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Duemila anni di antropocentrismo… animali a parte

Da Postpopuli @PostPopuli

di Evi Mibelli

“Duemila anni di antropocentrismo… animali a parte”

Due sono i libri che hanno segnato il riscatto del mondo animale. Il primo è Liberazione Animale del filosofo Peter Singer, l’altro I diritti animali di Tom Regan. Entrambi gli autori sono stati attaccati per le loro idee atee e irreligiose. In definitiva, pare che i paladini dei diritti di questi fratelli minori del Creato siano difesi solo da miscredenti. Ma le grandi religioni dove sono? E come si rapportano con il delicato tema del rispetto della vita in “ogni sua forma” ed “espressione della volontà di Dio”?

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da Wikipedia

È possibile che questa battaglia non rientri nei valori di amore e pietà? È come se il pensiero di Dio volesse che ci si preoccupasse dei soli umani, condannando tutto il resto a una sofferenza senza senso e senza redenzione. Qualcosa non funziona e, sono certa, non è nemmeno la volontà del Supremo. Ma tutto parte da un antropocentrismo di millenaria memoria.

Facciamo qualche passo indietro e partiamo dalla banalissima – ma utilissima – storia.
Per prima fu la filosofia greca. È in questa che si parla di un principio immateriale e spirituale alla base dell’intelligenza e della razionalità umane. Solo gli esseri umani ne sono dotati, e pertanto sono persone… il resto non esiste… sono pure e semplici cose. Animali compresi. Non ci sono doveri nei loro confronti. Il danno è ovviamente fatto. Per duemila anni – e lo vediamo ancora adesso – questa concezione ha dominato tutta la cultura occidentale. E il punto massimo di espressione di tale posizione antropocentrica va attribuita non solo alla religione ma anche alla filosofia. Immanuel Kant ne è l’esempio. Considerato tra i più grandi pensatori di tutti i tempi, ebbe l’infelice convinzione che gli unici esseri razionali sul pianeta fossero gli uomini, e che tutti gli altri fossero solo cose. Val ben la pena di far presente che tra le ‘cose’, per Kant, rientrano anche i bambini, disabili mentali e, in ultimo, gli animali. Con il risultato che le persone hanno doveri diretti solo nei confronti delle altre persone. Le cose, si sa, non soffrono. “Chi perciò facesse uccidere il proprio cane quando questo non è più in grado di guadagnarsi il pane, non agirebbe affatto contro i doveri del cane, i quali sono sprovvisti di giudizio, ma lederebbe nella loro intrinseca natura quella socievolezza e umanità che occorre rispettare nella pratica dei doveri verso il genere umano”, scrisse il buon Kant nelle sue Lezioni di etica. Per cui, se prendi un bastone e picchi un cane, quello non soffre. Sfiderei tutti a confermare questa tesi.

Pertanto, vi è stata una sintonia perfetta tra filosofia e teologia, con conseguenze ben note per chi osserva le tragiche vessazioni cui sono sottoposti gli animali. Nessuno riuscirà mai a convincermi e a convincere chi ama gli animali – ateo o cristiano che sia – che non si fa direttamente alcun male a un animale che si tortura, ma solo indirettamente alla persona che vi assiste. Però anche il nostro codice penale recita: “Delitto contro il sentimento verso gli animali…”.

Fortunatamente Kant ha avuto da contraltare il filosofo Jeremy Bentham, il quale – nella sua Introduzione ai principi della morale e della legislazione - scrisse che la linea invalicabile perché un individuo sia degno di tutela morale non può essere tracciata dalla facoltà della ragione o da quella del linguaggio (che pure gli animali naturalmente possiedono), ma dalla “capacità di soffrire”: Il problema non è “possono ragionare” né “possono parlare”? Ma “possono soffrire?”. A due secoli e più di distanza, continuando sulla stessa linea, Peter Singer scriverà in Liberazione animale: “Se un essere soffre, non può esistere giustificazione morale per rifiutarsi di prendere in considerazione questa sofferenza”. Ciò è quanto mai vero – anche in virtù delle innumerevoli dimostrazioni dell’intelligenza animale e delle meravigliose implicazioni emotive che ogni giorno si offrono alla nostra osservazione… ricordo a tutti il rito, tra innumerevoli esempi, della commemorazione dei defunti tra gli elefanti – per qualsiasi filosofia e ancor di più per qualsivoglia teologia che oggi intenda provare a balbettare qualcosa del mondo e di Dio.

Su questo tema, tra i prossimi appuntamenti, ci sarà la visione di Padre Luigi Lorenzetti, teologo morale che rappresenta una voce autorevole ed empatica proprio nei confronti degli animali. Con il sostegno della parola di… Dio.

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