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Il confronto di questa settimana riguarda il libro di un'autrice nostrana, che è nata a Biella, vive a Bologna ma nel suo libro d'esordio, che le è valso il Premio Campiello Opera Prima nel 2010 e il secondo posto al Premio Strega, parla della Toscana e di Piombino. Immagino abbiate già capito che mi sto riferendo a Silvia Avallone e al suo ACCIAIO:
Il romanzo, pubblicato dalla casa editrice Rizzoli, parla di adolescenti, attraverso le due protagoniste Anna e Francesca, e parla di operai e della vita in un quartiere, quello che si dipana attorno a via Stalingrado a Piombino, costruito come appoggio alla vicina, nonché potente, acciaieria Lucchini. Ho letto questo libro un paio di anni fa e mi ricordo che, sebbene abbia notato tutto il potenziale di un gran bel romanzo, qualcosa non mi aveva convinto del tutto. Trovate qui la mia recensione.
Difficile credere che nel passaggio a un'altra lingua il titolo di questo romanzo potesse cambiare. Eppure, nella versione spagnola è successo. Un cambio piccolissimo, che però trovo del tutto ingiustificato e che quindi ho deciso di farvi notare. Il romanzo esce in Spagna nel 2011, per la casa editrice Editorial Alfaguara nella traduzione di Carlos Gumpert, con il titolo DE ACERO:
Letteralmente la traduzione del titolo sarebbe "D'acciaio", un'espressione usata in spagnolo (ma anche in italiano, direi) per indicare, oltre che appunto qualcosa fatto con quel materiale, qualcosa di duro, di forte e molto resistente. Un cambio piccolissimo, come vi dicevo, che però a mio avviso cambia leggermente il senso del titolo originale. L'acciaio fa riferimento in primo luogo all'acciaieria e poi anche alla durezza della vita di quelle parti, degli operai e dei figli di... una vita che non è sicuramente d'acciaio, che non è molto forte. Non so, questo piccolo cambiamento non mi convince per niente...
Curiosando poi nelle varie lingue in cui il romanzo è stato tradotto, ho scoperto che lo stesso cambiamento è stato fatto anche nella versione francese, D'ACIER appunto, uscita nel 2011 per la casa editrice Liana Levi con la traduzione di Françoise Brun.
Per quanto riguarda la copertina, la versione spagnola e francese hanno all'incirca la stessa immagine: stesse ragazze, stesso muretto su cui sono seduta. La versione francese cambia i colori e soprattutto toglie le ciminiere sullo sfondo, togliendo così ogni riferimento all'acciaieria del romanzo. Delle tre, io personalmente continuo a preferire quella originale.
Che ne pensate?
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