Massimo Montanari, famoso storico e teorico dell’alimentazione, spiega la valenza simbolica del dolce, tradizionalmente abbinato ai giorni di festa, alle celebrazioni. Nascono così nell’ambito italiano i vari tipi di pane dolce, tra cui spicca il Panettone ormai sinomimo di Natale. Mentre i nostri antenati raramente avevano la fortuna di assaggiare cibi dolci, nelle società postindustriali la difficoltà consiste proprio nell’evitare l’eccesso di glucosio negli alimenti. Sembra che in Canada e negli Stati Uniti dove l’obesità ha raggiunto quote che oscillano tra il 25 e il 45% della popolazione, gli zuccheri siano praticamente onnipresenti, nascosti nei cibi più impensati: dai condimenti per le insalate, gli innumerevoli salad dressing, alla salsa di pomodoro, senza disdegnare certi tipi di fagioli in scatola e la maggior parte dei cibi preconfezionati. Insomma se nel periodo medieval tra gli strati più poveri della popolazione era raro senza assaggiare qualcosa di più dolce del latte, oggi giorno le fasce economicamente più deboli sono condannate a cibarsi di alimenti altamente zuccherati. Lo sciroppo di mais, meglio noto come high glucose corn syrup, è diventato la bestia nera, l’ingrediente praticamente onnipresente, soprattutto negli alimentiindustriali. Il dolce quindi troneggia sulla tavola, non solo nei cibi, ma soprattutto nelle bevande: succhi di frutta, bibite gassate e tutti i derivati del caffelatte creati da Starbucks e da altre catene meno famose, ma ancor più stucchevoli nel gusto.
Leggevo oggi in un quotidiano nazionale che l’americano e il canadese medio ingurgitano più di un etto di zucchero al giorno senza accorgersene. A mangiarlo a cucchiaiate credo che non ci riuscirebbe nessuno, ma dilazionato e celato in mille salse a quanto pare diventa appetibile o meglio inevitabile perché i cibi più a buon mercato sono saturi di zuccheri.
Diversamente da quanto avveniva nelle epoche precedenti il grasso diventa sinomino di povertà, non di abbondanza. Il cibo torna ad essere un fattore di distinzione sociale con qualche inversione di tendenza e qualche paradosso: il pane, quello fatto artigianalmente con ingredienti naturali, farina, acqua, lievito e sale, risulta più caro del companatico. In seguito all’industrializzazione dei prodotti alimentari, i cibi più naturali costano assai di più e diventano appannaggio di una minoranza. Lo stesso accade per le verdure coltivate localmente senza pesticidi. La verdura, un tempo sinonimo di cucina povera, occupa un posto di maggior prestigio della carne, soprattutto quella di manzo, ormai più economica del pollo. La paura della “mucca pazza” ha fatto sì che almeno su quest’isola i polli siano considerati più pregiati della carne rossa e il dolce, cammuffato e consumato in eccesso, smette di allietare l’esistenza per trasformarsi in nemico della salute.