La percentuale di alunni DSA presenti nelle classi di scuola Primaria è in continua ascesa. Come ben sanno i colleghi, osservando la situazione reale non è azzardato dire che il quattro per cento finora indicato dalle statistiche è sottostimato. Probabilmente ci stiamo avvicinando al dieci per cento e non è un numero esagerato.
Non sappiamo, invece, se è un dato reale perché sotto la diagnosi di DSA, ancora una volta gli insegnanti possono confermare, si stanno attestando una varietà di modi di imparare e di difficoltà che non sempre corrispondono a quanto previsto per i DSA. Una prova è che in alcune certificazioni il Q.I. viene indicato in maniera vaga o addirittura omesso, benché sia l'unico dato che ci garantisce di trovarci in presenza di un alunno autenticamente DSA.
Fatta questa premessa e considerato che non dipende dalla scuola la modalità di certificazione e anzi la scuola non può fare altro che prendere atto, occorre invece ripensare al lavoro in aula, quando in questa sono presenti quattro, cinque e anche più alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento. E se finora con uno o due alunni era possibile un affiancamento individuale, le cose cambiano e di molto, quando ci si trova in presenza di un piccolo gruppo che ha necessità di aiuto costante.
Una differenza sostanziale tra le tre prime classi e le ultime due della Primaria, è che queste ultime sono all'insegna dell'autonomia operativa, si può quindi comprendere quanto sia faticoso per un bambino essere autonomamente operativo se ad esempio non è in grado di decodificare il testo che spiega l'attività che deve svolgere da lì a poco, sia che si tratti di un esercizio o che sia invece il testo di un problema. Finché in una classe si tratta di seguire un alunno o due è pensabile di poter intervenire specificando a voce, così come è necessario in base agli strumenti compensativi, "il cosa fare", ma quando il numero di coloro che hanno bisogno di spiegazioni verbali e esempi che lo conducano alla comprensione è elevato, è la metodologia che necessita di essere ripensata in queste classi.
In questi casi la buona pratica della lettura, più usata nei primi anni, delle consegne di lavoro, in particolare per gli esercizi di italiano che sono un numero significativo e in matematica per i problemi, le operazioni e le attività procedurali, deve continuare anche nelle classi quarta e quinta.
Possiamo allora formalizzare una sequenza di azioni che ogni volta va messa in atto per garantire a tutti la comprensione dei procedimenti:
- Lettura a voce alta e scandita della consegna da parte dell'insegnante o di un alunno.
- Successiva ripetizione della consegna da parte di chi ha letto.
- Spiegazione con parole proprie della consegna da parte dell'alunno con DSA.
Questo lavoro di compensazione va ripetuto per ogni esercizio che si propone, con costanza. Per esempio si potrebbe pensare che una volta spiegato come si leggono le consegne ciò sia sufficiente alla comprensione dell'indicazione di lavoro, ebbene con i Disturbi Specifici di Apprendimento non è così, quando la memoria di lavoro non basta è proprio questa difficoltà a portare poi all'incapacità di eseguire il compito, non si tratta della difficoltà a eseguire il compito, ma della difficoltà a ritenere l'informazione che serve a eseguirlo.
Quando in una classe i bisogni si moltiplicano tanto vale fare la stessa cosa per tutti, ne deriva comunque un bene collettivo. La stessa cosa vale per le mappe, altro strumento compensativo: sono strumento utile a tutti per lo studio, ognuno poi ne farà l'uso che gli necessita.
Per concludere, credo che il problema della lettura delle consegne sia un fatto che si protrae anche alla scuola Secondaria di Primo Grado e forse anche dopo, è il caso quindi di continuare anche nelle classi successive a fornire la compensazione della consegna di lavoro.
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