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Il libro di Silvio Garattini contro l’omeopatia e la campagna pro vaccinazioni hanno scatenato i media in una caccia alle streghe senza quartiere.
E’ autunno e le agenzie di marketing di Big Pharma fremono per affondare i denti nel grande business della prevenzione dell’influenza. L’anno scorso quel malaugurato caso di effetto iatrogeno da vaccino per un lotto imperfetto scatenò un fuggi fuggi generale da parte dei pazienti e tutto il lento e meticoloso lavoro di comunicazione mediatica fatto dal marketing farmaceutico al fine di vendere bene il prodotto finì in un grosso flop e nei magazzini rimasero molti prodotti invenduti. Quest’anno i termini e gli investimenti sono stati articolati su più fronti come i migliori marketing managers insegnano.
Verosimilmente, sull’onda del critiche internazionali all’Italia per aver avuto un calo sociale del livello di vaccinazione, si è colto il momento per far partire una crociata contro tutto ciò che non è perfettamente in linea con il pensiero dominante del mondo scientifico moderno. Un tentativo di far pulizia di tutta quella “cosiddetta” sottocultura scientifica o pseudoscientifica che tanto disturba i meccanismi del profitto farmaceutico e turba i sonni dei depositari del “sapere assoluto.
Come capro espiatorio è stata scelta la medicina omeopatica che pur essendo impiegata da 300 milioni di persone nel mondo, pur avendo più di 200 anni di storia e un buon numero di lavori scientifici a suo sostegno (mai abbastanza siamo d’accordo) viene bollata senza possibilità di replica come truffa ai danni del cittadino.
Il Prof. Silvio Garattini, che fin dai primi anni ottanta del secolo scorso si esprimeva con toni netti ed intransigenti in merito alla medicina omeopatica, ha trovato un editore disposto a mettere su carta tutti suoi pensieri in merito ed ha cominciato il suo tour di propaganda che, eticamente ben mascherato da tour letterario, in realtà si è rivelato una campagna per screditare, senza interlocutori, una realtà importante della medicina italiana.
La tecnica, del resto non è nuova. E’ già stata utilizzata 15 anni fa da un amico del professore, militante anche lui nelle fila del Cicap, il brillante giornalista Piero Angela, conduttore della bellissima trasmissione, ormai cult televisivo, Quark. Infatti anche in quella occasione il giornalista mise in onda una intera trasmissione finanziata con soldi pubblici, ricordiamolo, contro l’omeopatia senza alcun contraddittorio. Nessun medico o ricercatore che si occupava di omeopatia fu intervistato o coinvolto. Una sentenza senza appello.
In questa ondata di aggressiva intolleranza e censura mediatica in cui si minacciano i medici che curano con queste medicine di essere radiati dai propri ordini professionali o si istigano ritorsioni su chi ha una posizione scientifica diversa mi è sembrata di grande equilibrio e di buon senso la riflessione della Dottssa Antonella Ronchi Presidente della FIAMO Federazioni dei Medici Omeopatici Italiani che qui propongo:
In questi giorni i media con grande spiegamento di forze hanno intrapreso una doppia campagna, contro l’omeopatia, complice la pubblicazione del libro di Garattini, e a favore dei vaccini senza se e senza ma.
Anche se sul discorso vaccini tra gli omeopati ci sono posizioni molto differenti, qualcuno ha sottolineato che molti dei medici che manifestano posizioni critiche rispetto alla spinta vaccinale estrema sono omeopati. In effetti i due temi sono accomunati dalla negazione di un pluralismo in medicina, dall’idea di una scienza medica esatta, assimilabile alla matematica e alla fisica, che ha risposte nette, senza dubbi o sfumature.
Credo che per questo motivo sia importante riflettere su alcuni concetti.
Si pone l’accento su una presunta mancanza di cultura scientifica in Italia. Ma a parte il fatto che il fenomeno dell’omeopatia non è certo una prerogativa italiana, dato che l’omeopatia è diffusa in tutto il mondo, e quindi da questo punto di vista questa carenza è un vulnus culturale mondiale, bisogna intendersi su che cosa voglia dire fare scienza, in particolare nel campo della medicina. Mi piace sempre citare il compianto Prof Giorgio Israel, purtroppo scomparso quest’anno, matematico e storico della scienza che scriveva “La medicina è tanto più “scientifica” – utilizzando qui questo termine nella accezione valutativa del senso comune, ovvero “seria”, “rigorosa”, “attendibile” – quanto più aderisce alla considerazione del soggetto particolare e tanto meno è scientifica quanto più si occupa di collettività considerate in modo aggregato. Pertanto il percorso della medicina verso la scientificità va in direzione esattamente opposta a quello delle scienze esatte di derivazione fisico-matematica. … l’unico modo di realizzare la scientificità della medicina è di tener conto che il suo oggetto sono dei soggetti, e dei soggetti considerati nella loro individualità e particolarità, portatori di una storia personale situata in modo irripetibile nello spazio e nel tempo”.
E l’ epistemologo T. S. Kuhn, poi, mette in guardia dal considerare che essere in possesso di un criterio di scientificità ed applicare delle direttive metodologiche sia sufficiente a imporre un’unica conclusione sostanziale a molti tipi di questioni scientifiche, perché le conclusioni a cui si giunge sono probabilmente determinate, influenzate dalle precedenti esperienze, dalla propria formazione .
Come a dire che nel campo della scienza nessuno può sentirsi depositario di verità assolute e conclusive.
La medicina è certamente una, ma tanti diversi approcci e contributi la arricchiscono, non la impoveriscono, perché ciascuno porta alla visione complessiva la sua parte.
Se poi vogliamo entrare nei dettagli del libro di Garattini, possiamo anche dire che certo, per supportare le proprie affermazioni basta dar credito e scegliere gli studi che le confortano e ignorare quelli che arrivano a conclusioni differenti. E così si cita il recente studio Australiano, ignorando il corrispondente Health Technology Assessment commissionato alcuni anni fa dalle autorità svizzere, che arrivava a
conclusioni diametralmente opposte, favorevoli all’omeopatia, tanto che il diritto ad avvalersi di questo strumento terapeutico è entrato nella Costituzione elvetica.
Da un certo punto di vista capisco la posizione del professor Garattini: per la sua formazione di perito chimico, la presenza delle molecole nelle soluzioni testate è conditio sine qua non: nessuna molecola=nessuna possibilità di azione e discorso chiuso.
E il fatto che quello omeopatico sia chiamato medicinale è sicuramente per lui una provocazione inaccettabile, perché il farmaco deve essere una sostanza con tutte le sue molecole.
Ma dato che ciò che cura può in realtà anche avere una natura differente da quella chimica, come ad esempio accade con le radiazioni, forse bisognerebbe solo intendersi meglio su quello che il termine medicinale può significare.
Ma al di là di queste, pur fondamentali, disquisizioni, quello che non è corretto è affermare, come il professore fa, che gli esperimenti in laboratorio smentiscano una differenza tra le soluzioni di diversi medicinali omeopatici. Al contrario, decenni di studi, e cito solo quelli di Vittorio Elia e di Louis Rey perché ricercatori universitari nel campo della Chimica e della Fisica, provvisti di credenziali di autorevolezza certamente non inferiori a quelle dei ricercatori del Mario Negri, hanno messo in evidenza che ogni soluzione ha una sua “personalità” evidenziabile attraverso specifiche metodiche di laboratorio.
Antonella Ronchi