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“Dove nessuno ti troverà” di Alicia Giménez-Bartlett

Creato il 30 settembre 2011 da Sulromanzo

Dove nessuno ti troveràSe c'è una figura che in Italia è stata, ed è, oggetto di discussioni ancora accese, soprattutto nel mondo politico, è quella del partigiano.

Da destra a sinistra si tenta di mitizzare o di svilire le figure di queste persone che (a seconda della bandiera) tradirono il paese o lo salvarono.

Ma spesso ci si dimentica che erano uomini e donne, fatti anch'essi di carne e sentimenti. Vi parlo di questo perché il libro che ho letto è ambientato nel dopoguerra spagnolo, quando il regime franchista ormai consolidato si ergeva su un'Europa nera in fase calante.

In questa Spagna, soprattutto bucolica, un professore francese e un giornalista di Barcellona partono alla ricerca dell'ultimo partigiano che ancora la Guardia Civil (le SS iberiche) non è riuscita a catturare: La Pastora.

Perché un nome femminile per un partigiano? Semplice, perché è sia maschio che femmina, un ermafrodita. Sembra una storia esageratamente forzata se solo non fosse vera. L'autrice, infatti, si è basata su questo personaggio realmente esistito (più precisamente fa riferimento ad un libro intitolato “La Pastora. Dal monte al mito" di José Calvo) e alterna frammenti di fatti reali (romanzati) alle vicende dei due protagonisti (fittizi) che cercano di trovare questo “mito” della resistenza, muovendosi tra piccoli centri abitati e masserie. Molto caratterizzato e funzionale è il personaggio della Pastora, in lotta con se stessa prima che con il mondo esterno, che si cala in un tira e molla con la sua identità confusa che non le permette una serenità ed una vita normale.

Diciamolo subito, onde evitare fraintendimenti: il libro è gradevole, riesce a mantenere desta l'attenzione e anche il finale non è scontato.

Tuttavia, ci sono dei “ma”.

Innanzitutto il romanzo è troppo frettoloso nei punti in cui invece andrebbe spesa una parola in più ed è prolisso invece dove andrebbe smaltito un po' di “corpo letterario”: i punti cruciali sono affidati a sbrigativi colpi di fortuna o mancanze che altrimenti avrebbero decretato una qualità alta del romanzo. Obiettivamente avrei fatto a meno di tutti i paragrafi dedicati alle bevute dei due protagonisti che fanno invidia al peggior frequentatore degli alcolisti anonimi (a tratti mi chiedevo non solo come riuscissero a formulare pensieri così profondi dopo tante bevute, ma come facessero a reggersi in piedi al risveglio). In ogni caso, l'opera è molto godibile e soprattutto mi ha risvegliato pensieri sopiti, che non pensavo di covare, sull'argomento trattato dalla Giménez.

Conoscendo poco la storia della resistenza a Franco mi sono dovuto confrontare con la storia che meglio conoscevo e che più si avvicinava alla realtà del romanzo: i partigiani in Italia.

Ho sempre ricevuto informazioni piuttosto unidirezionali, per quanto la riguarda la storia della Resistenza. Con questo non voglio dire che quello che si racconta sia di parte o “di sinistra”, come invece vorrebbe una certa fazione politica che proprio in questi giorni fa di tutto per cancellare e spostare, come scatoloni vecchi, alcune fra le feste più importanti per il nostro Paese, come il 25 aprile o il 2 giugno, bensì che non avevo mai osservato alcuni aspetti della vita dei componenti, degli esseri umani, che vivevano in clandestinità e spesso rinunciavano ad ogni cosa per seguire un'ideologia che prendeva il nome di libertà. La solitudine, la lotta per il pane, ma anche la violenza e la vendetta.

Sono tutti aspetti resi benissimo in questo libro e spesso lasciano anche l'amaro in bocca ai manicheisti della storia, alle persone rese cieche da anni di “malapolitica”, sia da una parte che dall'altra. Se solo però si spendessero due minuti in più e si acquisisse un minimo di elasticità mentale, si potrebbe capire quanta umanità c'è nei personaggi descritti dall'autrice e quanto ancora abbiamo da imparare da fatti e persone che crediamo di conoscere e che invece, sotto un'angolazione diversa, ci regalano sempre interessanti spunti per crescere e per capire ciò che ci circonda.

Una letteratura che funziona è una letteratura che ti fa pensare di più quando chiudi il libro che quando leggi le sue righe.

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