Isaiah Thomas e Brad Stevens quest’anno sono due All-Star. Ufficialmente solamente il playmaker è stato chiamato a partecipare al weekend delle Stelle di Toronto, ottenendo la convocazione a suon di punti, assist, grandi giocate e canestri pesanti, ma nella Eastern Conference anche il coach si meritava una convocazione per il lavoro enorme che sta facendo con i suoi Boston Celtics. E parte del merito della scelta dell’ex Kings e Suns tra i migliori 12 giocatori dell’anno per l’Est è sicuramente sua e del suo modo di gestire squadra e giocatori.
Brad Stevens
Arrivato nel 2013/14 ai Celtics aveva un’eredità pesantissima da prendere: quella di Doc Rivers che lasciava la franchigia dopo 9 anni, 1 Titolo NBA e 1 finale persa oltre a 7 apparizioni ai playoff. Qualsiasi allenatore sarebbe stato intimorito da questa nuova avventura, anche quelli più esperti, figurarsi un rookie della NBA al primo anno su una panchina della Lega dopo le esperienze (molto soddisfacenti) in NCAA. A tutto questo andava ad aggiungersi l’opera di rebuilding messa in atto dal GM Danny Ainge con le partenze di Pierce, Allen e Garnett e con il grave infortunio occorso a Rajon Rondo.
Invece fin da subito Stevens è sembrato un veterano, capace di gestire bene i momenti di crisi e quelli di esaltazione della sua squadra. Creando un gruppo solido e facendo scelte, a volte anche dolorose, che hanno praticamente sempre portato dei benefici ai risultati, ma soprattutto al gioco. Perché è questo il grande passo avanti fatto fare ai Celtics da Stevens: un’identità chiara, un’idea di gioco attuale e che ben si sposa alle caratteristiche dei suoi giocatori, con pochi isolamenti, palla e uomini sempre in movimento e una pressione costante sulle difese avversarie. Un offensive rating di 103.7 insieme a un defensive rating di 100.7 permette di avere un net rating di 3.1, l’ottavo migliore della Lega! Questo significa buon lavoro in attacco ma altrettanto buon lavoro in difesa, che vuol dire tanto lavoro fatto dallo staff tecnico e dai giocatori.
Isaiah Thomas
Chi ha beneficiato più di tutti della “cura Stevens” è stato il folletto di Tacoma passato dall’essere un giocatore difficile da inserire in un sistema, a vero leader di un Sistema!
#60 scelta al Draft, 175 centimetri di altezza, già due squadre cambiate in 4 anni di carriera. I presupposti per un futuro problematico in NBA c’erano tutti, ed invece la tenacia (che già gli aveva permesso di giocarci nella Lega con quel fisico) e l’incontro con Stevens l’hanno portato ad essere un All-Star. 22 punti e 6.5 assist in 32 minuti, che parametrati su 100 possessi diventerebbero 33+10, di sicuro più un attaccante che un giocatore in grado di mettere in ritmo i compagni, ma che nell’attacco dei Celtics è in grado di spingere sull’acceleratore impegnando da subito la difesa, permettendo ai compagni di avere tiri aperti seppur non derivanti da suoi passaggi diretti.
Boston Celtics del presente
Il primo anno sotto la guida Stevens è andato male (25-57) ma ha permesso di avere scelte al Draft, l’anno scorso seppure con un record negativo (40-42) sono arrivati i playoff con l’uscita al primo turno. Quest’anno la squadra ha un record di 39-30 ed è al sesto posto della Eastern Conference appena sotto Hawks e Hornets (ma senza le ultime 4 sconfitte in fila la posizione sarebbe stata la quarta) e i playoff sono stati già praticamente prenotati con largo anticipo. Un miglioramento notevole ottenuto inserendo giocatori non di prima fascia e soprattutto non con contratti pesanti, lavorando bene nella free agency, nelle trade e nei Draft permettendo così ai Celtics di passare da “squadra in pieno rebuilding” a “squadra in piena corsa playoff”.
Boston Celtics del futuro
A livello salariale i biancoverdi sono una delle franchigie con una situazione davvero intrigante. L’aumento del salary cap della prossima estate, aggiunto all’ottimo lavoro fatto in questi anni in cui sono stati assorbiti e scaricati pian piano contratti pesanti ma non vincolanti, permetterà alla franchigia di avere davvero tantissimo spazio. Questo si tramuta nella possibilità di offrire contratti ricchi ed interessanti a più di una Superstar (l’ultimo nome uscito è quello di Kevin Durant il free agent più ambito l’anno prossimo). Non è ovviamente detto che riusciranno a convincerli, ma se sommate la presenza di un All-Star, un allenatore giovane ma con idee e approccio vincenti, un progetto tecnico serio, oltre alla mitica storia Celtics, i motivi che potrebbero convincere qualche free agent importante a firmare ci sono tutti!