriva la possibilità di proseguire le mie ricerche.
Wernher: È vero che ha ricevuto dalle autorità dei finanziamenti per i suoi studi?
Doktor M.: Normali supporti economici che venivano elargiti a chiunque operasse nell’ambito del programma statale.
Wernher: E il programma statale prevedeva anche di minacciare un suo collega affinché collaborasse con lei?
Doktor M.: E chi sarebbe stato questo collega?
Wernher: Lei offrì al Professor Epstein l’opportunità di veder prolungare la propria vita, si badi bene, ho detto prolungare e non salvare, in cambio della stesura di un documento scientifico che lei avrebbe poi pubblicato con il suo nome…
Doktor M.: Che bestialità!
Wernher: Questo per evitare d’essere richiamato al fronte e giustificare la sua presenza ad Auschwitz come quella di uno scienziato.
Doktor M.: (si alza furioso) Non tollero queste offese! Mai avuto bisogno di tali mezzucci per lavorare ai miei esperimenti, e mai, mai, mai sono ricorso all’estorsione dell’intelletto altrui. Il mio non aveva e non ha eguali. Figuriamoci, io che rubo una pubblicazione e la firmo con il mio nome! (si siede con aria strafottente) Vada a vedere quello che succede nelle università dei vostri dannati stati democratici, andate a prenderli là i professorucoli che spacciano per propri gli scritti degli studenti.
Tilde: Continua a giustificarsi? Lei che è stato accusato per crimini contro l’umanità, lei che ha selezionato, ucciso con iniezioni letali, torturato le sue vittime? Ad accusarla ci sono i sopravvissuti ai suoi esperimenti, tra cui io.
Wernher: Vostro onore, mi permetto di interromperla per dedicarmi alla lettura della sezione chiave di questo dossier, quella che descrive i suoi esperimenti.
Tilde: Vorrei poterla non ascoltare. Ma è bene che lei la legga.
Wernher: (legge) Per poter approfondire le sue ricerche sulla cosiddetta “scienza dei gemelli”, l’imputato selezionò un numero esorbitante di bambini che presentassero le caratteristiche da lui richieste. Non esistono cifre esatte, però pare che furono 3000… o almeno 1500 coppie di gemelli, ad essere presi nel campo, portati in apposite baracche e sottoposti ai suoi esperimenti. (si ferma visibilmente scosso e beve un po’ d’acqua)
Doktor M.: Già, avrei sete anch’io…
Tilde: Taccia! Il pubblico ministero non ha ancora finito.
Wernher: Posso continuare. Allora… (riprende la lettura) I bambini venivano portati in un grande edificio e sottoposti per tre giorni a esami di natura psicologica e per altri tre a esperimenti di laboratorio. Le vittime erano costrette a spogliarsi, a farsi fotografare, ad essere visitate in ogni parte del loro corpo, a subire estenuanti misurazioni, quali la circonferenza del cranio, la lunghezza delle braccia, delle gambe, eccetera. L’esame poteva durare otto ore. La parte dedicata agli esperimenti di laboratorio includeva il prelievo di sangue e l’iniezione di sostanze tossiche, nella fattispecie fenolo. A seguito del decesso, i corpi delle vittime erano trattenuti e sezionati per altri esperimenti… (esausto) Scusatemi, ma non ce la faccio più… È troppo!
Doktor M.: Una storia avvincente, non c’è che dire. Non capisco il motivo per cui voi ve la prendiate tanto con me. Provate a riflettere su ciò che avviene normalmente nei paesi democratici, con tutti i crismi della scienza medica. Non per apparire monotono, ma vorrei sottolineare che accadono cose ben più gravi nelle cliniche, negli ospedali psichiatrici e non dei paesi civili, e tutto sotto l’egida dei ministeri della Sanità pubblica…
Tilde: Continua a sottrarsi alle sue responsabilità?
Doktor M.: No. Non mi sottraggo. Ciò che ho commesso in passato non lo rinnego. E lo rifarei. Il problema è un altro: a voi non interessa accusarmi d’aver perduto la partita che dovevo vincere, perché tanto non l’avrei mai vinta. Perché non era una partita. Mi avete preso per un deficiente? Il vostro intento mi è chiaro ormai. Sono giunto alla conclusione che spiega il vostro accanimento: non essendo stato condannato da chi doveva farlo, da chi si presumeva avesse avuto l’autorità e il prestigio per farlo, avete organizzato una messinscena fin troppo evidente nelle sue mire: farmi pagare l’impunità di cui ho goduto. Approfittando dello stato attuale di vacanza di potere, di anarchia vigente in questo luogo, vi siete adoperati per provocare un evento artificiale, una finzione per poter scaricare su di me, a posteriori, i motivi di questa perdita fatale.
Tilde: Ammettiamo che sia così.
Doktor M.: Ma è così! Non esistono altre spiegazioni. La tesi della sparizione di un miraggio prende forma. Riproponiamo pure la vostra immagine, la vostra metafora. Un bel giorno ci accorgiamo di aver creduto soltanto a una nostra intima ambizione: veder pagare il male compiuto. Che significa? Significa che le incongruenze del sistema, il Caos prevalente sull’ordine, o supposto tale, non hanno più un riscontro in termini di risarcimento per chi subisce un torto incomprensibile. Morire per niente, assistere alla violazione dei corpi, delle anime senza poter intervenire, e senza alcuna garanzia che il delitto venga castigato. Allora, ecco la trovata più squallida per legittimare ciò che si è perduto: l’eternità giusta per i giusti e dannata per i dannati, la quale finisce su di un panno verde e… (fa un gesto a indicare la scomparsa di questa eternità) Non c’è più! (risatina cinica) Non commentate, eh? Sfido io, è impossibile, e dunque è vero! Il regno dei cieli? Ci deve essere dopo la morte un regno dei cieli che esalti la dolcezza, la mitezza, la generosità, la benignità, la gentilezza, la magnanimità, la pietà, la carità… Promesse, promesse, promesse. La fede rende beati, gli empi si scotteranno il culo al fuoco dell’inferno, e bla, bla, bla. E invece… dopo la morte… Las Vegas! Un tavolo da gioco, una roulette, una slot machine, un circo sfavillante con tutti quanti, ma proprio tutti! E in questo casinò globale ancora sconfitte per gli sconfitti della vita, ancora trionfi per i criminali, o perlomeno nessun privilegio secondo la logica dei mortali che prevede premi per la rettitudine e pene per l’iniquità.
Tilde: Non doveva sopravvivere alle sue stragi. Non doveva.
Doktor M.: Cara mia, non dipende da me. Vuole la vendetta? Vuole la vendetta!
Tilde: Io voglio giustizia per la morte di mio fratello, di mia madre…
Doktor M.: Sono stato salvato dai promotori della sua giustizia! E lo sa. Mai sentito parlare della “pista romana”?
Tilde: Certo, sappiamo che molti sopravvissuti del Terzo Reich furono aiutati da ambienti ecclesiastici…
Doktor M.: Vede, politicamente io ero un’ottima merce di scambio. Conoscevano la reale natura dei miei crimini. Quei quattro incartamenti luridi che sono stati letti adesso sono sciocchezze al confronto con i documenti in loro possesso. I crimini per fini scientifici, ideologici, religiosi, cosa diventano allora? Argomenti da trattare a seconda delle convenienze. Ma, basta. Io non sono l’autore della commedia. E se non vi piace, peggio per voi.
La Madre: Noi non cerchiamo vendetta. Lei si sbaglia, perché ha delle aspettative sbagliate, e ha ragione perché non è mai esistita una partita… e non stiamo tenendo un processo, né qui, né lassù, o laggiù. In verità, noi non siamo qui, non siamo stati lassù, non andremo laggiù. Ma lei è dappertutto, e da nessuna parte. Ha ucciso, è scappato, le hanno donato un lasciapassare con cui ha potuto riparare in America del Sud…
Doktor M.: Ce l’ho ancora, se vi interessa. Tuttora ha la sua validità.
Tilde: È evidente! E adesso dove si trova con il suo lasciapassare? A discutere, a tentare disperatamente di dare un senso a ciò che non è riuscito a realizzare. Lei è condannato a rimanere eternamente con i suoi insuccessi, che considera delle affermazioni.
Doktor M.: Condannato? Io? I condannati siete voi! Voi che non avete ottenuto giustizia in terra e nemmeno quaggiù…
La Madre: Lei è condannato a essere un nome, con i suoi attributi delinquenziali. Non creda di vedere in me un giudice che opera sotto l’egida di un diritto universale. Io ho rinunciato a giudicarla, l’ho fatto subito quando ho visto che i promotori della giustizia, che non è mia, non è nostra, si stracciavano le vesti scendendo al suo livello con il loro fanatismo ipocrita. Considerarla dal punto di vista morale è l’errore che permetterà a lei d’essere conservato come perseguitato, ma spogliato della sua umanità, annullato come persona. No, non sono morta per questo. Non sono morta per sentire sbraitare i filistei che mi strumentalizzano e niente hanno appreso dalla mia tragedia. Lei per me è un uomo e sempre lo sarà.
Doktor M.: Porge l’altra guancia, eh?
La Madre: Un teschio porge solo le ossa.
Doktor M.: Se questo non è un dibattimento processuale, se non ho giocato alcuna partita per riscattare un bene perduto… Cosa significano queste, non so come definirle…
La Madre: Queste azioni? Intanto non v’è lo scopo che lei hai prospettato in principio. La nostra Las Vegas è falsa, falsa l’aula di tribunale dove siede attualmente. Non esiste niente che sia autentico in questa ricostruzione. L’unico vero elemento è lei, con le sue rovine, con i suoi delitti, con i suoi titoli imbrattati di sangue. Noi viviamo adesso e poi torneremo a riposare. Per noi il riposo è l’oblio. Per lei no. Stavolta è stato convocato come buffone in questo spettacolo, come fenomeno da baraccone…
Tilde: (con il tono di un presentatore del circo) Ed ecco a voi il sanguinario Dottor Josif Mengele!
La Madre: La tragedia vera è che lei, Doktor Mengele, ha detto cose giuste, terribilmente giuste. No, non mi riferisco alle sue visioni paranoiche sulla superiorità della razza ariana, sullo slancio vitale, sulla scienza dei gemelli. Lei ci hai confermato che una partita, una almeno, si è giocata e tutti abbiamo perduto. Ci troviamo, dopo la nostra estinzione, su quest’isola senza nome. Inutile battezzarla. Fatica sprecata. Nessuno può più ambire a una collocazione adeguata. Siamo ospiti di una casa che non è nostra, né mai lo diventerà. Stranieri lo eravamo, stranieri lo siamo tuttora.
Wernher: C’è una cinica Provvidenza in tutto questo. Non le succederà nulla, come le è stato promesso. Ma neanche a noi succederà niente. Nulla. Niente.
Tilde: Abbiamo giocato l’unico gioco che ci lasciano giocare: sognare di condannare un’anima maledetta.
Doktor M.: Un sogno agitato.
Tilde: Meglio il nostro sogno agitato del silenzio che ha preceduto e seguito la strage. Un silenzio che travalica l’umanità. E invece, ecco il clamore, il clamore che nel 1985 si fece quando trovarono i resti di un uomo e li identificarono frettolosamente come quelli del Doktor Mengele.
Doktor M.: Non erano i miei, lo sanno tutti.
Tilde: Non lo sarebbero stati comunque, anche se fossero stati i suoi. Lei è stato ucciso dai sicari del silenzio.
Doktor M.: Chi li ha mandati questi sicari? Dio?
Tilde: No.
Doktor M.: Allora… Satana!
Tilde: Nemmeno. Non c’è un nome per il mandante. Si rassegni. Lei è condannato a non sapere mai chi è stato. L’unica cosa che può fare e starsene qui a sorseggiare i suoi cocktail.
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