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Due parole sulla valutazione del lavoro educativo

Creato il 18 ottobre 2013 da Girolamo Monaco

La valutazione rappresenta il
filo rosso che attraversa tutte le fasi del lavoro educativo; essa si pone
all’inizio del lavoro come esigenza di definire e misurare in qualche modo i
risultati attesi, e durante il lavoro stesso come analisi delle procedure e
delle situazioni.
Ogni educatore ammette la
possibilità di sottoporre il proprio lavoro a schemi valutativi.
Oltre alla valutazione che lo
stesso educatore compie circa il suo lavoro, centrando tutto il suo impegno
sugli utenti dei servizi presso i quali opera, sui risultati attesi, sulle
procedure e le risorse messe in opera, esiste anche una valutazione espressa
“dal di fuori e sopra” il rapporto educatore-detenuto, dall’interno della
struttura, che è organizzata per comparti, e dal suo esterno.
L’educatore penitenziario per
esempio è esposto alla valutazione della società in merito al fenomeno della
recidiva, dei mass-media in relazione a reati di particolare evidenza, della
Magistratura in ordine alla diagnosi della tenuta comportamentale dei detenuti.
La valutazione diventa quindi problema.
Il problema che gira attorno
all’oggetto da valutare e quello relativo al soggetto titolare della
valutazione.
L’oggetto però del lavoro
educativo resta invisibile. Ostinatamente invisibile. Invisibile perché coinvolge
la dinamica delle persone, percorsi interiori spesso impercettibili,
cambiamenti non sempre definibili.
L’oggetto del lavoro educativo
sfugge alle numerazioni della geometria.
E’ ben possibile codificare un
metodo di lavoro, rendere conto di uno stile di intervento, ma l’oggetto di
questo lavoro, continua mantenere tratti di invisibilità non già per l’evidenza
comportamentale dei vissuti, ma per la natura stessa degli stessi vissuti che
segnano sempre lo scarto tra l’apparire e l’essere, e nascondono quelli che
sono i propri elementi determinanti, quegli elementi che stanno pur sempre
dietro i comportamenti, dietro le motivazioni espresse, dietro i pensieri
verbalizzati.
Più chiara invece appare, forse,
la prospettiva circa il soggetto che esprime i termini della valutazione.
Non l’educatore e neppure altri
soggetti estranei alla relazione educativa.
Essi esprimono opinioni o rendono
conto di comportamenti già agiti, restano però muti di fronte alla prospettiva
del futuro personale.
L’Utente dei Servizi Educativi, il Soggetto-Oggetto dell'intervento educativo è forse l’unico veramente
titolato della valutazione del lavoro educativo, in quanto è l’unico capace di
guardare dentro se stesso, intercettare le evoluzioni del proprio assetto,
cogliere i significati e le motivazioni circa il suo agire futuro.

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