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E adesso, poveri adoratori della "Sovranità Nazionale"?

Creato il 30 giugno 2012 da Zfrantziscu
L'Italia, e con essa la Spagna e persino l'iper unitarista Francia, si apprestano a cedere all'Europa altre quote di sovranità. È quel che comincia a risultare dall'incontro fra capi di stato e di governo, convocato per mettere un riparo alla crisi che rischia di portarsi via non solo la moneta unica ma la stessa unione europea. La questione – resa complicata dalla Santa Alleanza degli Adoratori degli Stati nazionali e della "Sovranità Nazionale" – a me sembra piuttosto semplice: l'Europa può salvare gli stati colti in difficoltà, ma in cambio pretende di guidare questo salvataggio. Un embrione di federalismo europeo, insomma, che non nasce dagli ideali ma dae s'apretu chi, narat su ditzu, ponet su betzu a cùrrere. So che gli spacca-capelli-in-quattro (nella mia lingua sos chi fàghent còrdula de musca) obietterebbero, ma al termine di lunghe acrobazie linguistiche lì cadrebbero. Sono malignamente contento, immaginando gli equilibrismi di chi, sacerdote dell'unità e indivisibilità, dovrà spiegare perché sia una cosa buona spezzettare una delle qualità essenziali di quel dogma. Ma lo sono anche perché fin da giovinetto sono un convinto federalista europeo, così come ero sostenitore del federalismo italiano prima che i gattopardi dimostrassero di esser capaci di accettarlo per sputtanarlo. Ma c'è un problema, che sicuramente prima o poi solleveranno quanti della sovranità della Sardegna farebbero volentieri un uso non proprio: “Com'è? Vorreste la sovranità della Sardegna, nel momento in cui l'Italia ne cede un'altra parte all'Europa?”. Un problema sollevato para fastidiar, chiaro. Noi vogliamo la nostra sovranità per contrattarne la cessione di quote se e quando sia utile e opportuno per noi. Proprio come si sta discutendo di fare o non fare fra stati grandi e possenti come la Germania e stati piccoli, e prosperi, come Malta. Che, per quel che sappiamo, non ha i problemi drammatici di Italia, Spagna, Francia, Grecia, che con la sua crisi sta inguaiando la “protetta” Cipro greca. La Sardegna – dicono gli Adoratori etc etc – è troppo piccola per reggere il peso economico della propria sovranità. Cavolate, se si ha la pazienza di vedere i dati economici dei “piccoli” a paragone di quelli dei “grandi”. La piccola Malta ha una disoccupazione al 5,7 per cento, la metà di quella italiana e di quella francese, e pari a quella tedesca. Ha avuto l'anno scorso una crescita del PIL del 2,1 per cento, cinque volte superiore a quella italiana. Ha quest'anno un rapporto tra debito e PIL del 74,8 per cento contro il 123,5% dell'Italia. Uno stato come l'Estonia, di grandezza simile alla Sardegna, ha più o meno la percentuale di disoccupati dell'Italia (10,8 contro il 10,2), ma il suo PIL è cresciuto del 7,6 per cento e un rapporto debito-PIL del 10,4 per cento. Se aveste la pazienza di vedere i dati degli altri “piccoli” stati, vedreste come sia in mala fede chi dovesse insistere con quella baggianata. L'andamento dell'economia non ha alcun rapporto con la dimensione demografica o territoriale: ha rapporto con la politica dei governi. E, nel caso delle nazioni senza stato, ha rapporto con le quote di sovranità che i loro popoli sono riusciti a conquistare. La Spagna è, a quel che si dice, messa peggio dell'Italia, ma la Catalogna è assai più prospera della Sardegna oltre che della Spagna. La Catalogna non solo fa valere le sue quote di sovranità nello stato cui appartiene, ma anche in Europa. “Provinciali” anche i catalani? O, come sono sicuro, il provincialismo è il morbo che affligge quella parte – non piccola, purtroppo – della politica e della intellettualità isolane che mangiano e camminano in Sardegna con la testa altrove e in cuore il patema d'animo di apparire autonomi? Lo capisco. Essere sovrani comporta qualche rischio, il più serio dei quali è di dover ragionare e agire senza il conforto degli stereotipi e di rassicuranti luoghi comuni. Come quello, appunto, che noi sardi saremmo destinati al disastro se a noi non pensasse l'Italia.

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