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#doveSara

Creato il 03 ottobre 2019 da Annalife @Annalisa
#doveSaraVabbe’ [cit]

Quando ho sentito parlare di questo libro, e ne ho visto la copertina, e ho saputo che mio figlio sarebbe andato lontanissimo da me ma vicino a una presentazione del romanzo… Ecco, quando ho messo insieme tutto questo, ho deciso che l’avrei avuto e letto. Bene, mio figlio ha perso il treno, alla presentazione non ci è andato, ha fatto un giro ed è tornato epperò mi ha comprato ugualmente il libro.

Tuttavia, ho poi iniziato il romanzo (breve) con una sorta di prevenzione: mi aspettavo un insegnamento ambientalista sotto forma di racconto, e ho aperto le pagine con l’atteggiamento di chi dice: su, vediamo come cerchi di convincermi di qualcosa di ovvio. Talmente prevenuta che, all’inizio, Sara, la protagonista, mi era anche un po’ antipatica. E se l’antipatia ha lasciato il posto a una sorta di compassione e comprensione, e lei è rimasta comunque distante da me, lontana, quasi estranea, non così è stato con quello che racconta. Che piano piano ti cattura, complice un incipit molto bello, e una scrittura piana, precisa, di quelle che non hanno bisogno di scoppiettii ed effetti speciali per raccontare un’angoscia montante e concreta, che sale mentre sale il livello del mare.

È la protagonista a inquadrare la situazione immediata, che nelle prime righe sembra quella di una nave di migranti in fuga da povertà, guerra o chissà che altro («Siamo qui da ore e non sappiamo se ci sia davvero un altro posto e un dopo»), con Sara che lascia alle pagine di un quaderno la sua storia di ragazza privilegiata e comincia a viaggiare tra passato e presente, a delineare il suo vivere privato, ricco, in cima alla piramide, e insieme una specie di pubblico avanzamento collettivo verso il precipizio.

Passato e presente, perché di futuro, qui, ce n’è ben poco (il finale, magari fermato a una parola prima, è anch’esso diretto e incisivo e lascia poca speranza). Ecco, forse, se ho rimproverato qualcosa al racconto, è proprio questa mancanza assoluta di speranza, di avvenire, di possibilità, così che nelle parole di Sara, in quello che le succede, di brutto e di bruttissimo; nella scomparsa del comodo e privilegiato mondo che conosceva; nella perdita di legami, di sentimenti, perché nel “si salvi chi può” non c’è spazio per nulla; in tutto questo c’è una tristezza talmente chiara che diventa cupa. Ma, d’altra parte, finché ci siamo raccontati favole a lieto fine, siamo anche stati immobili a guardare la scenografia del mondo che perde pezzi, accontentandoci di spostarci da un lato o di sperare che un qualcosa intervenisse a rimettere a posto tutto. Il libro mostra invece che un deus ex-machina miracoloso non c’è, non ci sarà, e delinea i pericoli di un tipo di vita che sembra condannata, appunto, alla “Fine”. E chiudiamo la parentesi sull’umanità così come la conosciamo*.

Ora il libro, dall’umida e afosa Pianura Padana, passa alla umida e freddina Pianura Padana, nelle mani di un amico che da anni combatte perché la profezia negata da molti possa comunque non avverarsi. Gli piacerà Sara, e rincorrerà la principessa dei Caraibi perché approdi in un porto sicuro.

(*bellissima copertina, bravi i grafici, i due Catone)

Fine
di Giuseppe Civati, Marco Tiberi
People edizioni, 2019
114pp, b/n
16,00 €


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