In corrispondenza di un anniversario pesante, rimane come verità che tutto è ancora come allora.
Dalle 3.32 di quel giorno di due anni fa molta acqua è passata sotto i ponti, ma pochissima è riuscita a scalfire il dolore dei rimasti ed ancora meno è riuscita a ridefinire nuovi argini di vivibilità per una città distrutta.
Le immagini provenienti dai (pochi) mezzi di informazione disponibili a fornire un quadro completo della situazione trasmettono un resoconto desolante ed impietrito ulteriormente dal tempo.
Ci fu un G8 fatto da potenti e promesse, troppe promesse. Ci furono luci e lustrini, disposti in maniera tale da far diventare propaganda ciò che avrebbe potuto essere gestione di un'emergenza straordinaria.
Ci furono imprenditori sciacalli che, la notte del terremoto, passarono sonni tranquilli corroborati da fragorose risate pensando al business imminente che avrebbe potuto realizzarsi; le loro inscrivibili parole sono reperibili da file audio rintracciabili su tutta la rete.
Per chi volesse rispolverare l'orrenda cronaca, una versione è disponibile all'indirizzo seguente:
http://www.youtube.com/watch?v=4C3cGOHOiPc
Servono stomaci forti e resistenti all'indignazione, si intende.
309 vittime, per un terremoto che con altre precauzioni costruttive avrebbe prodotto ben altro esito.
Si ricordano, da cronache, sabbia dentro i mattoni, progetti edili fatti con colonne portanti mancanti e troppo altro.
Da allora, purtroppo, L'Aquila è divenuta teatro: il ricordo va a individui cammuffati da giornalisti che, in piena notte, andavano a bussare ai vetri delle macchine dove terremotati cercavano un attimo di sonno al riparo da freddo ed intemperie.
Il ricordo va all'inseguimento delle cronache, alle retrospettive ed alle dietrologie promosse, senza colpo ferire, nei mesi successivi al catastrofico evento. Si parlò di new-town, così come poco tempo fa a Lampedusa qualcuno promise casinò, campi da golf e case da acquistare per goldoniane "smanie per la villeggiatura", o per più semplificanti bunga bunga.
Il ricordo va ad iniziative di cantanti ed artisti italiani, ammirevoli ma non ripetute nel tempo.
Questo 6 aprile è stato voluto come giorno senza show: a distanza di due anni, la fine delle illusioni è necessaria e doverosa. C'è di mezzo una qualche forma di dignità collettiva che ancora non so spiegare, si intenda.
A pochi giorni dall'anniversario, è intervenuto anche il carrozzone mediatico poi (per fortuna) smascherato: si rimanda a trasmissioni finte fino al midollo, dove teatranti e commedianti hanno inscenato il pubblico elogio a quanto fatto da un Governo che sta, a più riprese, esponendo l'Italia al pubblico ludibrio davanti al mondo.
Rimane una città divisa in zone colorate, ciascuna secondo un suo indice di totale o parziale abitabilità.
Rimangono associazioni nate per non dimenticare, rimangono passeggiate per un centro storico devastato e distrutto.
Rimangono sospetti più che fondati, secondo cui seguendo precisi piani di evacuazione e prevenzione un terremoto così avrebbe potuto produrre danni circoscritti e più limitati.
Rimangono carriere di studenti spezzate, sotto la pressione di una Casa sfaldatasi come sabbia asciutta sotto sole cocente. Da luglio sono ritornate le tasse da pagare, contemporaneamente sospese nella teatralità inscenata dal fenomeno Lampedusa.
Rimangono monumenti storici crollati, con 1328 persone che rimangono ancora in villeggiatura presso alberghi.
Dal prossimo novembre ritornerà, puntuale come un orologio svizzero, il pagamento degli arretrati (cumulati, ovviamente) per case e negozi anche distrutti dal sisma.
Su argomenti come questi, si sa, banche ed istituti di credito faranno valere sempre la loro perversa e legalizzata follia.
Stando alle cifre, altre 23mila vivono in alloggi a carico dello Stato (CASE, Map) per un totale di circa quasi 38mila persone complessivamente ancora in stato d'emergenza.
Nonostante questo, i soldi risultano essere l'ultimo dei problemi: il Presidente della Regione Abruzzo e Commissario straordinario per la Ricostruzione Gianni Chiodi riferisce di tre miliardi di Euro già spesi per circa 1,5, con previsto nel 2011 l'invio di un altra tranche pari a circa un altro miliardo e mezzo di Euro.
Rimane il ricordo, senza pretesa alcuna di fare show o di recitare parti troppo facili da inscenare.
Solo rispetto, corredato da più di qualche sospetto: siamo in Italia, appunto.

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