Un particolare attitudine ad intendere i suoni del mondo rende speciale la protagonista di questo gran bel libro: può “ascoltare” le fotografie, ricordare attimi della sua vita, anche quella prenatale, parola per parola. Quando a sessant’anni decide di ritirarsi in un remoto angolo di Scozia per scrivere (dalla parola alla scrittura) le proprie memorie, una fantastica raccolta di storie prende vita. Un caleidoscopico insieme di vicende, che provengono anche da tempi lontani, e luogi lontani, si anima con la voce di uno scrittore di talento.
Luke William, La stanza dell’eco, Neri Pozza
È il 2002. Evie Steppman ha quasi sessant’anni e una dote particolare: un udito finissimo, eccezionale. Quello che è in grado di sentire è al di fuori della portata della gente comune. Questo dono – o questa maledizione – la ha accompagnata per tutta la vita e ora che, a causa dell’età, sta cominciando a svanire, Evie decide di ritirarsi nel silenzio dell’attico della sua casa sul mare a Gullane, in Scozia, a scrivere le sue memorie.
Evie nasce a Lagos alla fine della seconda guerra mondiale, figlia di un ufficiale della colonia africana e di una madre che muore mettendola al mondo. Fin nel ventre materno ode voci e rumori, e poiché quel che coglie non le piace, decide di venire al mondo con due mesi di ritardo, per ritrovarsi poi sola con un padre distrutto dal dolore e ben poco propenso ad accudire la figlia.
L’infanzia di Evie si svolge così tra libertà e abbandono, in compagnia di un padre che non la desidera e dell’amata famiglia nigeriana di Iffe, Ben e Ade; tra il paese africano, dove è legata ai suoi abitanti di colore e alla vita perduta dei bassifondi, e la Gran Bretagna, dove i tentativi di una compita educazione tradizionale puntualmente falliscono.
Dopo l’indipendenza della Nigeria nel 1960, Evie conduce la sua vita precaria tra la Scozia e l’America, un’esistenza segnata da una lunga storia sentimentale, un tentativo di suicidio, la dedizione alle più disparate attività per guadagnarsi da vivere e il rifiuto e l’apprezzamento per ciò che il suo dono di natura le consente di sperimentare.
Romanzo di grande sensibilità e profondità che narra del colonialismo, del significato del tempo, del mondo letto attraverso i suoni che lo descrivono, La stanza dell’eco è una magnifica storia sull’impossibile identità di una donna, sospesa tra l’Africa e la vecchia Europa, tra la libertà selvaggia della natura e la tradizione di antichi usi e costumi.
Luke Williams
Luke Williams è nato nel 1977 ed è cresciuto a Fife, in Scozia. Ora divide il suo tempo tra Edimburgo e Londra. La stanza dell’eco è il suo primo romanzo.
Tutto il fascino degli anni Trenta si sprigiona invece da questo colorito e gustoso libro, che ci condurrà nelle atmosfere jazz della New York di quei tempi..
Amor Towles, La buona società, Neri Pozza
È la notte di capodanno del 1937 all’Hotspot, un night club del Greenwich Village a New York. In fondo a una pista da ballo piccola e vuota, un quartetto jazz suona stancamente. Il sassofonista, un gigante malinconico con la pelle nera come olio da motori, sembra perso nei suoi assoli. Il contrabbassista, un mulatto dai baffi sottili, svolge ossequiosamente il suo lavoro. Ai tavoli, una clientela depressa quasi quanto il quartetto. Nessuno elegante. Qualche coppia, ma nemmeno l’ombra di un gesto romantico. Chiunque sia innamorato o pieno di soldi se ne sta dietro l’angolo, al Café Society, il night club dei ricchi, a ballare a ritmo di swing.
A un tavolo appartato dell’Hotspot, tuttavia, Evelyn Ross e Katey Kontent ostentano senza problemi la loro giovanile e spensierata avvenenza. Sono arrivate lì per caso, giusto per tirarsi fuori dalla loro camera in affitto. Evelyn, bionda naturale, capelli lunghi fino alle spalle, è una di quelle tipiche bellezze del Midwest che volgono a un certo punto le spalle alla casa paterna per avventurarsi nella grande metropoli newyorchese. Katey è un’attraente giovane donna di buone letture che, per sbarcare il lunario, sbriga la corrispondenza nello studio legale Quiggin & Hale, dove venticinque ragazze come lei riescono a battere a macchina settantacinque parole al minuto. Le due ragazze si sono scolate già una buona dose di gin e, visto che hanno in borsa una decina di centesimi ciascuna e in testa l’idea di continuare a bere, si apprestano a fare gli occhi dolci al contrabbassista o al barista di turno quando si verifica l’«apparizione». Dritto, alto un metro e settantacinque, capelli castani e occhi azzurri, cravatta nera e bellissimo cappotto appoggiato al braccio, un giovane uomo compare sulla soglia. Evelyn pensa all’istante che sia un tipo danaroso, poiché quella sicurezza nel portamento, quell’interesse democratico che ostenta non possono che appartenere a chi è stato tirato su a forza di denaro e buone maniere.
E, in effetti, non sbaglia. Il giovane è, infatti, Theodore Grey, detto Tinker, banchiere a Wall Street, con appartamento al 211 Central Park West, ventidue piani con terrazzo, Mercedes coupé color argento vivo e liason con Anne Grandyn, ufficialmente sua madrina e, altrettanto ufficialmente, regina della mondanità newyorchese. In una parola, l’uomo del destino per le due ragazze, colui che le condurrà nella «buona società» newyorchese della fine degli Anni Trenta, al termine di quel «decennio snervante » in cui la musica di Billy Holiday, i party in frac e cravatta nera, i cocktail a base di martini dry sono l’ultimo lusso che New York strappa alla Grande Depressione prima di precipitare nel baratro di una guerra i cui venti spirano già in Europa.
Amor Towles è nato a Boston nel 1964. Si è laureato a Yale e ha conseguito un dottorato in letteratura inglese a Stanford. È un grande appassionato di storia dell’arte, soprattutto della pittura di inizio Novecento, e di musica jazz. Vive a Manhattan con la moglie e i due figli.
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