L’arte contemporanea, quando si tratta di grandi opere, deve necessariamente essere inserita in un contesto preesistente, o artistico-cittadino-museale o naturale.
A volte il contrasto è forte e rischia di essere invadente e fastidioso. Altre volte invece, vi è armonia e ci si trova di fronte ad una fusione piacevole alla vista.
Due esempi per farvi capire il mio pensiero.
Milano Piazza Castello. In occasione dell’Expo 2015, è stato costruito un doppio edificio adibito a centro informazioni. La struttura è in ferro disposto quasi a piramide, intervallato da pannelli in vetro. Arrivando da Via Dante, il risultato visivo è questo
La torre d’ingresso del castello e il calore antico a confronto stretto con lo spigoloso ambiente moderno. Uno stridere di emozioni.
Noumea, Nuova Caledonia. Renzo Piano progetta dal 1995 al 1998 il Centro culturale Jean-Marie Tjibaou, un complesso di grandi costruzioni in listelli di legno, a formare quasi delle grandi uova.
Renzo_Piano
Il legno è disposto a piccoli spazi che ospitano il vento e ne trasmettono il canto. Renzo Piano ha studiato a lungo la popolazione locale, la natura, le tradizioni, onde inserirsi con forza ma al contempo con sintonia alla natura.
I due risultati sono per me evidenti, di come un’opera d’arte contemporanea debba entrare con rispetto in contesti preesistenti. Certo, si sa, l’arte moderna è molto spesso rottura e disagio e pare quasi necessario il fastidio.
Ma se si pensa a lungo raggio, più un’opera sa dialogare con la bellezza e più ha possibilità di rendersi immortale.
E voi, cosa ne pensate?
Chiara