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Doppio lavoro

Creato il 28 marzo 2014 da Simone D'Angelo @SimonDangel
Doppio lavoro

Per arrotondare 3 milioni di tedeschi hanno due occupazioni

L’Institut für Arbeitsmarkt und Berufsforschung, l’organismo che si occupa di ricerche sul mercato del lavoro e delle professioni, ha reso noto che nel 2013 il numero dei tedeschi ricorsi ad un secondo lavoro ha raggiunto il record di 3 milioni e 20 mila unità. Dal 1990 la quota è triplicata (era di poco meno di 1 milione), con un aumento rimasto costante di anno in anno fino alla metà degli anni Duemila e poi impennatosi fino ai record attuali in conseguenza della riforma del mercato del lavoro e dell’assistenza sociale varata dal governo socialdemocratico di Gerhard Schröder.

I dati farebbero pensare ad un improvviso impoverimento di una larga fascia dei lavoratori tedeschi. Ma il responsabile della ricerca, Enzo Weber, conferma solo in parte questa impressione: «Esiste certamente una fascia di percettori di redditi bassi che è obbligata a fare due lavori per poter scavallare il mese ma la maggior parte di quei 3 milioni è costituita da cittadini che svolgono un lavoro principale, spesso a tempo indeterminato». Si tratta di 2 milioni 600 mila tedeschi già in possesso di un contratto di assunzione e ai quali la seconda attività non serve per la sopravvivenza ma per togliersi qualche sfizio.

Il motivo principale che spiega il boom del fenomeno negli ultimi 11 anni è nella sua regolamentazione fiscale. La riforma dei minijob aveva modificato le regole precedenti: prima del 2003 solo chi aveva un minijob era esente dal pagamento dei contributi sociali che, in misura ridotta, erano a carico dei datori di lavoro. Con la riforma Schröder è stato invece possibile affiancare il minijob sgravato dai contributi ad un primo lavoro.

«Questo incentivo è alla base della vera e propria esplosione del secondo lavoro – ha spiegato Weber – tanto più che gli eventuali straordinari retribuiti in un lavoro principale sono soggetti a tassazione». Dunque meglio trovarsi un’altra occupazione che faticare di più in quella che già si ha. Una soluzione che, però, non convince l’esperto: «Si tratta di una sovvenzione non proprio comprensibile perché in questo modo non viene tanto alleggerito chi percepisce redditi bassi quanto chi ha già un salario sufficiente».

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