di John Kleeves (Stefano Anelli)
articolo del 28/12/2001
Pubblico questo articolo di John Kleeves risalente al dicembre 2001, dal quale si evince come, a pochi mesi di distanza dagli attentati di cui ricorre il decennale, il noto scrittore – morto l’anno scorso in uno stranissimo caso di omicidio-suicidio – avesse già immaginato molte cose, poi rivelatesi esatte negli anni successivi. Alcune considerazioni di Kleeves sembrano ormai superate dagli eventi (le possibili responsabilità dei russi) o dalle ricerche successive (il crollo del WTC7 dovuto ad un missile, quando pare ormai appurato che sia stato demolito con cariche piazzate all’interno, esattamente come le altre due torri). Ma è davvero stupefacente constatare come già allora Kleeves avesse impostato il proprio discorso secondo una linea teorica in grado di inserire gli attentati in una strategia geopolitica poi puntualmente concretizzatasi nelle azioni militari statunitensi. Particolarmente interessante nel testo è “l’ipotesi della Grande Turchia”, che consentirebbe di spiegare le “rivoluzioni colorate” in Africa Settentrionale di quest’anno, anch’esse profetizzate da Kleeves come parte del ripristino di una potenza “terza” in funzione anti-europea e anti-russa; e che spiegherebbe anche le posizioni sempre più audaci assunte negli ultimi tempi dalla Turchia, tanto nei confronti di Israele quanto sullo scenario internazionale nel suo complesso.
(GF)
Ancora non sappiamo chi
I quattro mesi passati non hanno molto diradato i dubbi connessi con gli attentati dell’11 settembre 2001 contro gli USA e con la successiva reazione di questi ultimi contro Bin Laden – mullah Omar -Afghanistan. Per quanto riguarda la matrice degli attentati ancora non possiamo dire come siano andate davvero le cose, se ci fosse qualcuno dietro il gruppetto di attentatori e nel caso chi fosse, se davvero Bin Laden oppure la Russia o qualche altro Stato o anche lo stesso governo USA o un suo settore deviato. L’Ipotesi Russia non mi sembra da scartare a priori perché:
1) bisogna ricordare che Putin è un kappagibista;
2) negli attentati sono state dispiegate abilità e cognizioni sorprendenti, normalmente a portata solo di uno Stato (ad esempio la capacità di inserirsi nei più segreti canali di trasmissione militari americani, usati per una strana rivendicazione post attentato, quasi una firma);
3) ci deve essere stata per forza una relazione fra l’attacco dell’11 settembre e l’assassinio del comandante Massud, capo carismatico filo russo dell’opposizione contro i Talebani, avvenuto solo due giorni prima, relazione che può anche essere stata di reazione;
4) può darsi che il Kursk sia stato affondato da un sottomarino americano e non inglese come si credeva, e bisognava fare pari;
5) in ogni caso fra USA e Russia c’è la guerra, sotterranea al di là dei sorrisi di facciata e all’ultimo sangue.
Ancora non sappiamo come
I misteri sugli attentati, anzi, si sono infittiti nel frattempo perché:
1) viene messo in dubbio che sul Pentagono si sia schiantato veramente un aereo (quindi potrebbe essere stato un missile);
2) dell’aereo caduto o abbattuto in Pennsylvania che io sappia non sono mai stati mostrati resti;
3) sembra che mentre le due Torri (1WTC e 2WTC) bruciavano, in un grattacielo vicino (il 7WTC, completamente distrutto) si sia verificata una esplosione molto grande (che potrebbe essere stata provocata ancora da un missile);
4) non si è più accennato al fatto che in diretta si davano per dirottati sette o otto aerei contro i quattro di cui si è sempre parlato dopo (due sulle Torri, uno al Pentagono, uno in Pennsylvania);
5) io potrei aggiungere che in verità non ci sono prove che i dirottatori fossero i 19 arabi indicati, e addirittura che non ci sono prove che gli aerei, almeno i due delle Torri che tutti abbiamo visto, siano stati dirottati da uomini a bordo: i comandi potrebbero essere stati “catturati” elettronicamente da aerei spia, escludendo i piloti e ogni possibilità di comunicazione dall’aereo (la famosa conversazione eroica al telefonino dall’aereo della Pennsylvania è quasi sicuramente un falso), e quindi diretti sugli obiettivi (ciò fra l’altro risolverebbe il problema delle traiettorie troppo perfette per dei dilettanti). In questo caso tutta l’operazione potrebbe anche essere stata eseguita – oltre che naturalmente da un apparato USA, deviato o meno – da una Potenza straniera con uno o più velivoli “invisibili” e che avrebbero anche lanciato dei missili da crociera. Potenza che visto il fenomenale livello non potrebbe che essere la Russia. Il fatto che i due aerei delle Torri fossero entrambi dei Boeing 767 può significare una facilità di cattura elettronica dei comandi per quel modello, mentre il black out sui resti dell’aereo caduto in Pennsylvania potrebbe significare che non si trattava del velivolo civile che si diceva, quello della Olsen.
Tanti misteri dunque, e quello che possiamo ragionevolmente dire dopo questi quattro mesi è solo che il governo americano, visto che a quanto pare non ha fatto ricerche al di fuori di Bin Laden e sempre che non vi fosse lui governo dietro l’attentato, sembra credere che si trattasse di una iniziativa personale degli attentatori, di cui poi lui ha pensato di approfittare incolpando Bin Laden, oppure sembra credere davvero che dietro vi fosse Bin Laden.
Le ipotesi del petrolio e dell’oppio
Qualunque sia la vera ipotesi sulla matrice degli attentati dell’11 settembre, gli interrogativi sul perché gli USA abbiano poi attaccato l’Afghanistan rimangono. Questo anche nel caso gli USA credessero alla responsabilità di Bin Laden, perché avrebbero avuto altri sistemi più efficaci per punirlo. Alcuni osservatori, persone capaci e non di regime, hanno avanzato due ipotesi interessanti:
1) L’ipotesi del petrolio. Attorno al Mar Caspio, in Turkmenistan si dice, ci sarebbero grandi giacimenti di petrolio, che una compagnia americana (quasi tutti gli alti papaveri del governo USA provengono dal settore petrolifero, a cominciare da Bush) vorrebbe spillare con un oleodotto da far arrivare in Pakistan attraverso un Afghanistan “sicuro” evitando Russia e Iran, due nemici; prima quindi l’Afghanistan andava sicurizzato, ripulito da elementi come i Talebani, i quali, creati dalla CIA in funzione antirussa prima nello stesso Afghanistan e poi in Cecenia, chiedevano ora forse troppo per l’oleodotto. Sarebbe un bello e chiaro motivo.
2) L’ipotesi dell’oppio. Perché la guerriglia del 1979-1989 contro i russi si potesse autofinanziare, si dice, la CIA ha incoraggiato la coltivazione del papavero da oppio in Afghanistan, coltivazione che nel 1995 è passata sotto il controllo dei Talebani che l’hanno potenziata sino a far diventare l’Afghanistan il maggior produttore di oppio del mondo; ebbene gli USA avrebbero attaccato l’Afghanistan per riprendere il controllo su questa produzione, perché i Talebani avevano cominciato a operare sul mercato per loro conto e per i loro interessi, rompendo il monopolio USA. E’ una ipotesi seria, perché è vero che il governo USA mantiene il controllo del traffico mondiale di droga, che è prodotta sempre in “sue” zone (la cocaina in America Latina e l’eroina nel Triangolo d’Oro) e che è smerciata a monte da organizzazioni criminose di sua fiducia (la mafia di Cosa Nostra, la mafia israeliana, la mafia turca, molte altre). Il governo USA ci tiene a mantenere questo controllo, una posizione che ha voluto raggiungere a tutti i costi a partire dal 1949, perché il traffico di droga gli serve per la sua politica neocoloniale, per ribaltare governi onesti e per mantenere governi corrotti che permettono alle Multinazionali di sfruttare i loro propri Paesi.
Può darsi benissimo che una di queste due ipotesi sia quella giusta, o che lo siano entrambe, ma tutto si basa su dei dati la cui attendibilità non è certa. Per il discorso del petrolio bisogna che il gioco valga la candela, e cioè bisogna che sia vero, come effettivamente si dice, che le riserve note di petrolio del mondo stiano per finire, entro il 2020 o anche prima. In questo caso riserve come quelle del Turkmenistan, capaci si dice di coprire l’intero fabbisogno USA per 30 anni, varrebbero la pena di rischi grandi come quelli che gli USA corrono adesso in Afghanistan ma il fatto è, secondo me, che noi comuni mortali in realtà non conosciamo la situazione delle riserve petrolifere del mondo. E’ ingenuo credere di saperle. Si tratta di informazioni importantissime, strategiche, che vengono raccolte, anziché con trivellazioni, soprattutto da satelliti militari di grandi Potenze (specie la Mir con i suoi 14 anni di permanenza dovrebbe aver mappato bene la situazione) e che non vengono rese di dominio pubblico; ai media, alle università, all’ONU eccetera, dovrebbero essere forniti dati incompleti o falsati ed è anche dubbio che tutte le grandi società petrolifere americane conoscano la vera situazione, forse qualcuna sì ma non tutte.
Lo stesso per l’oppio. Si dice che l’Afghanistan nel 1999 ha prodotto 4.500 tonnellate di oppio, e nel 2000 3.500 tonnellate, ma ciò non si accorda con i dati che circolavano prima. Nel 1992 si diceva che i maggiori produttori erano : Triangolo d’Oro con 2.534 t, Afghanistan con 640 t, Iran con 300 t, Pakistan con 175 t (Morel Rychen, Il mercato delle droghe, Editori Riuniti, 1995, pag. 23). Allora, supponendo che il Triangolo d’Oro non abbia chiuso bottega, come effettivamente non c’è mai stato sentore, a questa produzione si sarebbero aggiunte di netto diciamo 4000 – 640 = 3360 t di oppio: dal 1992 al 2000 il consumo di eroina nel mondo sarebbe raddoppiato! Non è possibile, perché ciò avrebbe comportato il raddoppiamento degli eroinomani, con conseguenze sociali che sarebbero state segnalate. C’è qualcosa che non va e anche questa ipotesi rimane in sospeso perché non siamo certi dei dati, di quei dati che ci buttano dall’alto come badilate di sterco su funghi coltivati al buio.