E ognuno di noi avrà il suo posto speciale in cui rinchiudere i propri segreti o custodire “le informazioni che contano” e non possiamo immaginare quale possa essere; quello che è certo, invece, è che le nuove tecnologie condizionano, oggi, un cambiamento di rotta importante proprio in questo senso. Non più diari segreti o cassetti nascosti chissà dove, adesso sono i dispositivi di ultima generazione come smartphone o tablet a contenere le nostre riservatezze e la nostra privacy.
Affidare i nostri segreti ad un supporto informatico, per quanto sicuro possa essere, implica, però, nei soggetti una maggiore paura di intromissione nei nostri dati. Un ricerca condotta dall’Eurodap (Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico) ha voluto analizzare proprio questo rapporto particolare che viene ad instaurarsi tra la persona ed il suo cellulare. Il 90% dei partecipanti al sondaggio su un totale di 1500 persone (uomini e donne di età tra i 18 e i 60 anni) conferma di aver timore che il proprio smartphone possa capitare nelle mani sbagliate. Da qui una prima soluzione, per 9 persone su 10, è quella dell’utilizzo di un Pin di protezione per evitare che qualcuno possa “ficcare il naso” in cose private.
Ma di chi abbiamo più paura? I genitori e gli amici sono la minaccia più importante per i ragazzi fino ai 25 anni. Dai 25 ai 50 anni sono compagni o compagne, mogli o mariti. Per gli over 60 la protezione maggiore per il proprio smartphone è nei confronti dei figli più curiosi.
Questo particolare rapporto con il nostro dispositivo (sempre più personale) inizia ad assumere dei significati molto particolari, come conferma anche la psicoterapeuta che ha analizzato i dati del sondaggio condotto: “Teniamo lo smartphone in tasca e viviamo una vera e propria ansia da separazione se lo dovessimo lasciare o peggio ancora dimenticare; il tutto non rappresenta solo il nostro rapporto di dipendenza col cellulare ma la paura che qualcuno riesca a penetrare nella nostra identità segreta. C’è il rischio per molti di una doppia identità. Ma la domanda che ci dobbiamo porre riguarda l’evidente malessere che serpeggia a tutti i livelli e che trova nell’uso della tecnologia e spesso nella costruzione di altre identità una via di soluzione. Bambini perfetti in casa, teppisti di strada fuori”. Non solo un contenitore di segreti da dover proteggere con una password quindi, ma anche uno strumento da utilizzare per potersi concedersi un’altra vita, altre esperienze, nuove storie.