Ieri Panorama ha pubblicato le liste lombarde per l’Assemblea nazionale PD della mozione Renzi, coi nomi dei suoi candidati divisi per le correnti di appartenenza. Ci sono gli AreaDem – la corrente di Dario Franceschini, i bindiani, i lettiani, i veltroniani. La cosa ha immediatamente scatenato reazioni piuttosto dure da parte di militanti e opinionisti politici: lo spettro del carro del Rottamatore fermato dal peso dei suoi ingombranti passeggeri sembra diventato realtà.
Parto da due punti fermi: il primo è che questa logica, quella già indicata come Cencelli – termine pur tirato fuori abbastanza a sproposito, vista la situazione – non mi piace. Il secondo è che i nomi milanesi delle “altre correnti”, tuttavia, sono di innegabile valore. Ciò detto, mi pare che il punto della questione sia un altro: l’Assemblea nazionale del Partito democratico si riunisce un paio di volte l’anno, è un assembramento confuso la cui incidenza effettiva è molto limitata (come peraltro dimostrano diverse recenti riunioni dell’organismo). Personalmente aspetterei, prima di parlare di manuale Cencelli, che è altra cosa. Il manuale Cencelli che ha portato alla paralisi e ai noti tripudi di voti il centrosinistra italiano è una forma mentis che vede nel mantenere salda la presa sul partito del gruppo dirigente l’unico obiettivo e crede che a fare da collante tra legislatori e militanti basti un rapporto identitario chiuso e il famigerato radicamento nei territori. Il manuale Cencelli, sotto questo aspetto, è l’attuale status in cui si articola il Pd, ancora in mano ai vecchi capitani di ventura: è quello del vincitore delle ultime primarie, Pier Luigi Bersani.
Pur rimarcando come mi dispiaccia leggere certi nomi nelle liste di Renzi il Rottamatore, non mi sento, vista la kermesse elettorale che ci attende l’8 dicembre, di separare del tutto la predica dal pulpito. Perché quello stesso Bersani – la cui visione è sempre stata quella dichiaratamente votata alle spartizioni interne alla «ditta» – qualcuno alle scorse primarie e poi a febbraio, alle elezioni politiche, l’ha votato. Qualcun’altro, invece – egualmente critico nei confronti delle liste renziane – ha Massimo D’Alema ed Enrico Rossi come propri capilista.
Fermo restando che, se veramente uno scenario “cencelliano” dovesse verificarsi dopo l’8 dicembre sarò il primo ad abbandonare la nave che ho scelto per la traversata di queste primarie, ci terrei a dire che certe critiche hanno bisogno della provenienza giusta per essere non tanto ricevibili, quanto credibili.
Articoli sull'argomento:
- Favole e realtà su Renzi
- Non imparare niente
- Renzi cambia idea, anche quando non la cambia
- Il M5S, la destra e il senno di poi