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Doveri di un critico (in forma di lettera e domande)

Creato il 06 settembre 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Doveri di un critico

(in forma di lettera e domande)

di Iannozzi Giuseppe

Doveri di un critico (in forma di lettera e domande)
Come una Lettera a un amico

Sì, Amico, infatti, te lo sogni che il critico, io compreso, vada in libreria a comprare il libro e poi a recensirlo pure: non c’ho scritto sulla fronte “croce rossa, avanti, chi vuol esser il primo cecchino a spararmi addosso! Avanti, coraggio, è facile prendere la mira: sono qui per questo”. Per quanto mi riguarda, ringrazia a mani giunte il tuo dio, chiunque esso sia o non sia, se leggo e poi impegno il MIO tempo a farti una critica anche di sole due righe due. Tutti vogliono fare gli scrittori, tutti vogliono pubblicare, tutti vogliono essere recensiti e criticati: e se muovi una critica negativa, o un pelino negativa contro un autore italiano, per dio!, vien giù come minimo San Pietro e tutti gli amici suoi borgatari a prometterti in un orecchio, perché solo tu possa saperlo, “Che fai, hai deciso per le stampelle?”

E se non sono le stampelle, mettici le mani, entrambe, sul fuoco che è l’ostracismo più vile e bieco, e nei casi più fortunati indifferenza totale per quel critico che ha osato dire che quel libro lì è proprio una cagata pazzesca più de “La corazzata Potemkin”.

1. un libro che costa 15 euro, che viene dalla penna di un esordiente o meno, è caro, carissimo; quindi evviva i pocket e gli allegati ai giornali a prezzi popolari;

2. il critico non è “il pronto soccorso” degli scrittori né un buon samaritano né un santo né altro: non sperare che vada in libreria a comprarsi tutte le nuove uscite che in questo Paese… e che le paghi di tasca sua, che non dia da mangiare al figlioletto e alla mogliettina, perché lui c’ha la testa non fra le nuvole ma fra i libri che poi recensisce perché è un Candido, cioè un emerito pezzo di cretino. Per nostra fortuna, i pezzi di cretini sono inflazionati da tempo e soprattutto estinti da tempo;

3. per me, quegli editori o autori che s’illudono che tutto gli sia dovuto, pure la recensione senza copie promozionali, per me possono far la fame, anzi possono proprio avviarsi verso il fallimento: perché non hanno imparato a relazionarsi né coi giornalisti né coi critici;

4. vogliamo far fuori un mezzo tabù? Allora, ci sono innumerevoli “rivistine” che per farti solo una segnalazione – o meglio una mezza sega – sul loro bollettino, ti chiedono l’abbonamento sostenitore, cioè circa 100 Euri, che tu scuci, poi su tiratura 2.000 copie del bollettino, ecco segnalato che il tuo libro è uscito. Bene, questi qui sono dei ladri; ma sapessi quanti e quanti scrittori in erba pagano l’abbonamento sostenitore per una segnalazione, e non per una critica. A questi del libro gliene frega niente, perché non se lo leggono né mo’ né mai;

5. io la lettura me la godo sì, è un piacere, ma quando decido io di investire 15 o 20 o 30 o 100 o 200 Euri in libri, per i libri che dico io, e non perché ci devo far su una recensione, fosse anche al mio più grande amico; quindi, se leggo un libro che mi arriva perché è stato l’editore o l’autore a spedirmelo, magari scopro che è bello, magari scopro che è una cagata, in entrambi i casi, come ben puoi leggere (e forse ben sai), non mi faccio proprio problemi a dire “bello, brutto, ‘na cagata pazzesca”. Se un editore pensa di non mandarmi copie promozionali, ne deduco che: uno, l’editore non ha fiducia in me, quindi perché io dovrei aver fiducia in lui, non sono il babbo natale di nessuno, ecco; due, se non manda copie promozionali a me però a XL (per esempio, soltanto per esempio, manco l’ho mai comprato un numero uno di XL) sì, che poi gli stampa la quarta di copertina sulle ultime pagine, evidentemente gli sta bene che il libro non venga letto ma solo segnalato su pagine che hanno altissime tirature;

6. se l’Editore X mi manda 5 cagate io le dico 5 cagate: chi mi legge non deve esser imbrogliato da me, non propongo recensioni diplomatiche, non ci tengo affatto ad aver su anche solo il sospetto di essere una mezza Vanna Marchi, quindi se c’ho 5 cagate in mano, tali le dico, sempre secondo il mio metro di giudizio che è umano quindi fallibile; ma non svendo la mia onestà né la mia deontologia; vorrà dire che il prossimo anno l’Editore X o Y o chiunque altro non mi invierà copie promozionali… A perderci è comunque l’editore che non glielo dico manco più che pubblica perlopiù cagate: meglio una recensione onesta negativa a un silenzio assoluto;

7. magari gli puoi anche chiedere una fettina di culo al povero critico in erba!

La nota spese ha un limite, quindi il critico preferisce per sé – e vai a dargli torto – far fuori i din din per autori rinomati e poi scrivere un elzeviro piuttosto che comprare l’esordiente e promuoverlo, che poi a lui non gli viene manco un ringraziamento ma al massimo uno sputo in un occhio. E per un free-lance è il giornale per cui in quel momento sta scrivendo l’articolo che gli propone una ristrettissima rosa di libri; o se li paga da sé e poi li propone al giornale, ma se il giornale dice che quel libro non gli interessa, l’articolo non gli viene pagato e nemmeno rimborso spese;

8. in biblioteca – e non tutte sono fornite delle novità – ci vado, ma per affari miei, come in libreria, t’è chiaro il concetto?

Direi che sì, chiarezza l’ho fatta.

Ma più per me che per tutti gli altri, chiunque essi siano.

Domande uguali a delle risposte

1. Perché uno scrittore dovrebbe pagare un abbonamento come sostenitore per vedere la quarta di copertina del suo libro su una “rivistina” che quando va bene tocca la tiratura di 2.000 copie e viene distribuita a muzzo, nei casi più fortunati abbandonata in biblioteca?

2. Non è forse meglio parlare di un libro, criticamente, anche portando un giudizio negativo piuttosto che farlo passare sotto silenzio? E’ il silenzio a uccidere la pubblicizzazione di un libro e non il giudizio più o meno positivo espresso da un critico o da un semplice lettore.

3. E ancora: meglio una recensione di grido, da parte di una penna affermata, o più recensioni, magari da parte di critici meno conosciuti ma che godono di una certa stima?

4. E’ sempre vero che il critico legge i libri che gli arrivano? Per mia esperienza, ho visto tanti critici, affermati e molto, recapitarsi libri che a loro dire “io non gliel’ho mai chiesti, ma questi continuano a mandarmeli… e io continuo a buttarli in cantina… ho i miei di libri, quelli degli altri non mi interessano…” Eppure sono in molti (editori e autori) a mandare libri a testate giornalistiche e scrittori affermati che di recensire libri proprio non gli passa per la testa, o solo se ne possono trarre una qualche convenienza.

5. Gli scrittori non leggono libri: è una generalizzazione e una provocazione nello stesso tempo, (te) lo dico sin da subito, onde evitare confusioni. Ti chiedo: è vero che gli scrittori non li leggono i libri, che solo sono impegnati a scriver di sé, a promuoversi, a non tener da conto il lavoro dei colleghi? Tu, Amico, in veste di scrittore, firmeresti mai la prefazione a un libro di un esordiente, e se sì perché? perché convinto del buon lavoro del collega scrittore o per altri motivi…?

6. Credi che una prefazione griffata a un romanzo, sia questo d’un autore più o meno affermato o di un esordiente, possa servire a far vendere il libro o perlomeno a far circolare (maggiormente) il libro tra critici giornalisti e addetti ai lavori (uffici stampa, editori, redazioni giornalistiche, ecc. ecc.)?

7. Come andrebbe scritta una recensione che sia anche un giudizio critico e non solo un invito a comprare il libro inteso come prodotto? Tu, Amico, perché una recensione ti soddisfi su di un piano critico e promozionale, quali qualità dovrebbe avere in sé?

8. A mio avviso, la grande editoria si sta affannando a dar voce ad autori inventati: mi spiego, se sei del mondo dello spettacolo ad esempio, anche se non sai scrivere il tuo nome però hai velleità artistiche, un editore ti offre un contratto perché tu scriva quel che ti passa per la testa, poi ci penserà l’editor a rendere grossomodo leggibili i tuoi pensieri gettati sulla carta alla rinfusa. Dopodichè gran battage pubblicitario e poi i giornali tutti affannati a dire che quell’uomo o quella donna di spettacolo sì, già, è pure artista, sicuramente.

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