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“Dostoevskij e la tradizione” – a cura di Marco Caratozzolo

Creato il 24 giugno 2011 da Temperamente

dostoevsikjPerché è importante analizzare il rapporto di Dostoevskij con la tradizione, il suo modo di rielaborare fonti culturali e letterarie antiche?

Perché capire come, nella cornice realista dei suoi romanzi, il mito ‘prende vita’ e diventa di ‘scottante attualità’ significa giungere all’universale (semplicemente l’umanità in tutte le sue forme, nel suo tendere contemporaneamente allo spirito e alla materia) nascosto dietro al particolare (la Russia del XIX secolo).

Perché il modo in cui Dostoevskij dà vita al mito (e nel termine ‘mito’ riassumiamo fonti antiche di diversa natura: la Bibbia, la tradizione iconografica, la satira, i poemi omerici, il racconto tramandato oralmente) e, tramite il mito, ‘getta luce sul presente’, riassume un dato culturale della letteratura russa dell’Ottocento ma anche della visione del mondo tipica della Russia di quel tempo: contemplare un ‘passato perduto’, in funzione di un ‘futuro auspicabile’.

Perché, infine, paradossalmente, il modo in cui Dostoevskij guarda al passato ne fa un autore straordinariamente moderno, nel contenuto, ma anche nella forma, se è vero che il ‘neomitologismo’ della letteratura del XX secolo ha un antecedente nel romanzo realista dell’Ottocento (Z. Minc) e che sono evidenti, in Dostoevskij, tracce del modernismo e del simbolismo che caratterizzeranno il romanzo europeo del primo Novecento (R. Nazirov). Dostoevskij rielabora il mito, ma lo crea anche, parla attraverso di esso, in un’epoca in cui la mitopoiesi non è stata ancora teorizzata.

Alla luce di tutto ciò, questa raccolta di saggi, incentrata proprio sul rapporto tra l’opera di Dostoevskij e la ‘tradizione’ nel senso ampio in cui l’abbiamo intesa, risulta essere di grande interesse, perché fornisce non solo una fondamentale chiave di lettura delle opere del grande scrittore russo, ma può essere utilizzata, più in generale, come traccia per delineare le forme in cui il patrimonio culturale e spirituale più antico si riflette nelle espressioni letterarie di ogni tempo. Abbandonando ogni pretesa di esaustività di un tema così complesso, gli autori di questi saggi ne affrontano ciascuno un aspetto particolare, con rinvii puntuali sia ai romanzi che agli antecedenti critici alla base del loro argomentare. Dalle immagini di natura ornitologica, che Nina Kauchtschischwili rintraccia nella caratterizzazione di molti personaggi ma anche nella prospettiva, reale e narrativa, in cui Dostoevskij scelse di guardare il mondo, si passa alle tracce lasciate nelle sue opere dalle letture sacre e dall’iconografia popolare (saggi, rispettivamente, di Rosanna Casari e Maria Chiara Pesenti) e alla riproposizione del mito del ‘briccone divino’, simbolo di contraddizione e duplicità, le cui origini vanno ricercate in un patrimonio mitologico antico e in una tradizione culturale lontana, quella degli indiani dell’America del Nord (saggio di Marco Caratozzolo, anche curatore dell’intera raccolta), sino alla divulgazione popolare dell’opera dostoevskiana condotta tramite le riduzioni per la televisione italiana degli anni 60 e 70 del secolo scorso, quando ancora si credeva nella funzione ‘altamente educativa, persino etica’ della grande letteratura.

Marina Lomunno

Dostoevskij e la tradizione, a cura di Marco Caratozzolo, Stilo Editrice, pp. 149, euro 15,00.


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