“Ogni offensiva di Israele aprirà le porte dell’inferno”, era stato chiarissimo ieri il portavoce di Hamas, Sami Abu Zurhi , dopo le dure parole del premier Israeliano Netanyahu che minacciavano una dura lezione nei confronti del movimento palestinese, responsabile secondo l’intera comunità israeliana, del rapimento e la morte dei tre ragazzi ebrei avvenuto in questi giorni.
In effetti la reazione dello Stato ebraico non si è fatta attendere: la notte scorsa i cielo di Gaza è rimasto illuminato per ore; non per fuochi d’artificio, ma per bombe e razzi lanciati dagli aerei Israeliani. Il raid ha inflitto un duro colpo alla zona abitata per lo più da palestinesi e il bilancio è drammatico.
Ancora una volta, come spesso accade, a fare le spese della guerra sono gli innocenti; nel corso di un raid in un campo profughi a Jenin, nel nord della Cisgiordania, le truppe israeliane hanno ucciso un adolescente palestinese, Yusuf Abu Zagher, 18 anni. Secondo i militari aveva scagliato contro di loro un ordigno. Fonti palestinesi sostengono che l’incidente sia estraneo alle operazioni lanciate da Israele nella parte meridionale del territorio dopo l’uccisione dei tre giovani coloni. Un altro palestinese è morto per ferite d’arma da fuoco a Hebron, non lontano da dove sono stati trovati i corpi dei tre seminaristi delle scuole rabbiniche.
Ancora orrore è distruzione dunque in una regione, la Palestina, che è ormai in ginocchio, martoriata da una guerra decennale e che non sembra essere vicina ad una conclusione; la miccia questa volta si è accesa il 12 giugno, giorno in cui sono stati rapiti tre ragazzi israeliani, Eyal Ifrah, 19 anni, Naftli Frenkel e Gilad Shaar, entrambi di 16 anni, seminaristi in due scuole rabbiniche all’interno di un insediamenti di coloni a Hebron, non tornano a casa. Verranno poi ritrovati i loro corpi, dilaniati dopo essere stati uccisi. E proprio Hebron è stata testimone della furiosa rappresaglia israeliana: case distrutte, famiglie sfollate, morti e feriti.
Intanto il gabinetto di sicurezza israeliano ha ordinato la demolizione delle case di due soggetti che ancora risultano semplicemente sospettati della morte dei ragazzi. La sensazione, ovviamente, è che la faccenda non finirà di sicuro qui e procederà comunque nel silenzio (a parte pochi casi) dei media occidentali.
Il messaggio che spesso trapela, almeno agli occhi di scrive, è che in questo mondo troppo spesso esistano morti di seria A e morti di serie B. Una zona calda some quella medio-orientale, e in particolare la Palestina, non può permettersi un conflitto così drammatico anche perché il divario militare e di organizzazione tra i due popoli (nettamente a favore degli Israeliani) continua a non permettere una vera soluzione pacifica.
Dal canto suo, l’Occidente, “custode” indiscusso della pace mondiale sta a guardare questo orribile spettacolo: due popoli che vivono nello stesso territorio e che continuano a massacrarsi.
The show must go off.