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E’ il reale che fa più paura e orrore: La cena, di Herman Koch

Da Lepaginestrappate @paginestrappate

la_cena

La scorsa settimana su tuitter è girato un poco l’hashtag #cattiviletterari. In realtà l’ho intravisto per caso: con la coda dell’occhio ho notato che qualcuno aveva citato McEwan e quindi io ero stata attratta come un vampiro di fronte a una carnosa pulzella.

@consiglialibri l’aguzzino mistificatore di “Cortesie per gli ospiti” #IanMcEwan #inquietante….

— atrapurpurea (@atrapurpurea) 03 aprile 2013

#cattiviletterari e Cortesie per gli ospiti, che quando lo lessi mi inquietò moltissimo (e rido molto alla, spero voluta, ironia dell’omonimo programma televisivo di Real Time), vanno decisamente d’accordo, fui del tutto concorde con chi lo propose. Proprio in quei giorni però stavo leggendo La cena di Herman Koch, su consiglio di una consigliatrice coi controfiocchi.
E mi ritrovai a pensare che in quell’hashtag, accanto a Cortesie per gli ospiti, ci potesse stare benissimo: perché è la violenza gratuita che mi fa paura (anche se mi viene da chiedersi quanto senso abbia l’espressione “violenza gratuita”, se esista una violenza “giustificata”), e La cena è, tra le altre cose, su questo. Non su eventi astrusi, su thriller intricatissimi che tengono col fiato sospeso, su gialli da leggere con la luce accesa, su psicopatici omicidi.

E’ sul mondo in cui viviamo e le sue contraddizioni. Sulle cose orribili che fanno parte della realtà. Quella vera.

Ho letto Herman Koch che non stavo affatto bene, avevo un febbrone da cavallo  (motivo per cui questa settimana sono stata del tutto assente sul blog… già sembro folle quando sono “normale”). Tra un grosso disagio post-lettura e  il sonno agitato mi sono ritrovata in un’alternanza sonno-veglia in cui le pagine di quel romanzo erano divenute un incubo nauseante. (Poi alle 5 mi sono alzata, preparata un tè caldo e ho letto una commedia. Ecco.)

Io sono estremamente paurosa, eh. Però appunto sono le cose vere che mi fan paura e soprattutto orrore, mille volte di più delle astrusità che una mente fantasiosa può mettere in scena su carta.

E La cena è decisamente molto reale. E molto bello.

Non voglio nemmeno raccontarvi di che parla, e la trama che circola su quarta di copertina e compagnia bella svela quel troppo di troppo. Non prestatele troppa attenzione, se volete leggerlo.

Ma posso dirvi che parla di quattro persone rispettabilissime, due fratelli e le mogli, seduti intorno al tavolo di un lussuoso ristorante olandese.

Ecco, tutto il romanzo si svolge nel tempo della cena e segue i pensieri di uno dei quattro commensali: bisogna SAPER SCRIVERE DAVVERO per fare una cosa del genere catturando totalmente l’attenzione del lettore. E sapere andare a fondo. Collezionare pensieri per costruire tensione nei gesti e tra persone senza che vi sia realmente azione, giocando su ricordi, sensazioni, irritazioni, riflessioni intime.

E lettore, sei quel personaggio che è il punto di vista del racconto; sei i suoi pensieri nudi e crudi, filtrati da nessun giudizio dell’autore; sei un flusso di coscienza molto reale.

La cena va avanti, e si ricostruisce la trama. E niente, anche delle persone sedute a quel tavolo, è quel che sembra a prima vista. Nemmeno quando sei “nella loro testa” e pensi di aver tutto chiaro, dai primi capitoli.

La parte finale scade un po’, peccato!, mentre il resto entra di prepotenza tra i Libri Che Non Si Scordano. E nei #cattivireali.

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La cena di Hermann Koch è stato pubblicato in Olanda nel 2009 col titolo Het Diner. In Italia da Neri Pozza (16 euro) nel 2010 e BEAT edizioni (9 euro) nel 2011, in entrambi i casi tradotto dall’olandese da Giorgio Testa.



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