Drafting with Iran: la lunga strada verso l’accordo per il nucleare

Creato il 08 aprile 2015 da Bloglobal @bloglobal_opi

di Stefano Lupo

Key Parameters of a “Joint Comprehensive Plan of Action” (JCPOA). Una definizione che ben rappresenta la complessità e l’ampiezza delle tematiche gestite a Losanna dal gruppo dei 5+1 [1] e dall’Iran, alla presenza di Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. L’intesa raggiunta il 2 aprile, introdotta dalla Mogherini stessa e dal visibilmente soddisfatto Ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, è essenzialmente un “framework agreement”, una sorta di accordo quadro. È di per sé una definizione che non ha precisi contorni per quanto concerne l’implementazione dei temi evidenziati, ma è proprio questo uno dei suoi punti di forza. Quanto stabilito indica i parametri dell’accordo che dovrà essere ultimato entro il 30 di giugno prossimo (salvo ulteriori proroghe, al momento poco plausibili), stabilendone i punti cardine (centrifughe, strutture, arricchimento, sanzioni, ispezioni, plutonio, trasparenza, fasi d’implementazione, ricerca e sviluppo) e inserisce chiaramente gli archi temporali di riferimento.

Si può affermare, forzando forse la definizione, che quanto prodotto in Svizzera sia un’ottima scaletta da cui partire. La specificità e l’orientamento degli argomenti trattati ha stupito molti detrattori, soprattutto statunitensi, che temevano un’intesa addolcita e più propensa verso la linea di Teheran. Invece il punto di incontro nei negoziati si è indirizzato verso parametri ritenuti dagli americani come componente base per un “good deal”: sensibile riduzione delle centrifughe, riduzione delle scorte di uranio arricchimento, arricchimento a livelli minimi, phasing out delle sanzioni (solo quelle sul nucleare, non quelle per le presunte responsabilità dell’Iran come stato sponsor del terrorismo) [2].

Rimangono nondimeno alcuni nodi da sciogliere, ad esempio in quale modo l’Iran si sbarazzerà di gran parte delle scorte d’uranio arricchito (stockpile) in suo possesso [3]. In secondo luogo, è ancora da comprendere come la valutazione dei progressi iraniani possa essere compiuta agilmente e in quanto tempo possano essere eliminate le sanzioni (un capitolo che si giocherà soprattutto nelle sale del Congresso americano). La conferenza di Obama, ad ogni modo, non lascia molti margini di dubbio: indietro non si torna, pur dando tutte le assicurazioni possibili circa l’alta guardia che gli Stati Uniti terranno nel monitorare l’Iran. Egual sforzo accompagnerà l’operato del governo Rouhani in Iran, nella difficile missione di convincere l’ala dura della politica persiana «di non aver venduto la forza, ancorchè in fieri, della Repubblica Islamica».

I due percorsi per la bomba. In alto il percorso di arricchimento dell’uranio tramite centrifughe; in basso il processo di creazione di ordigni grazie al plutonio. Fonte: The New York Times.

Il draft di Losanna, accolto con grande entusiasmo in tutto l’Iran – a conferma dell’intrinseco desiderio persiano di volersi lasciare alle spalle il più presto possibile le sanzioni – è un buon punto di partenza, perché rappresenta la base progettuale di lavoro e, lasciando molto spazio alle specifiche e ai dettagli, permette da un lato il miglioramento e la soluzione dei nodi sopracitati, dall’altro lascia il “tempo di abituarsi” a chi vede nel processo di distensione verso l’accordo sul nucleare una pericolosa minaccia per gli equilibri regionali e per gli interesse di sicurezza nazionale, in particolare Israele e Arabia Saudita. La scacchiera su cui il negoziato si svilupperà deve tenere inevitabilmente conto della presenza di tali pedoni in scena. L’esito finale dipenderà in buona parte dalla capacità (o incapacità) di tutti gli attori in gioco di saper condizionare lo sviluppo definitivo del negoziato, che, ovviamente, va ben aldilà del mero apparato nucleare iraniano.

Al tavolo diplomatico l’accordo da raggiungere era minato da esigenze diametralmente opposte da contemperare: da un lato la volontà del gruppo dei 5+1 (soprattutto USA, Regno Unito e Francia), di ridurre la minaccia potenziale rappresentata da un Iran dotato della capacità di produrre in breve tempo un ordigno nucleare; dall’altro la necessità dell’Iran di preservare sia le proprie capacità di produzione energetica nucleare a scopi pacifici, sia il profilo di realtà regionale di primaria rilevanza.

Quanto viene fuori dal draft di Losanna è un insieme di linee guida, fortemente voluto dal Segretario di Stato americano John Kerry, in grado di incontrare i dettami strategici di tutti gli attori coinvolti. Nonostante non entri nei dettagli specifici, lasciati alla stesura dell’accordo definitivo, si può affermare che l’Iran viene accontentato grazie alla previsione di un quadro ancora da completare e quindi, secondo l’ottica di Teheran, potenzialmente limabile a suo favore. D’altro canto il gruppo dei 5+1, e gli Stati Uniti in particolare, ottengono, seppur a livello di stesura di bozza, importanti riduzioni del programma nucleare iraniano.

Per un quadro di sintesi:

-  CENTRIFUGHE (servono ad arricchire l’uranio, trasformandolo in combustibile nucleare): All’Iran sarà permesso di mantenere 5.000 centrifughe nella sua centrale di Natanz e 1.000 nell’impianto d’arricchimento di Fordow. Dal momento che l’Iran attualmente dispone di circa 20.000 centrifughe, rappresenta una considerevole decurtazione. In aggiunta, le centrifughe che rimarranno all’Iran sono quelle di prima generazione, in pratica le più vecchie (modello IR-1). Per 10 anni.

- ARRICCHIMENTO DELL’URANIO: All’Iran sarà permesso di mantenere combustibile nucleare e anche di produrlo, ma dovrà arricchirlo al massimo fino alla soglia del 3,67% (l’uranio utile per una bomba è arricchito intorno al 90%). Per almeno 15 anni.

- STRUTTURE DEL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO: All’Iran rimarrà la centrale di Natanz per il processo d’arricchimento dell’uranio e potrà mantenere un centro di ricerca a Fordow, ma senza potervi ospitare materiale fissile. Per 10 anni a Natanz e 15 anni a Fordow.

- REATTORE D’ACQUA PESANTE DI ARAK: Utilizzato per la produzione di plutonio (vitale per uno dei processi di realizzazione di ordigni) e il possibile stoccaggio di plutonio in grado di essere utilizzato per bombe, dovrà essere riconvertita alla produzione di combustibile nucleare e le scorte di plutonio accumulate dovranno essere trasferite (come detto, rappresenta uno degli aspetti più controversi del draft). Per 15 anni.

- SCORTE DI URANIO: L’Iran dovrà ridurre le proprie scorte d’uranio dai 10.000 kg attuali a 300 circa. Si tratta della maggior riduzione accettata dall’Iran all’interno del suo programma nucleare. Resta da vedere, altro punto focale, come provvedere a tale eliminazione. Per 15 anni.

- ISPEZIONI: l’International Atomic Energy Agency (IAEA) potrà accedere, grazie ai suoi ispettori, ai siti nucleari Iraniani, alle miniere d’uranio, alle centrifughe e alle tecnologie dual use [4]. La durata prevista varia a seconda del settore, ma complessivamente le ispezioni alla catena produttiva dell’uraniano dureranno per 25 anni.

- SANZIONI: l’Unione Europea e gli USA sospenderanno le sanzioni solo dopo (aspetto cruciale) che gli ispettori IAEA avranno confermato che l’Iran ha rispetto i termini dell’accordo. Le sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite saranno eliminate una volta che l’Iran avrà ultimato tutte le azioni necessarie a ridurre il pericolo potenziale rappresentato dal suo programma nucleare. Le sanzioni americane comminate all’Iran per le sue presunte attività a sostegno del terrorismo, violazioni dei diritti umani e programmi balistici non verranno tolte. Le sanzioni verranno di nuovo attivate qualora l’Iran violasse gli accordi. Appare incerta, pertanto, la dinamica di come valutare l’esatto completamento degli adempimenti iraniani (non basta il piano ispettori IAEA) e di quale reale possibilità si possa parlare per ripristinare le sanzione in caso di violazione iraniana.

Localizzazione del sistema nucleare iraniano. Fonte: BBC

Il core concept del draft di Losanna è creare i presupposti per ridurre il breakout iraniano [5]. Si calcola che attualmente esso sia stimabile intorno ai 2-3 mesi: in base al programma di Losanna, il breakout verrà portato a 1 anno e tale “dilatazione” temporale durerà per 10 anni.

Complessivamente si può notare come il draft di Losanna da un lato vada a incidere in maniera rilevante sul programma iraniano, ma dall’altro lasci inevitabili punti interrogativi, sia sull’implementazione di certi aspetti del framework agreement, sia sul futuro del programma stesso, una volta terminate tutte le scadenze temporali previste. Nondimeno si possono operare alcune valutazioni, sia sul JPCOA stesso, sia sui rilevanti impatti che il medesimo avrà andando a modificare gli equilibri regionali del Medio Oriente e contemporaneamente incidendo nel panorama politico iraniano e americano.

Iran e Usa a Losanna si sono accordati sulla base di reciproche rinunce, per quanto sulla carta le concessioni maggiori siano state compiute dall’Iran – come aspramente enunciato da alcuni hardliners di Teheran, nonostante i negoziatori persiani siano stati accolti come eroi al loro ritorno in Iran. Gli USA, nonostante le reiterate pressioni di Israele, non hanno potuto eccedere nelle proprie richieste al punto di compromettere definitivamente la capacità nucleare iraniana, come ripetutamente chiesto da Tel Aviv. Tale richiesta non sarebbe mai stata accettata dai negoziatori iraniani, evidentemente. I presupposti di base per un contenimento del nucleare persiano sono tuttavia buoni, ma i confini d’esecuzione incerti. A Israele non rimane che un’intensa attività di lobby per incidere sui policy makers americani prima del 30 giugno (con esiti incerti) o attendere l’entrata in vigore dell’accordo e agire/reagire di conseguenza, o aspettando eventuali violazioni da parte iraniana, o addirittura arrivando a provocarle [6].

Più della manifesta opposizione israeliana, potrebbe avere ripercussioni la silenziosa, ma non meno efficiente ostilità saudita all’accordo con l’Iran. A differenza di Israele, l’Arabia Saudita (senza dimenticare il Qatar, il Kuwait, il Bahrain e, in misura minore, gli Emirati Arabi Uniti), agiscono su più fronti, non ultimo quello yemenita, attuale fronte di maggior frizione tra i due super attori regionali, Riyadh e Teheran. La volontà dell’amministrazione Obama, di voler ignorare, almeno dal punto di vista delle dichiarazioni politiche, l’azione iraniana a sostegno degli Houthi in Yemen, è indicativa della fermezza del suo progetto nei confronti dell’Iran [7].

La strategia d’opposizione del Partito repubblicano americano si è rivelata, almeno per ora, fallimentare.  L’invito a Netanyahu senza informare Obama e l’invio della lettera all’Iran, in cui si indicava chiaramente la possibilità americana di revocare ogni accordo con l’Iran una volta finito il mandato di Obama, hanno in realtà dato una non voluta testimonianza della bontà del lavoro dei negoziatori di Kerry. Il processo diplomatico, in verità, ha subito una sterzata e un’accelerazione certamente non voluta dai senatori firmatari [8]. L’opposizione rumorosa negli Stati Uniti trova un suo corrispondente più strutturato nella linea dura iraniana, che si oppone a un accordo che mini il prestigio di Teheran. Tuttavia il forte sostegno al team diplomatico da parte della Guida Suprema e degli ambienti economici principali, esclusi quelli che fanno riferimento ai Pasdaran e alle bonyad (enti caritatevoli divenuti nel tempo delle vere e proprie consorterie commerciali), limita al momento le possibili reazioni in opposizione. La strada verso il 30 giugno è tuttavia ancora molto lunga.

* Stefano Lupo è OPI Research Fellow e Head Osservatorio Iran

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Fact sheet rilasciato dalla Casa Bianca sull’accordo quadro sul programma nucleare iraniano (Losanna, 2 aprile 2015)

[1] Stati Uniti, Regno Unito, Cina, Russia, Francia e la Germania.

[2] Phasing Out: Ritiro graduale delle sanzioni. L’Iran preferirebbe l’eliminazione complessiva.

[3] Uno degli argomenti di crisi nei giorni immediatamente precedenti la stesura del framework. L’Iran era tornato sui suoi passi, negando la possibilità di spedire proprio uranio arricchito in Russia.

[4] Tecnologie che possono essere impiegate sia in ambito civile sia in campo militare. Oltre al settore nucleare, trovano particolare applicazione nel settore aerospaziale. Ad ogni modo, con l’evoluzione tecnica, pressoché ogni tecnologia può essere utilizzata sia per scopi pacifici sia per obiettivi militari.

[5] Breakout iraniano: vale a dire il lasso di tempo necessario a Teheran per produrre sufficiente materiale fissile per costruire un ordigno nucleare.

[6] In molti ambienti d’analisi militare viene scartata l’ipotesi di attacco diretto israeliano alle postazioni nucleare iraniane: si ritiene più opportuno un confronto ravvicinato con le proxies iraniane che più incidono sulla sicurezza iraniana (Hezbollah e Siria). Non si esclude un’eventuale ritorsione iraniana, probabilmente improntata verso una maggiore collaborazione con Hamas. In alcuni ambienti e istituiti di analisi (come ad esempio Rand Corporation) si sottolinea come la questione palestinese potrebbe avere un importante ruolo nella partita; un’eventuale accettazione iraniana della politica dei due stati separati rappresenterebbe un importante leva per una distensione di lungo periodo, dal momento che implicherebbe il tacito riconoscimento di Israele da parte iraniana. Questa ipotesi non è del tutto scartata dai quadri della sicurezza israeliana, che più volte hanno criticato la totale chiusura politica del governo Netanyahu.

[7] Per quanto nel discorso a commento del draft di Losanna Obama abbia espresso chiaramente che ogni minimo errore da parte iraniana avrà rilevanti conseguenze.

[8] US Republicans send open letter to Iran, BBC, March 9, 2015.

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