Magazine Cinema
Il calvario
Periodicità: Mensile
Uscita: 29/07/2014
Soggetto e Sceneggiatura Giovanni Gualdoni
Disegni: Paolo Martinello
Copertina: Angelo Stano
Il figlio di Dylan Dog, Johnny, è vivace ed intelligente. All'improvviso, però, cade in uno stato di deficit fisico e si ammala gravemente. Da cure generiche in ospedale finisce in terapia intensiva senza che nessun medico sia riuscito a capire quale malattia l'abbia colpito. Un autentico calvario si abbatte su suo lui e suoi padre.
Thomas Shore è un ragazzino svanito nel nulla. Un ragazzino di cui si ricorda solo sua madre, parzialmente oltretutto, e non suo padre, medico, che la cura con antidepressivi ed altri farmaci pesanti.
Come mai nei ricordi delle donna Thomas è identico a Johnny?
Come sempre Gualdoni se la canta e se la suona. Butta giù il soggetto e lo rifinisce in sceneggiatura, tra una lista della spesa ed una nuova versione dell'elenco telefonico interno della Bonelli. A volte le due operazioni gli riescono bene, altre meno. In questo caso la storia è godibile per 7/8 peccato scivoli sul finale per trovare una chiusura rapida in poche pagine.
Non ricordo se sia un debutto o meno, ma Paolo Martinello lascia il segno. Sia in positivo che in negativo. Uno stile di disegno carico di neri che con i tratteggi occupano anche gli spazi riservati al bianco. All'occhio duro, ma allo stesso tempo arrotondato, la scelta di questo disegnatore per questa specifica storia sembra essere azzeccata, anche se si fa una certa fatica ad accettarlo nelle prime pagine. Stona, forse, un poco, la scelta di rappresentare graficamente Johnny come L di Death Note, si poteva scegliere uno stile un po' più originale, ma si accetta.
La copertina di Stano, che si distacca un po' per stile e colori dalle ultime del ciclo Recchioni curatore, è un omaggio senza pochi veli a La Strada, il film con Mortensen di qualche hanno fa in cui si racconta la storia di un padre ed un figlio che sono l'uno il sostegno e la ragione di vita dell'altro.
Buon albo, che poteva essere il nuovo Mater Morbi, che cade su un finale un po' così.
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