Eravamo rimasti con la chiusura delle trasmissioni della radio-tv pubblica greca Ert, annunciata l’11 giugno scorso dal portavoce dell’governo Samaras, Simos Kedikoglou. Una decisione che aveva scatenato reazioni e proteste, non solo all’interno della penisola ma in tutta Europa. Significava lasciare a casa 2780 dipendenti, col fine di ridurre le spese dello Stato come richiesto dall’Unione Europea. Cinque canali tv spenti per sempre, 29 stazioni radiofoniche ormai silenti, niente più Orchestra di musica contemporanea e tanto meno Orchestra Sinfonica nazionale.
L’ultimo ricordo erano state le lacrime, di quella violinista bionda che sapeva di suonare per l’ultima volta, perché neanche la musica, dopo 75 anni di tradizione, poteva essere risparmiata. Il prossimo passo sarà probabilmente la privatizzazione dell’ente, con conseguente perdita della libertà e del pluralismo che dovrebbero stare alla base di ogni piattaforma mediale pubblica.
Il presidente del Parlamento Europeo Schulz aveva ricordato l’importanza, per ciascun paese membro,di preservare la radiodiffusione pubblica delle notizie, consapevole tuttavia che l’operazione rispondeva alla richiesta rivolta alla Grecia da parte della stessa Ue di raggiungere la quota di 15 mila esuberi nella spesa pubblica entro il 2015.
Ieri però, dopo un mese esatto di oscuramento, gli schermi hanno ripreso a trasmettere: è passato in onda un vecchio film, testimone di un tempo che non c’è più. La sigla provvisoria di quello che potrebbe essere il nuovo canale era l’unico indizio di cambiamento. Per il resto, invece, solo il segnale tangibile dell’immobilismo paralizzante della crisi.
Articolo di Virginia Giustetto