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[Doppia recensione] #Lecosecambiano. Forse.

Creato il 19 dicembre 2013 da Camphora @StarbooksIt

Oggi è giornata morta, qui al bar.  Sono tentata di chiudere le serrande, il Tarlocomincia ad avere fame.

Poi entra dalla porta. Avrà tredici anni. Ha l’aria di non sapere dove andare, ma una cosa è certa: non vuole uscire. Qualcosa l’ha spaventata.

Dopo qualche secondo entra la cosa che l’ha spaventata. Sotto forma di ragazzini. Decisamente più sicuri. Sono in tre, per forza sono più sicuri. La chiamano. . Le dicono “lesbica”. Lei rabbrividisce e si sposta in fondo al bar.

I tre si accorgono della mia presenza. So che non le faranno niente. Perché non ti colpiscono con la forza. Bastano le parole. E a quell’età le parole sono macigni.

Non importa che lesbica non sia un insulto. La ragazzina non lo sa. Non gliel’ha spiegato nessuno, e se gliel’hanno spiegato non sono stati  convincenti. A  renderlo un insulto bastano i tre piccoli bulletti che l’hanno seguita fino a qui per prenderla in giro e farla sentire sbagliata.

Si siedono. Li osservo con la coda dell’occhio.  Intanto mi abbasso a recuperare un pacco di zucchero. Sopra la scorta è rimasto Le cose cambiano. Ci abbiamo passato giornate, a discutere con Beatrice. Di cosa manca, in quelle storie di adulti sopravvissuti al bullismo alle superiori. E adesso la teoria si presenta al bar. Sotto forma di ragazzina di 13 anni che non lo sa, se è lesbica oppure no. E con questi tre che la seguono per strada provando a insultarla di sicuro non riuscirà nemmeno a rifletterci.  Dovrà aspettare anni prima di farci pace, con l’idea che non è lei sbagliata, ma sono loro dei poveri stronzi. Ammesso che ci riesca.

Caccio il pensiero dalla mente. Il punto è proprio questo. Ho in mano un libro che parla di adulti sopravvissuti, che ti dicono che un giorno starai meglio, andrà tutto bene, e della tua diversità non importerà a nessuno, o se qualcuno te la farà pesare sarà perché è un imbecille, ma avrai un sacco di cose belle, tue, che nessuno potrà toccare.  Ma non ti dicono come farai ad arrivarci.

Perché non lo sa nessuno, come si fa ad arrivarci. Non c’è una ricetta. Pure la ragazzina deve scoprirlo da sola. Non posso farci molto nemmeno io.

Poi uno dei tre si alza per raggiungerla, con i suoi modi volgari. Santo cielo, ma davvero ci fanno così paura, questi buffoni, quando abbiamo 13 anni?

Adesso però mi incazzo. Esco da dietro al bancone. Mi avvicino.

“Ci sono problemi?”

Lui mi guarda. Chiama anche me ‘lesbica’, forse conosce una sola parola. E io che non ho più 13 anni, gli rispondo ‘E se anche fosse?’

Il bulletto tace. Si vede che non ha l’età, nemmeno lui, per tenere il punto davanti a un adulto.  I suoi amici si sono alzati. Stanno correndo fuori dalla porta. Lui li segue, ma non rinuncia all’ultimo insulto, ‘zoccole’.

Guardo la ragazzina. Ha gli occhi velati di pianto. Non mi muovo. Mi ricordo cosa faceva la me di 13 anni davanti agli adulti che si impicciavano dei fatti suoi. Moriva dall’imbarazzo.

Si riprende. Esce dal bar. Va in direzione opposta. Torno al bancone. Non lo so, se ho fatto bene o male.

Prendo il libro e lo lascio al Tarlo per colazione. Il suo stomaco è il miglior test per riconoscere un buon libro.


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