Anna Lombroso per il Simplicissimus
Forse per dare nuovo vigore all’autoproclamazione di Rottamatore, il Renzi ha deciso di occuparsi di Venezia avocando a sé, da dinamico e autoritario sbrigafaccende qual è, la soluzione, finale, c’è da temere, del passaggio delle navi nel Bacino di San Marco.
Rottama, rottama, scava, scava, chissà che grandi opere si potranno tirar su con le auguste macerie della Serenissima. Perché una cosa è certa: il Presidente del Consiglio si è fatto consigliare che è impossibile dire no alle multinazionali del turismo fotografa e scappa, ai padroni dei condomini via mare, dirottando i mostri del mare verso altre destinazioni e altri transiti lontani da Venezia e che non prevedano l’approdo alla Stazione Marittima. Sarà lui a decidere il percorso alternativo al passaggio delle grandi navi in Bacino di San Marco, in una riunione con i ministri competenti di Infrastrutture, Ambiente e Beni Culturali, in modo da andare incontro alle esigenze dei nuovi corsari delle crociere protetti localmente dall’Autorità Portuale. E ha già fatto intendere che il transito preferito che dovrà comunque approdare alla Stazione Marittima, sarà quel famigerato Canale Contorta – Sant’Angelo che minaccia di compromettere definitivamente il delicatissimo equilibrio del sistema lagunare, e mettendo fuori gioco le possibili soluzioni come la “tangenziale” alle spalle del canale della Giudecca – sostenuta dalla Venezia Terminal Passeggeri – ma anche lo scavo del canale Vittorio Emanuele, gradita al sindaco Giorgio Orsoni.
E siccome si ritiene che i cittadini veneziani e del mondo siano dei citrulli da acchiappare con qualche spot promozionale qualche promessa, in questo caso più che mai da marinaio, il governo “ha preso atto di un impegno della Clia (Cruise Lines International Association), con il quale l’associazione delle Compagnie di navigazione fa volontariamente e unilateralmente proprie le disposizioni della Capitaneria di Porto sulle restrizioni imposte al transito delle grandi navi nel bacino di San Marco, sospese recentemente dal Tar. In particolare: di anticipare al 2014 il blocco del passaggio delle navi con stazza lorda superiore alle 96 mila tonnellate non passeranno più dal Bacino di San Marco e dal canale della Giudecca. Mentre da subito le Compagnie si impegnano a impiegare carburanti per uso marittimo con tenore di zolfo non superiore allo 0,1 per cento in massa, dall’ingresso e per tutta la permanenza in Laguna”. Insomma è ineluttabile, chissà perché, accontentarsi che vengano risparmiati «il bacino della Giudecca ed il canale di San Marco dai passaggi invasivi delle grandi navi», come ha chiesto la cotonatissima sottosegretaria dal cognome plurimo quanto la presenza in prestigiosi consigli direttivi e di amministrazione, Borletti Buitoni, è fatale non preoccuparsi della salute dei cittadini, esposti a un quotidiano avvelenamento, è indispensabile avviare progetti oltraggiosi e sconvolgenti di nuove vie d’acqua a incrementare la distruzione della Laguna avviata da altri “titani” del padronato più megalomane col “Canale dei petroli”, dagli scavi non certo accorti del Mose e dagli interventi della disinvolta cordata del Consorzio Venezia Nuova.
Eh si, il Presidente del Consiglio, deve vedere di buon occhio l’alleanza con quel Lupi, che terrebbe in regime di monopolio le redini del brand “costruttivo-cementiero” della nuova destra, se si deve a loro la nuova formula di spending review applicata alle infrastrutture e ai trasporti, che invece di tagliare la Tav o il sottopasso ferrioviario di Firenze, o la sconcertante tratta autostradale Mestre–Orte, ha cancellato l’ Autorità di vigilanza dei contratti pubblici, trasformandola in un Ufficio Ministeriale, secondo i dettami di quel nuovo look, più snello e semplificato, in modo da avere sotto controllo controllori che si so no dimostrati fastidiosi ficcanaso andando a guardare cosa succedeva dietro al pomposo sipario dell’Expò, nelle attività della Società Infrastrutture Lombarde, o in quelle della Compagnia delle Opere, insomma in quel contesto paraconfessionale vicino a CL e a Formigoni e, pare anche al cerchio magico renziano, se altre inchieste riguardano opere toscane e fiorentine: il nuovo Parco della Musica e il sottopasso Tav, oltre ai soliti noti della Grande Bellezza come le operazioni romane della linea C della metro o il falansterio dell’Agenzia Spaziale Italiana.
È venuto il momento di dire di no. A Venezia ci provano alcuni amici ed altri che si aggiungono per dire alla svendita da parte dell’Agenzia del Demanio di Poveglia tre isole collegate tra loro su cui sorgono un vecchio lazzaretto, il campanile straordinario di una chiesa diroccata, un ottagono fortificato dalla Repubblica Serenissima a guardia dell’antica bocca di porto di Malamocco e ettari di orti antichi, in tutto 75.000 mq di cui 5.000 edificati. Gli amici si sono messi insieme per impedire l’affronto dell’alienazione di un bene comune, la svendita dopo anni di incuria e promesse di un sito che la città sente come suo e che è probabile le sarà tolto perché l’operazione commerciale è condotta con tecniche da bari inveterati, visto che nella licitazione non è previsto nessun limite minimo, né massimo, che saranno selezionate le cinque offerte economiche più vantaggiose per le casse dello stato, ma che non occorre presentare alcun progetto, nessun piano tecnico-finanziario e non servono garanzie. Basta versare una cauzione di 20.000 euro. Poi, in un secondo momento, gli “ignoti” selezionati saranno chiamati ad una seconda trattativa con l’Agenzia del Demanio. Non possiamo che fare il tifo per gli amici di Poveglia che si impegnano anche a nostro nome, coi loro 99 euro cui speriamo si aggiungano anche i vostri, contro i saccheggi di regime. Fategli sapere che state dalla loro parte: [email protected].