E mentre molte famiglie brussellesi lasciano gli
alberi di
natale fuori la porta, per la strada, sui marciapiedi, come tanti
scheletri delle feste passate, al freddo e denudati, niente addobbi né colori dopo le lunghe notti di regali e rumori, nell'attesa che gli addetti comunali passino a raccoglierli per l'ultimo processo del loro destino: un riciclaggio che
nobilita, si dice; mentre la
metro ricomincia ad affollarsi nuovamente, per respirare nel sospiro altrui in
ragnatele di braccia sospese e corse
affrettate verso scrivania ed impegni, nel ritorno alla
macina quotidiana, sicuramente reso più duro dalla pausa appena terminata; mentre si rivedono le
stesse facce in Gare du Midi, quelle che il Natale non è
mai arrivato, quelle per cui la baraonda dei saldi di inizio anno non esiste né provoca eccitante insonnia, le facce dei senzatetto aggrappate a corpi senza troppe energie, mentre nel bicchiere lasciato lì, accanto ai piedi o teso tra i muscoli paralizzati, cadono poche monete spesso spese per una
Jupiler in più, perché magari meglio stordire le cento voci dei probabili tormenti con un po' di birra, meglio cadere nell'ennesima sonnolenza alienante e sperare in uno straccio di sogno, elemosinando alle connessioni neurali qualche surreale soddisfazione che lasci poi un sorriso al risveglio, anche solo per qualche instante; mentre
Bruxelles ritorna ai suoi ritmi consueti, insomma, ecco che i belgi si svegliano un po'
incazzati per l'anno nuovo, perché dopo più di
sei mesi senza governo, da quando il re subito dopo le
elezioni di giugno è dovuto
passare dall'ispettore al pre-formatore, dai mediatori al chiarificatore fino al conciliatore (tante
cariche,
pochi risultati) per formare il nuovo governo cercando di trovare un accordo tra i diversi partiti francofoni e nederladofoni (per la finanziaria, per la regione di Bruxelles e la sopravvivenza del paese inteso come Belgio), si è arrivati ad un punto in cui
non si può cercare di far bere un cavallo che non ha sete, e la risoluzione della crisi di governo sembra ritardare sempre più, anzi sembra
impossibile tanto che si decide di scendere in
piazza con un'unica parola,
Vergogna (ufficialmente
Shame, in inglese, giusto per non dividersi
già dal titolo della manifestazione, anche questo è Belgio).
Vergogna. Senza governo per il nostro paese dopo 200 giorni.
Va bene, va bene, si sono incazzati.
Resta da vedere
quanto incazzati saranno questi belgi, se alla fine saranno i soliti cori monolingui dell'ultima volta,
conferma e non altro di un paese che - per alcuni - non c'è, o l'atteso stimolo
efficace (?) per smuovere trattative sempre più macchinose e deludenti. Intanto Bruxelles continua, inevitabilmente.
Il re del Belgio, Alberto II: La Costa d'Avorio, ecco un paese! Votano
e una settimana dopo hanno due governi! Qui... sei mesi... e che?
Da una vignetta del quotidiano Le Soir, ironizzando sul Belgio e
la recente (e drammatica) situazione in Costa d'Avorio.