Di solito le grandi scoperte archeologiche avvengono quando “gli esperti del mestiere”, dopo aver ampiamente studiato le fonti scritte, si recano sul luogo prescelto e muniti di piccone e trowel, cominciano sistematicamente a scavare. Da oggi tra le schiere dei tanti archeologi, si piazza il drone, strumento tecnologico che scova siti archeologici dispersi e dimenticati.
Il famigerato drone Indiana Jones pare si sia messo al lavoro con le sue piccole ali rotanti nella zona del Sannio (regione storico-geografica dell’Italia centro-meridionale – ndr), per riportare alla luce la Pompei medioevale, una vera e propria cittadina ancora sepolta dalle macerie del terremoto del 1688. Questo piccolo e tecnologico “robot archeologo”, svolazzando con le sue pale tra le pianure, dotato di laser e fotocamera, è riuscito a realizzare un rilievo della piccola città beneventana medioevale chiamata Cerreto Sannita, dove appunto abitavano i Sanniti tra il VII e VI secolo a.C. Le informazioni raccolte dal drone serviranno a realizzare una ricostruzione virtuale dell’antica urbe sepolta.
In realtà il progetto di ricognizione prevede più fasi concatenate tra loro: le attività di rilievo, il vero e proprio scavo archeologico, la messa in sicurezza dell’area interessata, il conseguente restauro degli edifici che emergeranno, nonché la catalogazione dei reperti e dei manufatti rinvenuti con infine, la ricostruzione virtuale in 3D del sito; infatti il drone permette di realizzare un rilevo tridimensionale inviando impulsi laser che come un radar, nei relativi segnali di ritorno, contengono importanti informazioni atte a disegnare le coordinate specifiche per creare una mappa geografica del sito. Responsabile dell’avvio ai lavori con il drone è stato il distretto delle “città del futuro”, Stress, uno dei 6 distretti ad alta tecnologia della Regione Campania, in collaborazione con l’Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del Consiglio Nazionale delle Ricerche; l’iniziativa è in verità una delle fasi dimostrative del progetto Provaci, finanziato dal Ministero dell’Università e Ricerca, che si occupa principalmente di Tecnologie per la Protezione Sismica e la Valorizzazione di Complessi di Interesse Culturale.
L’antica Cerreto Vecchia quindi diventa la protagonista di una riscoperta archeologica grazie a un piccolo drone volante; presto queste invenzioni tecnologiche verranno adoperate anche per l’agricoltura, in quanto nel resto del mondo vengono abitualmente già utilizzate, come in Giappone dove i droni arrivano addirittura a 3mila, impegnati in attività di spraying sulle risaie. Ma nel campo dell’archeologia, dove spesso ormai nei laboratori si ricorre all’analisi del radiocarbonio, dove andrà finire il romanticissimo metodo deduttivo? Se ci affideremo solo a strumenti tecnologici, quale sarà il risvolto della medaglia? I droni sostituiranno gli archeologi, già precari? O semplicemente affiancheranno la ricerca, lo studio e la scoperta archeologica?