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Double|Mirrors #2 – Brittany McConnell|André Foisy

Creato il 07 luglio 2014 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Per il secondo capitolo di Double|Mirrors ho deciso di fare una chiacchierata con André Foisy (Locrian, Kwaidan, Eolomea, Khamsin) e Brittany McConnell (Wolvserpent, Mezektet). Entrambi sono insegnanti di yoga e hanno un progetto su Relapse Records. La loro musica è rituale e oscura, caleidoscopica ma integrata e porta avanti un’idea di contemporaneità dove metal, kraut e ambient drone sono un lago nero da cui si esce spiritualmente rinnovati. Si parlerà di: Black Metal Yoga, monaci buddisti, Roadburn, Popol Vuh, Turbodog yoga, posizione del cadavere, drone bath, Super Lune, Relapse Records, conigli svizzeri, Anusara yoga, gente di Boise, Cahokia e molto altro.

Foisy

Ciao Brittany, ciao André. Voi due vi siete conosciuti qualche anno fa, in occasione di un concerto dei Wolvserpent a Chicago. Che ricordi avete di quella serata?

Brittany: Ciao Francesca e André. Sì, ricordo quella serata. È stata la prima volta che i Wolvserpent hanno suonato a Chicago. È stato grandioso e mi ha ricordato quei concerti noise in cui suonavamo e la gente era davvero esaltata dalla musica. È stato davvero intimo. André e i Locrian sono stati ospitali, siamo andati a mangiare dell’ottimo cibo mediterraneo e sempre André ci ha ospitati nel suo appartamento. Abbiamo parlato di musica e giocato col suo meraviglioso cane.

André: Avevo organizzato il concerto in un posto chiamato Enemy a Wicker Park. È al terzo piano senza ascensore. Ricordo quant’ero felice di non dover portare troppa strumentazione su per le scale. Guardavo i Wolvserpent caricare la loro roba e pensavo: 1) che figo suonare con tonnellate di amplificatori; 2) deve essere uno strazio portarne in giro così tanti a ogni concerto. Ad ogni modo i Wolvserpent sono stati grandiosi. È stato davvero bello vederli suonare in un ambiente così intimo.

Brittany, tu e André siete entrambi insegnanti di yoga e a volte organizzate delle lezioni speciali, tipo quella di qualche settimana fa in montagna con alcuni dei tuoi studenti. Puoi raccontarci qualcosa?

Brittany: Sì, è stata una gita organizzata dall’università locale. Un viaggio di due notti per gente di ogni livello di yoga. È stata una sfida riuscire a conoscere velocemente il gruppo, i suoi bisogni e cosa voleva ottenere da un week-end di yoga tra le montagne. Mi piace insegnare così, anche se devo stare attenta al tipo di atmosfera che cresce nel gruppo. Siamo andati verso il centro-sud dell’Idaho, in un’area in cui circa dieci anni fa c’è stato un enorme incendio. Il luogo era immacolato, con aria pulita, vista sulle montagne, fiumi, ruscelli e degli alberi che sporgevano dalle rocce ancora anneriti dall’incendio. Ci circondavano e incombevano su di noi, oscillando, cigolando e minacciando di cadere giù.

Brittany McConnell

André, di recente sei andato in tour in Europa con i Locrian e hai organizzato una speciale lezione di yoga: una Black Metal Yoga Candle Night a Berlino. Com’è andata?

André: La sessione di yoga è stata molto divertente. L’ho organizzata in uno spazio a Tatwerk e i tipi del posto sono stati davvero d’aiuto. È stato straordinario. Spero di tornare presto a Berlino per altri workshop, insegnare yoga in una situazione del genere mi ha dato l’occasione di connettermi realmente con le persone che erano lì, in un ambiente intimo e “professionale”. Alla fine ho regalato alla classe un “drone bath” e penso che la situazione si sia rivelata perfetta per goderne appieno le potenzialità.

Questa storia del drone bath è diventata piuttosto famosa nelle ultime settimane. Ci puoi dire qualcosa di più? Quali reazioni suscita nelle persone?

André: Alla fine di una lezione di yoga gli studenti si stendono supini e si riposano usando la respirazione Ujjayi. Questa posizione è chiamata “posizione del cadavere”.
Ho pensato che potesse essere una grande esperienza ascoltare musica drone in quella posizione. Personalmente preferisco ascoltarla così piuttosto che in un bar circondato da gente ubriaca e chiacchierona. Il drone bath è grandioso e non ho dubbi sul fatto che sia anche salutare per il corpo. Il corpo umano è principalmente costituito da acqua e il suono viaggia molto più rapidamente attraverso i liquidi che i solidi. Stendersi sulla schiena e sentire i drone è straordinario, aiuta le persone ad entrare davvero in sintonia con la musica ed è totalmente rilassante. Il tempo è un’illusione quando si sta così bene. Per i musicisti è bello suonare davanti a un pubblico che ti dà la sua totale attenzione, è il pubblico perfetto. Molte persone mi hanno detto che dopo il drone bath si sentivano più leggere e che avevano perso completamente il senso del tempo. Mi chiedevano “quanto siamo rimasti nella posizione del cadavere?”.
Di solito il drone bath dura circa 15 minuti, ma non ci sono regole ferree. Di recente abbiamo suonato con i Kwaidan e il nostro batterista (Mike Weis) riusciva a camminare tra le persone suonando la batteria.

Steven Hess e André Foisy dei Locrian

Brittany, le tue lezioni sono in parte ispirate all’Anusara, una branca dello yoga che ha inaugurato un approccio occidentalizzato e più orientato alla salute. Come hai personalizzato questa pratica negli anni?

Brittany: Ho studiato l’Anusara yoga e mi ha ispirata molto. Al momento, però, non ho più il certificato per quel metodo, perché ho lasciato l’associazione lo scorso anno. Continuo ad utilizzarne gli insegnamenti che trovo più utili: l’allineamento intelligente, la connessione con le radici di questa tradizione e l’importanza dello stare bene insieme all’interno del gruppo.

Anusara può significare “scorrere con grazia”, “scorrere con la natura” e “seguire il tuo cuore”. “L’attitudine del cuore” e l’allineamento delle diverse parti del corpo giocano un ruolo importante nella pratica yoga. Come pensi che ciò abbia influito sul tuo percorso musicale e sulla tua creatività?

Brittany: Questo aspetto dello yoga mi ha aiutata molto nella vita. Da un punto di vista pratico, sono venuta a contatto con lo yoga a causa di un forte dolore alla schiena. Ho lavorato in una fattoria e fatto molto giardinaggio quando ero adolescente. In seguito mi sono fatta male e un amico mi ha suggerito di provare lo yoga. Sono rimasta sorpresa dalla rapidità con cui ho iniziato a sentirmi bene, più forte e meno fragile dopo ogni lezione. Le sessioni hanno aiutato anche la mia mente e il mio universo emotivo. Lentamente la mia tendenza a diventare insensibile ad ogni piacere della vita si è attenuata e ho ricominciato a connettermi con la mia forza creativa. Gli effetti positivi dello yoga continuano a lavorare in me. È richiesto un ascolto profondo e l’accordarsi a un più sottile livello dell’esperienza. Allineando il mio corpo in modo che funzioni come uno strumento ben accordato posso suonare per lunghi periodi senza stancarmi o arrecarmi dei danni. Sono anche più connessa al mio desiderio di suonare, di fare musica. L’Anusara è un modo per essere utile e veicolare bellezza e verità, sia che ci si stia concentrando per tenere la posizione su un tappetino, sia che si stia ascoltando con attenzione per cogliere il momento esatto in cui inserire un colpo nel prossimo riff. È la stessa pratica in forme diverse.

Brittany McConnell

André, in diverse interviste hai parlato dei benefici che il Turbodog yoga può portare ai musicisti, specialmente durante lunghi tour. Puoi spiegarci meglio in che modo può aiutarci?

André: Certo! Ci sono tantissime ragioni per cui questo tipo di yoga è ottimo per i musicisti. Le persone che lo praticano si sentono meglio e quindi suonano meglio e con meno dolore. Per quanto mi riguarda, avevo dolori al polso, alla schiena e al collo. Suonare e andare in tour accentuava questi problemi. Il Turbodog yoga utilizza delle conoscenze moderne sul corpo in modo da aprirlo molto velocemente ed è anche utile per tirare fuori la creatività delle persone, perché apre dei canali nel corpo in modo efficace. Posterò notizie sullo yoga su Deciblog e sul mio blog molto presto e parlerò ancora di come lo yoga può aiutare i musicisti.

André, so che il Turbodog, come ogni pratica yoga, ha delle peculiarità ed ha più a che fare con l’aspetto fisico e orientato alla salute che con quello spirituale. Altre pratiche, come l’Anusara yoga, danno importanza alla fisicità ma approfondiscono anche l’aspetto spirituale. Quali pensi siano le maggiori differenze tra queste due scuole di yoga?

André: L’Anusara yoga è focalizzato sull’aiutare le persone ad aprire i loro cuori, e penso sia grandioso, ma il Turbodog yoga le aiuta a farlo in un modo più pratico. Non so molto riguardo alle pratiche di meditazione dell’Anusara e quindi non posso fare un paragone accurato con il Turbodog. So che molte delle posizioni dell’Anusara non vanno bene per me. Ad esempio non mi piace il modo in cui diverse posizioni Anusara o di altre pratiche yoga rendono teso il collo. Alcune pose richiedono allo studente di girare il collo e quando ho provato a farlo è stato terribile. Probabilmente gli antichi Yogi indiani non dovevano sforzarsi troppo per tenere il collo teso nelle diverse posizioni poiché non passavano troppo tempo davanti al computer o guidando la macchina. Il tipo di yoga che insegno è invece più adatto alla vita contemporanea e incorpora anche lo stretching attivo che aiuta il corpo ad aprirsi. Quando attivi un muscolo e contemporaneamente lo allunghi esso ha la forza per sostenere la flessibilità del corpo.
Noi ci focalizziamo anche sulle relazioni tra i muscoli antagonisti. Per esempio, quando la maggior parte della gente prova ad allungare i tendini dietro al ginocchio, di solito cerca passivamente di toccarsi le dita dei piedi con le gambe dritte. In realtà il modo più veloce per aprire i tendini non è allungarli ma rafforzare i quadricipiti deboli. Come vedi usiamo un sacco di trucchi interessanti.

Brittany, so che di solito c’è una parte musicale alla fine di ogni lezione. Che tipo di musica preferisci per accompagnarla?

Brittany: Non sono sicura che sia ancora una consuetudine. Sembra che quella parte della lezione possa avere diverse forme: musica, non musica, veloce, lenta, faticosi addominali, rilassare le tensioni, vino post-lezione, no, vino no perché siamo astemi, e così all’infinito, HA! Ma penso tu ti riferisca a quel momento della lezione in cui ci si rilassa. Di solito non uso musica in classe e chiedo alle persone di ascoltare il proprio respiro per divenire più presenti e consapevoli della loro esperienza. Qualche volta porto la mia viola e suono qualcosa di calmante per chi è nel savasana (posizione del cadavere).

André, di solito usi musica non convenzionale nell’ultima parte della tua lezione di yoga e hai messo on line alcune playlist con pezzi di Nadja, Popol Vuh e addirittura del black metal. Come si sta evolvendo la cosa?

André: È difficile creare una playlist che vada bene per la progressione e il tema della lezione, ma è divertente pescare tra i miei dischi per trovare qualcosa che funzioni. Se qualcuno ha dei suggerimenti, sono ben disposto ad ascoltarli per includerli nella selezione.

Brittany, e tu? Hai mai preparato un podcast per i tuoi studenti?

Brittany: A casa occasionalmente metto su un po’ di musica per meditare, specialmente se mi sento un po’ fiacca o poco ispirata. In quei casi vanno bene Yob, Black Boned Angel, Elemental Chrysalis, Ash Ra Tempel, A Story =f Rats, Natur (Stevie Floyd), canti dei monaci buddisti, Asva, Chelsea Wolfe o qualsiasi altra cosa mi piaccia in quel momento… Sto anche lavorando da tempo con Blake (Green, l’altra metà dei Wolvserpent) a una sessione di heavy yoga. Sarà una classe di yoga con un accompagnamento di heavy drone suonato dal vivo.

André, tu hai studiato antropologia. Qual è la tua connessione con i simboli e la spiritualità nello yoga e più in generale nella musica e nella vita?

André: I simboli possono essere ovunque, bisogna solo saperli riconoscere. Lo yoga mi ha davvero aiutato a sentirmi più presente e ciò mi ha portato ad essere più ricettivo rispetto a quelle cose che potrebbero avere un significato simbolico per me. Considero la mia vita un viaggio spirituale e il corpo e lo spirito sono strettamente collegati. Lo yoga mi ha aiutato a sentirmi meglio nel mio corpo e ciò mi ha avvicinato al mio spirito. Suonare è un viaggio spirituale, perché ciò che suono proviene direttamente dallo spirito.

André Foisy

André, parlando della musica, sembra che ci sia stato un gran coinvolgimento da parte della gente che ha assistito al vostro live al Roadburn. Cosa si prova a suonare in un festival del genere? Hai qualche aneddoto a riguardo?

André: Il Roadburn è stato davvero divertente e non c’è un altro festival come quello. È stato un grande onore poter aprire il festival e suonare nel più bel locale del Roadburn, l’Het Patronaat, che è un chiesa molto interessante. Il nostro set era davvero rumoroso. Ho dovuto incollare i miei pedali al pavimento e legare gli speaker dietro agli amplificatori così che non se ne andassero in giro. L’aspetto positivo del suonare presto è che la gente non ha ancora avuto il tempo di bere troppa birra. Tutte le altre sale nelle ore successive puzzavano pesantemente di birra. Il Roadburn dovrebbe invitare più gruppi che accendono candele il prossimo anno. Comunque sono rimasto davvero impressionato dal set dei Corrections House.

Puoi dirci qualcosa sul cane che guardava il coniglietto dai vetri del negozio di animali (è una foto che André aveva postato su Facebook, ndr)?

André: Ha! Sì! Il coniglio dietro alla finestra era a Berna, in Svizzera. Io ero lì ed era il periodo di Pasqua e c’era questo negozio che metteva i conigli in vetrina per le feste. Alcuni conigli dormivano nelle ciotole del cibo. Mi sono accorto che i cani del vicinato giravano intorno alle vetrine, probabilmente in cerca di uno spuntino. Sembrava come se i conigli stessero dormendo in delle ciotole per cani e i cani erano affamati e… confusi.

Cani e conigli

Brittany, sei venuta in tour in Europa nel 2011, che ricordi hai di quel periodo? Stai organizzando un nuovo tour europeo con i Wolvserpent?

Brittany: Sì, ricordo quel tour molto bene e con affetto. Era la prima volta che venivamo a suonare in Europa, grazie alla generosa offerta di Aaron e Nathan dei Wolves In The Throne Room, che ci avevano invitati ad aprire le loro date. È stata un’esperienza incredibile. Siamo stati davvero viziati con bei concerti, ottimo cibo, belle persone e uno straordinario assaggio della cultura musicale d’Oltreoceano. Abbiamo però anche lavorato duro e imparato molto, soprattutto riguardo all’essere una buona band di supporto e ad accettare nel bene e nel male ciò che comporta (molta gente ci ha accolto bene, ma non è sempre stato così). Siamo tornati a casa con una lunga lista di suggerimenti per migliorare ciò che già stavamo facendo, musicalmente e nel gruppo. È stato grandioso poter conoscere un po’ delle diverse culture in giro per l’Europa e confrontare i diversi modi in cui le persone approfondiscono l’esperienza musicale: ciò può variare molto da un posto all’altro, ma poi c’é qualcosa di universale nell’essere presente al momento in cui si fa musica che è uguale per tutti, a prescindere dalla risposta personale. Come negli Stati Uniti, talvolta abbiamo incontrato delle persone e abbiamo avuto la sensazione di conoscerle da sempre, come fossero anime gemelle.

Tu e Blake avete suonato insieme per quasi un anno, provando a lungo per costruire il suono di Blood Seed, che rappresentava un’evoluzione nell’uso di riff taglienti e decisamente potenti, crescendo ben calibrati e suoni aperti. Con Perigaea Antahkarana sembra che i pezzi siano diventati delle suite e in genere le atmosfere sono più variegate, tra ambient drone e soundtrack, heavy e black metal, suggestioni noise ed echi krautrock. Cosa vi ha influenzati di più nel passaggio tra questi due dischi? Meditate ancora insieme prima delle registrazioni?

Brittany: Mi piace che tu abbia descritto le tracce di Perigaea Antahkarana come delle suite, i pezzi sono infatti autosufficienti e possono essere ascoltati anche separatamente. Chiaramente sentirli insieme è meglio, poiché divengono un unico, variegato paesaggio di elementi fortemente connessi tra loro. È difficile parlare di ciò che mi ha influenzata. Io e Blake ascoltiamo di tutto e tutto ci influenza in qualche modo. Di solito ascolto cose che al momento mi piacciono e smetto di ascoltarle quando inizio a sentirle meno vive. Non le inserisco quasi mai di proposito nella mia musica, sebbene “Blood Seed” sia stato profondamente influenzato dal violinista e compositore Eyvind Kang.
Io e Blake siamo invece molto più concentrati sul modo in cui vogliamo vivere la nostra esistenza e sul ruolo che la musica gioca in tal senso, sugli scopi che ci proponiamo e sul meditare sulla nostra relazione con la Terra, dal punto di vista della specie a cui apparteniamo e da quello culturale. Infine, cerchiamo di vivere in linea con i nostri valori. Per quanto riguarda le registrazioni, tutto il processo è stato grandioso: siamo stati fortunati perché abbiamo lavorato con Mell Dettmer del Soli Studio di Seattle, che è un ingegnere del suono pieno di talento e un buon amico, inoltre abbiamo registrato del materiale nel nostro studio.
Io e Blake facciamo le prove e suoniamo abitualmente, ma non per forza insieme, a volte lui si occupa delle questioni logistiche o registra qualcosa e io colgo l’occasione per esercitarmi un po’ e viceversa.

Wolvserpent

André, so che prima di nascere i Locrian hanno trascorso un lungo periodo di gestazione, in cui tu e Terence avete discusso le idee generali intorno a cui è stato costruito il progetto. Iniziando dalle sonorità scarne e aperte di Drenched Lands, passando per le cangianti soundtrack doom di The Crystal World, fino a quel caleidoscopio che è Return to Annihilation. Qual’è il segreto per rimanere fedeli a un progetto pur includendo influenze sparse, trasfigurandole di volta in volta in sogni vividi e decadenti?

André: Noi siamo da sempre interessati a fare musica che ci coinvolga e ben poco a categorizzarla. Le definizioni opprimono, anche se ci piace continuare a esplorare temi, idee e sentimenti.
Suonare è uno spirito che si muove attraverso di me. Ciò che le persone percepiscono dai miei dischi e dai concerti è davvero il mio spirito. E penso che Terence e Steven direbbero lo stesso.

André, Return To Annihilation è probabilmente il vostro album più eclettico. Da una parte sembra che alcuni dei riferimenti siano più apertamente scoperti che in passato, come se fossero veri e propri omaggi a dei gruppi che sono stati importanti per voi, dall’altra i pezzi sembrano avere una forma più definita e vicina alla canzone. Cosa ha guidato questa scelta?

André: Volevamo un disco conciso e dinamico, ma anche pieno di movimento. Tuttò è stato scritto e registrato molto velocemente così l’album è venuto fuori in maniera spontanea. La nostra musica è da sempre più emotiva che “pensata”. Per quanto riguarda i riferimenti, sì, ve ne sono diversi nel disco. Ho sempre amato il modo in cui band come i Genesis utilizzavano citazioni e rimandi e stavolta ho voluto giocarci. Non a caso in almeno due pezzi del disco è presente il tema di “The Lamb Lies Down On Broadway”.

Ah! Ecco cos’era quel riff che sembrava così familiare. In generale in tutti i dischi dei Locrian ci sono tracce sostanziali dei lavori precedenti e stavolta mi è sembrato di sentire un’autocitazione diretta, la chitarra folk di “Obsolete Elegies”, che richiama quella di “Obsolete Elegy In Cast Concrete” da Drenched Lands. Come mai avete deciso di inserirla?

André: Abbiamo voluto usare il tema di Obsolete Elegies da Drenched Lands nel nuovo disco perché, come dici tu, Return To Annihilation riporta in vita fantasmi dei dischi precedenti, ma in una nuova veste.

Locrian

Brittany, i tuoi live set sono diventati più potenti nel tempo e sempre più vicini a dei lunghi mantra profondamente comunicativi. Quale pensi che sia il segreto per raggiungere tali risultati?

Brittany: Grazie per il complimento. Abbiamo lavorato duro per rendere i nostri concerti delle esperienze potenti. Credo che uno degli elementi essenziali per comunicare in maniera chiara ed efficace sia Ascoltare. Può sembrare semplice, ma io intendo un ascolto che coinvolga il nostro intero essere. Ascoltare col cuore, la mente e il corpo è un’enorme sfida e richiede piena attenzione. Purtroppo oggi essa è costantemente bombardata dalle tante distrazioni della vita moderna: la posta elettronica, i piatti sporchi nel lavello, le prove che devi fare questa settimana, le bollette da pagare, il lavoro, ecc. Quindi per me quelle pratiche che richiedono piena attenzione hanno più valore per creare performance potenti o anche per essere presente con i miei amici e la mia famiglia.

Antahkarana è un antico simbolo di meditazione e guarigione usato dai Monaci Tibetani. Può dirci qualcosa in più sulla scelta di questo titolo per il nuovo album?

Brittany: Antahkarana per me rappresenta lo spettro vibrante dell’esistenza. Noi non esistiamo solo nel regno dell’intelletto o della materia, ma in entrambi. La sostanza di cui parlo non è nemmeno tale, è più un miscuglio di energia che scorre da una consistenza solida divenendo qualcosa di meno tangibile, come la nostra mente. Questo concetto proviene dalle tradizioni indiana e tibetana ed è anche oggetto di studio della fisica contemporanea. Perigaea è una parola che io e Blake abbiamo inventato. Mentre stavamo registrando il disco c’era una “Super Luna”, un fenomeno in cui la luna si trova particolarmente vicina alla Terra, alla minima distanza possibile. Quest’evento è chiamato perigeo ed io l’ho trovato di buon augurio. Mi piaceva la metafora delle nostre menti che si avvicinavano alla Terra-casa illuminate dalla luce lunare, così abbiamo unito la parola perigeo a quella di Gea, la dea greca della Terra. Per me unire queste due parole rappresenta una sorta di invocazione affinché il mio intelletto sia costantemente radicato in ogni aspetto della mia esistenza (pelle, ossa, muscoli, sangue, respiro, battito cardiaco, cuore e mente). È una chiamata a usare la mia mente per costruire la mia vita sulla terra, una chiamata all’ecologia.

Brittany, tu vivi a Boise, in Idaho. Che rapporto hai con questa città? Se non ricordo male anche gli Uzala sono di Boise. C’é una piccola scena lì?

Brittany: Vivo a Boise da sempre, è un posto interessante. Non è sempre interessante in superficie, ma alcuni aspetti lo rendono tale. Per me è come il paesaggio desertico che circonda la città. Se lo guardi da lontano, il deserto sembra una scura distesa di nulla o meglio, di artemisia tridentata e ciuffi d’erba sparsi. Ma se ti avvicini e inoltri nel paesaggio puoi riconoscere un complicatissimo ecosistema. Chad e Darcy degli Uzala sono di Boise, mentre Chuck, il loro batterista, vive a Portland. Penso che ci sia una sorta di non-scena a Boise, ossia c’è un sacco di gente che ama la musica e a cui piace muoversi tra varie scene. Quando suoniamo a Boise non vengono a vederci solo metallari, ma gente di tutti i tipi, addirittura delle mamme. Qui la musica è molto supportata, grazie a degli ottimi organizzatori e anche ad alcuni proprietari di locali come Eric Gilbert e Samuel Stimpert, per citare un paio di nomi. Inoltre è facile vedere musicisti che suonano generi completamente diversi supportarsi a vicenda. Tutto ciò mi piace.

Brittany McConnell

André, tu e Steven Hess vivete a Chicago e anche Terence ha vissuto lì a lungo. Spesso avete parlato di come la vostra musica rifletta paesaggi urbani decadenti. C’è un posto in particolare che vi ha ispirati negli anni, anche vicino Chicago?

André: Certo, uno dei miei posti preferiti in Illinois è Cahokia, un’antica città pre-Europea. Era abbandonata prima che gli europei ci mettessero piede. Molti studiosi credono che gli abitanti di quella città abbiano sfruttato tutte le risorse del luogo e non siano stati più in grado di viverci. Ci sono tanti posti così in giro per il mondo e io li trovo d’ispirazione perché ci ricordano che l’ambiente siamo noi e che tutti potremmo fare la fine di Cahokia. Chicago è invece una città tutt’altro che degradata, per vedere il vero degrado dovresti visitare Detroit, lì ci sono posti in cui la natura si sta riappropriando della città. È molto interessante.

Cahokia

Ne so qualcosa. Qui in Italia ultimamente si è parlato molto di Detroit per la questione Fiat-Chrysler. Passando ad altro, sia i Locrian che i Wolvserpent hanno firmato un contratto con Relapse un po’ di tempo fa’. Che cambiamenti ha portato il passaggio su una label così importante? Che ne pensate di chi come voi sta portando l’heavy sound verso nuovi territori? Ci sono dei gruppi o delle label che apprezzate particolarmente nel vostro giro?

Brittany: Le cose sono andate per il meglio da quando abbiamo firmato con Relapse. Stanno facendo un ottimo lavoro e sono felice di vedere che portano avanti band “coraggiose” come noi o i Locrian. Dei Locrian adoro pezzi come “Exiting The Hall Of Vapor And Light”, che hanno in sé intelligenza e forza creativa, senza particolari formule o pretese. Ci sono un sacco di persone interessanti a Boise che hanno una band e molti non hanno granché a che fare con noi musicalmente parlando ma ciò mi piace. Per fare qualche nome: Hillfolk Noir, Gem State, Clarke and the Himselves, Gorcias (che si fa chiamare “creepabilly”), Uzala e Grandma Kelsey.

André: Relapse è una label straordinaria: è bello lavorare con loro, ci supportano molto.
Siamo entrati in Relapse un paio d’anni fa, più o meno nello stesso periodo in cui Terence si è trasferito a Baltimora. Da quel momento abbiamo avuto meno tempo per suonare insieme, ma c’è stato anche un lato positivo, in un certo senso ciò ha reso speciali le poche volte in cui abbiamo modo di fare le prove o registrare qualcosa. Penso che sia meraviglioso che le band riescano a fare cose molto diverse tra loro nel contesto della musica heavy e ci sono un sacco di gruppi che fanno musica pesante e stanno tirando fuori dischi enormi. Io vivo in un quartiere di Chicago che si chiama Bridgeport e qui ci sono i Sun Splitter. Sono fantastici e probabilmente sono la band più sottostimata di Chicago. Poi mi piacciono i Requiem di Pittsburgh e mi è appena arrivata una copia del nuovo disco di Gog che trovo semplicemente straordinario. Infine ho suonato da poco con Haxan Cloak e adoro la sua musica. Di solito ascolto i dischi di Relapse e di nuove label interessanti come Tri Angle, che ho scoperto da poco.

Brittany, tu e Blake avete un altro paio di progetti: Aelter e Mezektet. Aelter sembra più tranquillo di Wolvserpent, con atmosfere oniriche e in cui sembra prevalere la chitarra di Blake. Mi dici di più su questo progetto? E i Mezektet? So che tu e Blake insieme a Garek Druss (A History Of Rats) avete registrato due lunghe tracce nel 2008-2009, che sono uscite solo in cassetta. Sono rimasta sorpresa da questa vostra veste tra il black metal e l’industrial e devo dire che mi è piaciuta un sacco. C’è un futuro per questo progetto?

Brittany: Sono contenta che ti piacciano questi progetti. Aelter è Blake da solo anche se io ho suonato con lui dal vivo nel suo unico concerto.
Mezektet è un progetto comune tra Blake, Garek e me. Abbiamo già pensato a un seguito ma viviamo in città diverse e poiché abbiamo deciso di registrare solo insieme è piuttosto difficile organizzarsi.

André, oltre ai Locrian tu hai altri progetti, tra cui i Kwaidan, insieme a Mike Weis e Neil Jendon (Zelienople). C’è un collegamento tra le chitarre rituali e nostalgiche dei Kwaidan e gli squarci post-industriali dei Locrian?

André: Ci sono delle somiglianze tra il mio modo di suonare nei Locrian e nei Kwaidan ma di solito sono più minimale nei Kwaidan che è un progetto quasi interamente improvvisato e ambientale, là dove i Locrian sono sicuramente più oppressivi e aggressivi.

André, la tua fascinazione per i suoni kraut-cosmici è ricorrente nei Locrian e preminente nei Kwaidan. Quando hai iniziato ad avere a che fare con quel genere? So che ami particolarmente i Popol Vuh, qual’è il loro disco che preferisci?

André: Uno dei miei fratelli mi ha fatto avvicinare al prog-rock e ciò mi ha portato ad ascoltare anche il krautrock. Ho sempre amato il modo in cui il krautrock ti lascia sentire le cose piuttosto che forzarti a farlo. Il mio album preferito dei Popol Vuh è Agape Agape. C’è un lavoro straordinario di chitarra e amo anche il cantato di quel disco.

Kwaidan è un film straordinario accompagnato dall’altrettanto suggestiva colonna sonora di Toru Takemitsu, a tratti vicina al drumming di Mike Weis. Che ne pensi del film?

André: Il film è tutto costruito su lenti crescendo proprio come la musica dei Kwaidan. Recentemente abbiamo sonorizzato un film muto, “La Tempestaire”, e per noi è stato divertente, perché suonare in modo da empatizzare con i sentimenti e le sensazioni suscitate da un film è sempre una sfida interessante. Spero che avremo altre occasioni di questo tipo.

OUTTAKES | ANDRÈ VS BRITTANY

André: Brittany, quale è la cosa che fai quando sei in tour per sentirti meglio?

Brittany: Mi piace questa domanda… Se devo pensare a una sola cosa sicuramente è la meditazione. Un tempo mi era difficile meditare, mi sentivo agitata, infastidita, ansiosa e annoiata, ma con la pratica e l’aiuto della mia insegnante è diventata la parte più dolce dello yoga. Mi siedo due volte al giorno per meditare, cerco di farlo prima che inizi la giornata e prima di suonare quando sono in tour. Dato che meditare è una costante nella mia vita, farlo anche mentre sono in tour mi calma e rinvigorisce, oltre a tenermi ancorata alla realtà. A prescindere da dove mi trovo in quel momento mi siedo, chiudo gli occhi ed entro in connessione con qualcosa che è più profondo del livello in cui mi muovo nella vita di tutti i giorni. Posso sintonizzarmi su ciò che c’è al di là delle parole, proprio come quando suono. È quasi come tamburellare su una vasta fonte di energia e venirne ricaricati.

Brittany McConnell

Brittany: Ora però devo saperlo anch’io, qual’é la cosa che ti fa sentire meglio quando sei in tour?

André: Cerco sempre modi nuovi per sentirmi bene quando sono in giro a suonare, anche perché ho la tendenza ad avere delle brutte allergie.
Negli ultimi tour ho portato con me il neti lota, una piccola pipa che si riempie con acqua distillata e sale. Si lascia scorrere l’acqua nelle cavità nasali e ci si soffia il naso. Ultimamente aggiungo anche una soluzione non alcolica a base di origano per potenziarne l’effetto. Tutto questo mi aiuta a respirare e me lo porto sempre dietro, specialmente durante la stagione delle allergie.

Brittany: André, che somiglianze trovi tra il suonare e il praticare lo yoga? Ti capita mai di pensare che siano in conflitto?

André: Per me sia fare musica che praticare yoga hanno a che fare con i sentimenti. Nello yoga non importa se riesci o meno a tenere una posizione e se i piedi sono perfettamente allineati, ciò che conta è quello che ciascuno riesce a sentire in una determinata posizione. Quando suono non importa se le cose non sono perfette, è più importante che io senta che qualcosa sta risuonando dentro di me o qualcosa di autentico.
Ho la tendenza ad essere un perfezionista e cerco di combattere contro quest’abitudine quando suono o pratico lo yoga, che tra l’altro è perfetto per esercitarsi ad abbandonare il controllo. Se cerco di esercitare un controllo sullo yoga mi stanco molto velocemente e il mio corpo si blocca. Anche nella musica non posso sforzarmi di essere creativo, la spinta deve nascere spontanea.

Brittany: André, nella mia esperienza personale il mondo dello yoga e quello della musica metal possono essere molto diversi tra loro (sebbene si avvicinino in situazioni come quella delle tue sessioni di Black Metal yoga). Hai mai incontrato persone che sono rimaste sorprese dal fatto che frequentavi queste due realtà contemporaneamente?

André: Penso che molte persone in entrambi gli ambiti della mia vita siano rimaste sorprese. Coloro che appartengono alla comunità yoga mi hanno sorpreso, perché sono venuti alle mie serate. In una situazione “normale” queste persone non avrebbero ascoltato ciò che suono in questi eventi ma alla fine la musica li ha coinvolti e gli è piaciuta molto, e penso sia perché funziona con la mia classe di yoga. Lo scopo è far sentire qualcosa alle persone ed essa aiuta a tirare fuori emozioni e sentimenti. Dall’altra parte quelli che mi conoscono per la mia musica sanno bene che pratico yoga. Chi mi conosce sa che non sono molto interessato a fingere di essere qualcosa che non sono. Ad esempio al Roadburn delle persone che non conoscevo hanno detto che i Locrian erano la band più heavy che avessero mai visto, ma anche quella con l’aspetto più nerd. Io l’ho preso come un complimento.
In realtà sono rimasto davvero sorpreso da quante persone che fanno parte del mio mondo musicale si siano messe in contatto con me per lo yoga. Molte lo praticano a loro volta, altre hanno dolori cronici o altri problemi e cercano un modo per liberarsene.

Che state facendo al momento?

Brittany: Al momento insegno yoga in diverse classi a Boise. Sto anche approfondendo i miei studi, seguendo un corso avanzato per l’insegnamento dello yoga che dura due anni e 500 ore di studio. Sono in sala prove con i Wolvserpent per suonare ad alcuni festival quest’estate. Suoneremo al Gilead Fest (Wisconsin, USA) a luglio e abbiamo delle date in autunno da confermare. Stiamo anche organizzando un tour in Europa e spero che presto potremo darti più notizie a riguardo. Stiamo anche registrando un seguito di Perigaea Antahkarana, un ep che uscirà su Relapse, spero per l’autunno del 2014 o la primavera del 2015.

André: Al momento sto cercando di approfondire lo yoga e sono veramente contento di iniziare a scrivere nuovi pezzi. Quest’estate avrò finito e registrerò nuove tracce di tre dei miei progetti: Eolomea, Khamsin e Locrian. Spero di riuscire a lavorare presto anche un nuovo disco dei Kwaidan.

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