Pino Daniele suona insieme ad Eric Clapton, che egli ammirava molto
Genova - Un artista, uno di quelli veri, è come una mosca sulle ali di un’aquila. Sale in alto, ma non dimentica mai come è arrivato lassù. Qualcuno ce l’ha portato. Quelli che sono venuti prima di lui. Pino Daniele era un artista vero. E morire così giovane è una cosa tremenda . Soprattutto in Italia dov’è facile dimenticarsi delle persone, che si chiamino Sergio Endrigo o Umberto Bindi. Ogni tanto qualcuno mi chiede se è vero che un artista vorrebbe sempre andarsene mentre è sul palco. Credo di sì. Che sia una vittoria perché in quel momento la gente è venuta ad ascoltarti. È la conferma che sei ancora vivo. A Pino non è successo, ma ogni volta che entrava in scena, e lo ha fatto sino all’ultimo, sapeva di dover stare attento. In quei momenti un artista vero palpita di adrenalina, che al cuore non fa per nulla bene. E lui aveva un cuore malandato da anni. Eppure rischiava. Ha fatto quello che voleva sino in fondo, anche sapendo a cosa andava incontro. Lo conoscevo quasi da sempre. Quasi quarant’anni fa ho fatto una serata al Teatro Tenda con un gruppo chiamato Napoli Centrale. Pino era il bassista. All’epoca avevo un impresario, Willy David, che voleva fare anche il produttore. Qualche tempo dopo mi dice: «Puoi venire ad ascoltare questo ragazzo, non riesco a capire se devo portarlo avanti oppure no…». Credo fossimo a un Premio Tenco: Pino cantava “’Na tazzulella ’e cafè” accompagnato alle percussioni da Tony Cercola. L’ho ascoltato con attenzione, poi ho detto a David «con questo sì che te la cavi, è sicuramente uno che vale qualcosa…». In seguito ci siamo visti spesso, e per il mio album “Appropriazione indebita”, nel 1996, gli ho chiesto se potevo cantare “Napule è”: poche volte ho visto un collega così sinceramente contento di affidare una sua canzone a un altro. Che volete che vi dica? Pino Daniele era proprio un buon ragazzo. A volte lo scambiavano per scorbutico ma era solo un equivoco: non ci vedeva bene e dava questa impressione. La gente mi chiedeva: ma non guarda mai in faccia? E io sorridevo perché capivo la sua tensione ad andare sul palco, con quel suo cuore, ma anche la sua voglia di starsene concentrato a pensare alla musica. Pino viveva per suonarla davanti alla gente, oggi invece ci si rifugia dietro un disco, che è più facile. Era assorto sulla propria vena creativa, quindi poteva sembrare scontroso o indifferente. La sua vita d’artista era più importante di tutto il resto. Così imparava tutto da tutti, macinava Napoli ma anche il resto del mondo. Ed è così che si fa. Illudersi di inventare qualcosa è da idioti, avere l’umiltà di fare proprie tante idee di chi è venuto prima invece è il modo giusto di fare questo mestiere. Pino cantava se stesso, e così raccontava Napoli. E lo faceva tutto da solo. Come un vero cantautore. Categoria un po’ autistica, se ci pensate bene. Ci chiamò così Maria Monti, volendo trovare un nome a gente che non voleva spartire nulla con gli altri. Pino aveva imparato alla perfezione, mi diceva che scriveva di getto musica e parole. In questo modo oggi continua a vivere nella musica. Lo so, sembra una consolazione perché se pensi che non c’è più ti si stringe il cuore. E vale per tanti altri bravi artisti. Però è anche vero che quando se ne vanno quelli davvero bravi, ti senti più povero, ti manca la loro compagnia, la loro creatività. Ecco perché ogni giorno, ogni volta che vai su un palco pensi che ciò che dai alla gente ti farà vivere ancora, anche dopo che non ci sarai più. E vale anche per uno scienziato, un pittore, uno bravo nel suo lavoro. Mentre quello che hai preso agli altri scomparirà con te. Sulle ali dell’aquila, la mosca potrà essere anche pochi millimetri più in alto. Ma dovrà sempre mostrargli gratitudine. Gino Paoli
Gino Paoli è uno sincero. Venne nella Università degli Studi "Tor Vergata" per uno di quegli incontri che il lodevole Maestro Lanzillotta organizzava presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, Aula "Ennio Morricone". Non cantò: parlò tutto il tempo, solo sul palcoscenico seduto.. come se fosse fra amici. Ebbi la netta percezione, da ciò che disse, che era un uomo anticonformista e sincero. Uscimmo dall'Aula e capitò che mi camminasse accanto: più alto di quello che sembra in TV, semplice nei modi ma con il quid inconfondibile di chi ha qualcosa in più della massa. Questa gente non diventa famosa per caso: come Pino Daniele.