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Grafica semplice, ridotta all’osso, più o meno come le prime versioni di Google, prima che mille link diversi si ammucchiassero qui e là, tra immagini, video, e-mail, documenti, traduzioni, eccetera eccetera. Contiene ciò che ci si può attendere da un motore di ricerca, ossia un riquadro in cui scrivere l’argomento della nostra ricerca e un pulsante per avviare la ricerca (se proprio non volete premere il tasto “invio”). C’è anche una bizzarra grafica paperosa, ma sono dettagli secondari. Ciò che conta è un altro aspetto, ossia come avviene l’interazione tra utente e motore di ricerca e quali risultati sono proposti all’utente. Ci arriverò per gradi. Vediamo intanto il risultato di due ricerche qualsiasi, effettuate su DuckDuckGo (d’ora in avanti abbreviato in DDG, per comodità). Nel primo caso, l’oggetto della ricerca è “Debian”, uno dei più noti e utilizzati sistemi operativi a base Linux, per chi non lo sapesse: il risultato è il seguente. Al primo posto abbiamo un riquadro a sfondo grigio chiaro, con una breve presentazione e descrizione dell’oggetto della nostra ricerca: in questo caso, ci spiega cosa sia Debian. Assieme alla breve spiegazione, ci sono indicati anche alcuni siti per approfondire il discorso, ossia il sito ufficiale del progetto, la relativa pagina di Wikipedia e così via. Questo però non è ancora il risultato della ricerca, ma solo una introduzione; i risultati cominciano subito dopo. E qui c’è la prima differenza evidente con Google. Il riquadro iniziale, infatti, è costruito utilizzando le informazioni raccolte da siti come Wikipedia e affini, e serve a darci un primo sguardo su ciò che stiamo cercando, una piccola spiegazione di cosa sia e alcuni link ad argomenti correlati. I risultati veri e propri vengono soltanto dopo e sono raccolti da varie fonti, tra cui gli spider di DDG (che sono differenti da quelli usati da Google, per cui anche i risultati delle ricerche e il modo di indicizzare i siti sarà diverso). Inoltre, sulla destra della pagina troviamo anche una lista di approfondimenti sull’argomento che ci interessa e su argomenti correlati, ma questo sarà più chiaro col secondo esempio di ricerca. In questo secondo esempio, come oggetto di ricerca ho utilizzato “Venezia”. Se adesso guardiamo sul lato destro della pagina, troveremo in alto una piccola mappa (sbagliata, perché si riferisce a una omonima città della Florida) e in basso una serie di approfondimenti relativi ad alcuni temi che potrebbero servire al cercatore, come “hotel”, “meteo”, “guide” e così via. Cliccando uno di questi, lanceremo una nuova ricerca sul tema “venezia hotel”, oppure “venezia meteo” e così via. La maggiore differenza tra DDG e Google, però, non si trova in questi dettagli visibili, che possono essere più o meno utili e più o meno apprezzati: si trova nel modo in cui i risultati delle ricerche sono selezionati. Google raccoglie i dati sulle nostre ricerche, sia passate che presenti, e li utilizza per filtrare i risultati in base ai nostri interessi stimati e a ciò che potrebbe esserci di maggiore aiuto: in pratica, cerca di ritagliare i suoi risultati su misura per noi, o almeno su misura di ciò che ha potuto sapere sul nostro conto. Procedimento più o meno affine a quello di Amazon, che all’arrivo nel suo sito ci propone subito i prodotti più in linea con la nostra storia di acquisti. Il filtraggio dei risultati sulla base dei nostri interessi è stato definito “filter bubble”, perché serve a costruire attorno a noi una bolla: all’interno le cose che ci piacciono e ci interessano, all’esterno tutto il resto. O almeno, così è stato presentato da diversi attivisti, a cominciare da Eli Pariser, anche se siamo lontani da un accordo sugli effettivi risultati di questa bolla: per alcuni le differenze nei risultati delle ricerche sono grandi, per altri sono modesti e si compensano tra loro. la discussione è aperta ed è meglio che vi formiate la vostra opinione, leggendo entrambe le parti. Tornando dal teoretico al pratico, DDG vuole eliminare questa bolla, evitando l’operazione che ne sarebbe all'origine: la raccolta delle nostre informazioni e il loro utilizzo per filtrare i risultati. A differenza di Google, infatti, DDG dichiara di non raccogliere nessuna informazione sugli utenti che lo utilizzano: non raccoglie gli indirizzi IP, non archivia informazioni sulle ricerche e utilizza i cookies soltanto quando è inevitabile. Di conseguenza, non possedendo informazioni personali con cui tarare le ricerche, chiunque potrà ottenere gli stessi risultati, invece di ricevere una selezione di risultati adatti ai propri gusti. In breve, DDG è un motore di ricerca che pone la privacy e l’anonimato dei utenti al centro del proprio funzionamento, cercando di rendersi il più possibile neutrale nei confronti dei risultati ottenuti dalle ricerche. O quasi, perché in realtà anche DDG utilizza alcuni filtri nelle sue ricerche, per penalizzare quei siti come eHow, che producono camionate di articoli di bassa qualità per scalare le classifiche di Google, o i siti che imbottiscono le proprie pagine con molta pubblicità e pochi contenuti. Infine, ne esiste anche una versione onion, accessibile dalla navigazione tramite Tor, oltre a una pagina criptata, simile a quella già esistente per Google.
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