Zhuangzi e la farfalla
La natura ci ha programmati per dormire e sognare: è stato calcolato che a sessant’anni una persona abbia passato cinque anni della propria vita notturna a sognare. Poche cose in effetti sono importanti come il sonno e il sogno, fondamenti del nostro benessere psicofisico, eppure troppo spesso oggi li trascuriamo per inseguire performance professionali o ritmi di vita innaturali, convinti magari che dormire sia “una perdita di tempo”. Gli antichi in Oriente la pensavano ben diversamente e sapevano riconoscere l’importanza della notte come dimensione “altra”: di pausa, di riposo, di sereno godimento.
Un esempio di questo saggio atteggiamento lo troviamo nei versi di un ignoto poeta sanscrito, un piccolo componimento intitolato «Pioggia notturna» e contenuto nell’antologia Tesori della poesia indiana (edito da Tea Due): «Gli occhi un poco languidi dal sonno, stringendosi fra le braccia, all’incontrarsi delle nubi che ammonticchiano le foglie – i rampicanti saliti sui tetti saldi delle capanne – fortunati coloro che la notte, il petto colmo dei seni dell’amante, ascoltano dormendo i rombi dei torrenti d’acqua, che cadono incessanti dalle nuvole fonde».
“Ascoltano dormendo”, dice la poesia indiana: il sonno non è tempo perso, non è una piccola morte, è solo un modo diverso di stare nel mondo e rapportarsi ad esso. Il sonno è un donatore prodigo e il suo dono più importante è il sogno, che può regalarci – se sappiamo ascoltare i suoi suggerimenti - nuove visioni della vita o di noi stessi. Un esempio ci viene da un passo di un classico del taoismo cinese, il Zhuang-zi (o Chuang-Tzu, edito da Adelphi). Eccolo: «Una volta Zhuang-zi sognò che era una farfalla svolazzante e soddisfatta della sua sorte, ignara di essere Zhuang-zi. Bruscamente si risvegliò e si accorse con stupore di essere Zhuang-zi. Allora non seppe più se era Zhuang-zi che sognava di essere una farfalla, o una farfalla che sognava di essere Zhuang-zi». Dimenticarci di noi stessi, per riscoprirci in modo nuovo: ecco uno dei molti doni che il sonno e i sogni possono portarci.
(Quella che avete letto qui sopra è la mia rubrica MilleOrienti pubblicata tempo fa sul mensile Yoga Journal)