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Dopo la vittoria

Creato il 31 maggio 2011 da Albertocapece

Dopo la vittoriaMentre il Sultano, perso il tocco magico, braccato dai fantasmi, non sa fare altro che pronosticare sciagure come una Cassandra arrogante e svanita, credo che sia bene confrontarsi su cosa è davvero successo per affrontare questo passaggio del mar rosso. Io avrei da suggerire questo.

1)  La sconfitta del berlusconismo divenuto estremista per mancanza di idee e di prospettive, nasce in tutto il Paese dalla consapevolezza degli inganni plateali destinati a nascondere il niente o il marcio. Ma nasce anche dal declino dei ceti che ne avevano sancito il successo. L’ “andate e arricchitevi” senza badare troppo alle regole, magari anche violandole armati di un egoismo e di una cecità a tutta prova, ha fatto il suo tempo. La filosofia di Silvio che trovava incarnazione in lui, non incanta più sia perché oggi è più difficile praticarla, sia perché l’impoverimento e la frustrazione a cui ha costretto il Paese, si sta rivolgendo contro di essa, come tutte statistiche economiche mettono in luce. Né bastano gli interventi surreali e gaglioffi di Berlusconi e Tremonti su una presunta abbondanza a cancellare questa realtà.

2) La vittoria contro un avversario dotato non solo della padronanza dell’informazione, ma anche di mezzi praticamente illimitati, è dovuta a una riscoperta dell’impegno di molte persone, alla rinascita di entusiasmi che sembravano in stato di morte apparente, di un tessuto di cittadini che hanno riscoperto la voglia di partecipare e di esserci. O i partiti di opposizione comprendono questa nuova realtà, la stimolano e vi si adattano, uscendo dalla soffocante logica degli apparati e dei bilancini, oppure sono destinati non solo al declino, ma a regalare al Paese una transizione agitata e forse drammatica.

3) La Lega non governa più in nessuna grande città del Nord: è fuori da Torino, Milano, Bologna, Trieste, Venezia, Genova, Trento. Ha perso in alcune città importanti come Novara e Pavia, in molti comuni dell’hinterland milanese, in alcune sue roccaforti. Sta risalendo in disordine  le valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza. E sta tornando alla sua dimensione pedemontana. Accreditarla come il partito del Nord sarebbe solo disonestà intellettuale, materia che certo non manca, ma che verrà esercitata da qui in avanti per “riposizionarsi”

4) Le posizioni più radicali e meno legate alle camarille di potere e di tessere sono quelle che hanno avuto maggiore successo. Questo ha anche a che vedere con lo scarso appeal esercitato dalle formazioni di centro, cosiddette moderate, anche se spesso solo nello stile, non nella sostanza di un soffocante conservatorismo. Il fatto è che dopo vent’anni di immobilismo il Paese ha bisogno di cambiamenti radicali, non di aggiustamenti e tantomeno di specchietti per le allodole: di questo se ne rendono conto tutti. Sarebbe un errore capitale scambiare la gradualità necessaria degli interventi con la moderazione degli obiettivi.

5) Nel mezzo di questa nuova realtà la cosiddetta antipolitica, l’ambiguità del sono tutti uguali è diventata vecchia nel giro di una giornata. E’ il momento di ricostruire il Paese, di partecipare e impegnarsi in una nuova stagione. Anche l’ipocrisia delle battute è stata battuta.

 


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