A fine mese una nuova sentinella si aggiungerà alla piccola truppa statunitense che dal cielo sorveglia il Sole. Il 29 gennaio dovrebbe infatti essere lanciata la sonda DSCOVR, Deep Space Climate Observatory, dalla Air Force Station di Cape Canaveral, in Florida, con un razzo Falcon 9 della SpaceX, lo stesso contractor privato a cui è stata affidato il volo di rifornimento della Stazione Spaziale Internazionale attualmente in corso.
Rappresentazione del satellite DSCOVR che controllerà in tempo reale il flusso di vento solare e che verrà lanciato a fine mese da Cape Canaveral. Crediti: NOAA
La missione DSCOVR – frutto della collaborazione tra NASA, US Air Force e NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration, l’agenzia americana che si occupa di tutto ciò che ha attinenza con il clima) fu originariamente pensata per il monitoraggio della Terra. Benché sia effettivamente equipaggiata anche con il telescopio EPIC per l’osservazione di svariati fenomeni che avvengono nell’atmosfera terrestre, per essere approvata la sonda è stata completamente riprogettata come osservatorio solare. Lo scopo principale del Deep Space Climate Observatory è dunque l’osservazione continua del vento solare, in particolare a supporto delle attività dello Space Weather Prediction Center della NOAA, incaricato di fornire previsioni e avvisi di allarme quanto più precoci possibili riguardo a tempeste geomagnetiche in avvicinamento alla Terra.
Il vento solare – cioè, il flusso di elettroni e protoni elettricamente carichi che viene rilasciate dal l’atmosfera superiore del Sole – è una costante nel nostro Sistema Solare e, in generale, non rappresenta una preoccupazione per le attività umane. Tuttavia, a volte possono verificarsi sul Sole grandi esplosioni che innescano un forte flusso di vento solare. Se il flusso è diretto verso la Terra può dare origine a una vera e propria bufera magnetica, potenzialmente in grado di interrompere segnali radio e sistemi elettronici, mettendo a rischio telecomunicazioni, GPS, trasporto aereo, ma anche infrastrutture terrestri come le reti elettriche.
Per svolgere al meglio il suo dovere di guardiano, DSCOVR andrà a stazionare lontano, a circa un milione e mezzo di chilometri dalla casa madre, nel punto lagrangiano primo (L1), un’orbita di equilibrio a gravità neutrale tra la Terra e il Sole. Un punto di osservazione perfetto per una missione di sorveglianza solare, una finestra da cui la nostra stella è sempre in vista, dove si trovano già altre due sonde solari della NASA, SOHO e ACE (Advanced Composition Explorer, le cui funzioni verranno sostanzialmente soppiantate dalla nuova missione).Da questa posizione DSCOVR potrà inviare allarmi anticipati, tra 15 a 60 minuti prima che un’onda d’urto di vento solare o una bolla di plasma eruttata dalla corona solare raggiunga la Terra. Sembra poco tempo, ma gli scienziati ritengono che queste informazioni saranno essenziali per la preparazione alle emergenze, insomma per avere un po’ di tempo e – ad esempio – mettere in stand-by le apparecchiature più a rischio. Non secondario il fatto, poi, che i dati forniti dalla sonda aiuteranno anche a migliorare le previsioni su dove una tempesta geomagnetica avrà un impatto più rilevante.
Il costo della missione si aggira attorno ai 100 milioni di dollari. Un prezzo che alle agenzie americane coinvolte nel progetto è sembrato ragionevole a fronte dei rischi calcolati. Come riportato dalla rivista Universe Today, un rapporto realizzato dal National Research Council ha infatti stimato che il recupero tecnologico conseguente alle tempeste geomagnetiche più estreme potrebbe richiedere fino a una decina di anni, e potrebbe costare ai contribuenti tra 1 e 2 trilioni di dollari.
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Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini