MUSICA PER CAMALEONTI – Rubrica dedicata ai suoni della letteratura
Con la nuova rubrica, che prende il nome da un’opera di Truman Capote, il nostro percorso di lettura diventa anche scoperta musicale.
di Pierluigi Lucadei *
Il giardino dei dissidenti non è il capolavoro di Jonathan Lethem, ma la sua confusione ha un suono. Inside Llewin Davis è un film dei fratelli Coen uscito in Italia con il titolo A proposito di Davis e ispirato alla vita del cantautore Dave Van Ronk. Non è il miglior film dei fratelli Coen ma ha lo stesso suono della confusione de Il giardino dei dissidenti.
Curioso che entrambi, il romanzo di Lethem e il film dei Coen, siano usciti nel 2013, raccontando lo stesso luogo e lo stesso tempo. New York. I primi anni Sessanta. Il folk. Il Greenwich Village.
Dave Van Ronk compare ne Il giardino dei dissidenti dove, come sempre accade in Lethem, la musica è molto più di un elemento di contorno. Tutto vibra e si scuote nella prosa di Lethem: il funk arroventava La fortezza della solitudine, il sesto romanzo dello scrittore statunitense uscito nel 2003, la verbosità dei cantautori folk del Village rende greve e politico Il giardino dei dissidenti. Eccolo il ‘Sindaco di MacDougal Street’ (così era soprannominato Dave Van Ronk), alle prese con il brano In The Pines, uno standard americano che la sua voce rendeva fumigante di brividi.
House Carpenter è un altro standard rivitalizzato da Van Ronk. L’artista newyorkese lo scelse come brano d’apertura del suo disco Inside Dave Van Ronk, che cinquant’anni dopo ispirerà il titolo dei Coen.
Dave Van Ronk
Anche Phil Ochs compare nelle pagine di Lethem. Ochs era un guerriero armato di voce e chitarra, erede di Woody Guthrie, ostinatamente contro. Automation Song, dal suo album All The News That’s Fit To Sing, è uno dei più profetici anti-inni venuti fuori dal Village.
Il film dei Coen A proposito di Davis si chiude con il protagonista che lascia il palco a un ragazzo destinato a diventare non solo il più celebre inquilino di MacDougal Street, ma uno dei pilastri della cultura del dopoguerra, Bob Dylan. Con la velocità di un battito d’ali, Dylan si emancipò dalla nicchia intellettuale del Village per raggiungere l’irraggiungibile e Lethem descrive perfettamente il suo volo: «Era decollato come un razzo dal marciapiede umano del loro mondo, e bisognava abituarsi a vedere la sua goffa sagoma spigolosa, costellazione di gomiti e reggiarmonica, lontano, nel cielo».
La musica di Dylan andava più veloce delle linee della metropolitana di New York e batté sul nascere tutta la scena folk newyorkese messa insieme. Lo fece molto tempo prima di scritturare Mike Bloomfield e Al Kooper, e di iniettare elettricità a un immaginario poetico capace di contenere un’epoca, oltre che di reinventare il rock.
Dopo il giro d’organo più famoso e l’how does it feel più tagliente che la storia della musica popolare ricordi, la velocità non contava più perché il rock, nel frattempo, si era trasformato in qualcosa di diverso.
Si poteva partire da MacDougal Street per un concerto che aveva per pubblico il mondo intero e poco importava se questo tradiva, smentendolo, il senso di comunità di una scena convinta della superiorità dell’espressione collettiva sulla voce del singolo. Nessuna invidia o rivalsa di strada poteva opporsi al semplice fatto che la musica di Dylan, più di ogni altra, rendesse chi la ascoltava una persona migliore.
Poco lontano, Washington Square continuava a riempirsi dei suoi giocatori di scacchi, di fumatori d’erba, di artisti e non artisti vestiti da artisti, di gay e lesbiche, di studenti, poeti, pazzi e di tutti quegli individui che avevano la risposta più intelligente alla domanda che nessuno gli aveva rivolto. «In quel parco bastava aprire un libro perché arrivasse qualcuno a dirti che non era niente di speciale e avresti dovuto leggerne un altro».
Nell’articolo si parla di:
Jonathan Lethem, nato a New York nel 1964, è figlio di un pittore e di una militante della sinistra radicale. È cresciuto leggendo Calvino e la Highsmith, Dostoevskij e Ray Bradbury, e se fino all’adolescenza da grande voleva fare il pittore, a vent’anni si è ritrovato sulla West Coast a lavorare fra gli scaffali di una libreria – e alle prime versioni dei suoi romanzi. Il vero successo è arrivato nel 2000, con il romanzo Motherless Brooklyn (Testadipazzo, Tropea, 2000 – Brooklyn senza madre, Il Saggiatore, 2008), un omaggio alla sua Brooklyn (riscoperta nel 1996, quando è tornato a viverci) travestito da detective story. Lethem ha vinto la MacArthur Fellowship e il National Book Critics Circle Award per la narrativa. Collabora, fra gli altri, con «New Yorker», «Harper’s», «Rolling Stone», «Esquire» e il «New York Times». Il giardino dei dissidenti è uscito per Bompiani nel 2014.
Dave Van Ronk (Brooklyn, 1936 – New York, 2002) è stato un musicista e cantautore statunitense. Chitarrista, arrangiatore e intimo amico di Bob Dylan, è stato figura di rilievo nel panorama della musica folk, che negli anni Sessanta gravitava attorno al Greenwich Village di New York. Era soprannominato il Sindaco di MacDougal Street.
Philip David Ochs (El Paso, 1940 – Far Rockaway, 1976) noto come Phil Ochs, è stato un cantautore di protesta statunitense; preferiva però definirsi topical singer. È stato anche musicista, interprete e giornalista (le sue canzoni topical, ovvero ispirate a temi di attualità e alla cronaca, ricordano infatti molto di certo giornalismo militante), famoso per il sarcasmo tagliente, l’umorismo e l’attivismo politico.
* Pierluigi Lucadei (San Benedetto del Tronto, 1976) di mestiere fa il medico legale, ma scrive da molto tempo prima di diventare medico. Si occupa di musica e letteratura sul «Mucchio Selvaggio», sul blog minima&moralia e sul quotidiano online «Il Mascalzone». Nel 2014 ha pubblicato, per Galaad, Ascolti d’autore, raccolta di venticinque interviste ad altrettanti scrittori, tra i quali Hanif Kureishi, Michael Chabon e Niccolò Ammaniti, sul tema della musica, con una postfazione di Nicola Lagioia. È uno degli autori della nostra rubrica Il comodino dei Serpenti.
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