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Drogba e la pace in Costa d’Avorio. Una favola senza lieto fine

Creato il 02 febbraio 2015 da Calcioromantico @CalcioRomantico

Il momento in cui Didier Drogba, festeggiando la prima storica qualificazione della Costa d’Avorio a un Mondiale, ha supplicato il popolo ivoriano di stringersi attorno alla propria nazionale, di abbandonare le divisioni, di “deporre le armi e organizzare libere elezioni”, è stato meraviglioso. A maggior ragione perché il suo appello, pronunciato in ginocchio insieme ai compagni di squadra, è sembrato davvero rappresentare, in quel momento, una concreta svolta nella delicatissima situazione e ha infuso un sentimento di speranza legittimo e diffuso. Era l’8 ottobre 2005, e il clamore mediatico suscitato, unito all’amore del popolo ivoriano verso Les Éléphants e verso il giocatore più rappresentativo, è stato in effetti un importante passo verso il tentativo di trattare una pace tra 2006 e 2007. Poi, come spesso accade quando le cose sembrano troppo belle per essere vere, purtroppo è sopraggiunta la realtà. La Nazionale di calcio al Mondiale tedesco è finita in un insormontabile girone eliminatorio, ha lottato contro Argentina e Olanda, ma ha rimediato due sconfitte di misura per 2-1 che hanno reso inutile la vittoria in rimonta contro la Serbia e Montenegro.
All’interno del Paese, invece, le complicazioni sono state ben più gravi: dall’impossibilità immediata di organizzare le elezioni a causa delle distruzioni e dei massacri avvenuti durante gli anni precedenti (si è persino reso necessario un altro censimento per individuare il potenziale elettorato), fino ad arrivare alla ripresa del conflitto, destinato a diventare ancora più cruento.

La guerra civile temporaneamente fermata dopo l’appello di Drogba e compagni, era iniziata nella notte tra il 18 e il 19 settembre del 2002…

Continua a leggere in Guida alla Coppa d’Africa, a pagina 83

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