La Guardia di Finanza, a fine giugno, ha sequestrato del materiale incriminante nei vari centri della StanleyBet, tra cui Milano, Montecatini, Potenza, Giugliano, Roma. La sede madre, ovvero la Stanley International Betting Limited si trova a Liverpool, ma le varie agenzie sono dislocate in tutta Europa (solo cento in Italia). I Pm che hanno aperto l’inchiesta, Margherita Pinto e Valentina Margio, hanno appurato che i centri di trasmissione scommesse dipenderebbero formalmente da un’altra società, che ha sede in Malta, la StanleyBet Malta Limited, in qualche modo funzionalmente riconnessa alla principale di Liverpool. Tutto ciò rappresenterebbe un ottimo meccanismo di evasione fiscale.
Ma nelle condizioni di StanleyBet vi sono anche altre decine di operatori stranieri, che, negli ultimi anni, hanno aperto punti di raccolta scommesse, senza la concessione di agenzie di dogane e monopoli. E proprio per la rigidità della disciplina Italiana, si destano i maggiori problemi. A favore dei Bookmaker stranieri giovano le sentenze della Corte di Giustizia Europea, in particolare l’ultima del 2012, denominata Costa-Cifone, secondo cui la disciplina italiana in materia di scommesse è incompatibile con il principio della libera circolazione e prestazione di servizi da parte di cittadini comunitari.
La conseguenza di questa estrema inflessibilità è sicuramente la creazione di una rete parallela di bookmaker, che opera indipendentemente dal rilascio di autorizzazioni e concessioni da parte dello stato. L’erario, così, ci va a perdere: negli ultimi due anni infatti, la quota non incassata ammonta a circa 530 milioni di euro. Per cui si chiede più liberalità al mercato italiano.