
Più forma, meno contenuto. Politica prevedibile nonostante gli affezionati del primo capitolo sperassero fino all'ultimo in un miracolo di scrittura che potesse elargire alla pellicola diretta ancora una volta da Dean DeBlois (orfano di Chris Sanders, e si sente) lo stesso peso specifico di quella che l'aveva preceduta. Invece "Dragon Trainer 2" non riserva alcuna sorpresa: è il prodotto che ti aspetti, rigidamente in linea con le esigenze dell'industria che lo produce. Fortunatamente ciò non significa che sia un sequel non riuscito, anzi, nelle sue testardaggini, mosse scontate e obblighi, fondamentalmente sa anche stupire per come riesce, magari perdendo spesso quota, a non atterrare o schiantarsi mai del tutto. E la spinta totale, la potenza dei giri, come accennato, viene dalla capacità di guarnire lo spettacolo con punti di forza rodati, come nuovi draghi volanti (per la prima volta vedremo gli Alpha), comicità dei co-protagonisti e giravolte vorticose sollecitate dall'aiuto di un 3D non vitale ma che non dispiace affatto.

Peccato che questi siano solo piccoli semi sparsi qua e la, poco annaffiati, e che la ricerca dell'Io del protagonista - filo principale - si disperda trovando soluzione, infine, troppo facilmente e banalmente. Questa mancanza di personalità definisce l'interezza di "Dragon Trainer 2" a semplice prodotto d'intrattenimento, composto in maniera canonica e secondo linee guida consumate e deboli.
Ma d'altronde l'assenza di Sanders tra le figure principali doveva essere già un chiaro indizio.
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