Un legittimo impedimento perenne. Ma ieri nell’aula del Tribunale di Milano è successo dell’altro. Il solito Ghedini ha chiesto, prima ancora che la teste marocchina venga chiamata al tavolo dei testimoni, che l’udienza venga rimandata per “legittimo impedimento perenne” dell’imputato Silvio Berlusconi, leader di coalizione e impegnato nella campagna elettorale. Cioè Ghedini chiede che tutto il processo venga sospeso per l’intero periodo della campagna elettorale, perché è pur vero che “Berlusconi non è candidato premier – spiega Ghedini – ma ha una serie di impegni diversi da un candidato qualsiasi”. Il Cavaliere, insomma, ha persino la campagna elettorale ad personam.
Il processo si farà. Dopo tre ore di consiglio i giudici, con una Boccassini visibilmente alterata, hanno respinto le richieste di Ghedini (e di Berlusconi): il processo si farà e lo si farà anche se siamo in campagna elettorale (le prossime sedute, infatti, sono state fissate per il 21, 28 gennaio e 4 febbraio), perché “il Tribunale è soggetto soltanto alla legge e non può valutare ragioni di opportunità politica”.
Il complotto. Ovviamente non s’è fatta attendere troppo la replica dell’avvocato Ghedini, il quale ha dichiarato che “il Tribunale è entrato pesantissimamente in campagna elettorale” perché – ha precisato – “è certo che si arriverà a sentenza prima delle elezioni”. Il punto, infatti, è proprio questo: un’eventuale condanna di Berlusconi al processo Ruby segnerebbe inevitabilmente la fine della sua carriera politica, con un tonfo sordo difficile da dimenticare. Nessuno stupore, dunque, se nelle prossime settimane sentirete gridare al “complotto delle toghe rosse” e alla “persecuzione” con ancora più vigore del solito: prendetelo come gli ultimi ruggiti di un leone ormai prossimo alla morte (politica).
Fonte: Diritto di critica