Esisteva un tempo in cui in Italia venivano girati film di genere diverso dalla commedia o dal dramma. Ve lo giuro, davvero. So che è difficile crederci ma, pensate un po’, eravamo pure un punto di riferimento nel mondo dell’horror. Quel mondo che ora prende come riferimento quel cazzone di Oren Peli. Oren “faccio i soldi con una serie di filmetti tutti uguali” Peli.
Negli anni settanta eravamo noi quelli bravi a girare storie piene di sangue, tensione e colpi di scena. Film in cui l’assassino che indossa dei guanti neri uccide persone su persone con coltellacci affilati o altri in cui mostri con vermi che fuoriuscivano dalla bocca assalivano branchi di soggetti decerebrati pronti solo a farsi massacrare.
Però i tempi passano, il pubblico chiede novità, i gusti cambiano, i grandi registi invecchiano o muoiono e Hollywood torna a farsi sotto nel mercato cinematografico mondiale con una potenza maestosa, costringendo l’industria artigianale del cinema italiana ad un declino inesorabile. In questo preciso momento, si colloca Zombi 3, un film diretto un po’ da tutti e un po’ da nessuno che un tempo faceva cagare a tutti mentre ora non fa quasi più schifo a nessuno. Cerchiamo di capire perchè bisogna comunque volere bene ad una pellicola del genere appartenente ad un momento della nostra storia del cinema che farà molto fatica a tornare.
Eh, che nostalgia.
Leggenda narra che il grande Lucio Fulci, di cui solo ora sto recuperando i suoi capolavori (o anche meno capolavori), era incaricato della regia di questa “poverata” scritta da uno dei tumori del cinema italiano ma al tempo stesso grande donatore di film trash, Claudio Fragasso, insieme a Rossella Drudi, sua moglie. A causa di motivi di salute, Fulci dovette abbandonare il progetto dopo aver girato circa una settantina di minuti, durata non sufficiente per un film. Perciò Rossella si mette d’impegno, prende qualche caffè per stare sveglia e, in una notte (una sola, James Cameron prendi nota), scrive delle scene di collegamento per unire il materiale girato da Fulci. La mattina seguente, Fragasso raggiunge Bruno Mattei che si trovava alle Filippine per filmare una pellicola dal nome di Robowar – Robot da guerra. Roba che se esce un film con un titolo del genere adesso, sarei già alla cassa per comprare un biglietto. Insomma, Mattei e Fragasso si dividono le parti della sceneggiatura da realizzare, perchè pare che si stessero sulle palle, e così, separati, terminano il film. Zombi 3 esce nei cinema e risulta un clamoroso flop al box office, ricevendo critiche negative da qualsiasi mezzo d’informazione dell’epoca. La morale di questa storia è che “tre regist is not megl che uàn”.
La trama. Da qualche parte in un posto che assomiglia alle Filippine c’è un centro di ricerca in cui convivono militari e scienziati. Durante una bella giornata di sole, arriva un pulmino di terroristi che ruba il potentissimo virus “Death One”. I terroristi vengono tutti sconfitti tranne uno che, prima di venire catturato ed ucciso, entra però in contatto con il virus. I militari, quindi, decidono di bruciare il cadavere del malintenzionato innescando una catena di conseguenze tragi-comiche che nemmeno Final Destination, regalando così il pianeta ai morti viventi. Cosa ci sarebbe da ridere, sarebbe quello che mi si potrebbe chiedere giunti a questo punto. Tutto, vi risponderei, perchè le uniche cose che possono risultare verosimili nell’intero film sono queste tre righe di trama. Il resto è caos.
“caos” su Google
Il termine “caos”, a dire il vero, sarebbe errato perchè ci troveremmo in una situazione che comunque seguirebbe una propria logica, seppur difficile da comprendere. Invece, questo è un film che, anagrammando le stesse lettere, procede a “caso”. Una pellicola che si fa guardare dal primo all’ultimo minuto con gli occhi spalancati, non per il terrore, ma per la gestione degli avvenimenti e dei personaggi. I primi dieci minuti sono una delle cose più ridicole, meravigliosamente trash e totalmente da B movie che abbia visto negli ultimi periodi. Analizziamo la situazione:
- Laboratorio segreto in mezzo ad una foresta protetto da militari in elicottero.
- Arrivo dei terroristi in pulmino che rubano il virus.
- Il terrorista sopravvissuto decide di non salire sul pulmino per fuggire con la valigetta incriminata ma di scappare a piedi per la foresta.
- I militari lo inseguono in elicottero e il fuggitivo, cadendo, apre la valigetta entrando in contatto con il virus.
- Il contagiato si rifugia in un albergo in cui, quando ormai ha bubboni su tutto il corpo, decide di tagliarsi la mano nel tentativo di limitare l’effetto del virus. Una cameriera lo sorprende e la uccide in modalità “zombie”.
- I militari scoprono che il terrorista è nell’albergo e, secondo il manuale “Operazioni militari segrete per deficienti”, pensano che il modo opportuno per insabbiare la vicenda sia sterminare tutti i clienti dell’albergo e demolirlo. Perchè così ovviamente nessuno se ne accorgerà mai, eh!
- Il corpo del contagiato, ucciso definitivamente, viene preso dai militari, portato nel laboratorio segreto e cremato. Se non fosse che le ceneri vengono sparate nell’atmosfera da una ciminiera, gli uccelli se la inalano per bene e diventano volatili zombie che diffonderanno il contagio liberamente. Ma dai.
Porco cazzo, questo è il classico film in cui ti viene da urlare contro lo schermo robe come “Ma che cazzo fai!?” o “Sei cretino?!”, raggiungendo un grado di frustrazione cinematografica dopo il primo quarto d’ora. Sequenze intere in cui militari equipaggiati con maschera antigas parlano tra loro e il massimo che si riesce a comprendere è una parola ogni tanto tra mille “bffbfffbfff”: ma non le avete riguardate le riprese? Non vi siete detti “Ma si, dai. Ridoppiamo questa parte perchè non si capisce un cazzo”. Tutto il film è una serie di situazioni imbarazzanti, scritte veramente in dieci minuti in cui i personaggi vagano per ambientazioni a casaccio esclamando frasi deliranti.
“Bfffffff!!”
“Ma no dai! Bffffbffff!!”
A proposito di personaggi. Questa pellicola contiene dei personaggi così stupidi, ma così stupidi che bisogna continuamente sforzarsi di non dare un pugno allo schermo del televisore. Un esempio: un gruppo di uomini e donne si rifugiano da qualche parte per prestare soccorso ad una di loro, ferita da un morto vivente. Una ragazza, ammiccando e con provocazione, chiede ad un ragazzo se può accompagnarla a cercare aiuto. Lui non ci crede che sia vero e accetta subito. Ma, santo di un cielo, siete in mezzo ad un’apocalisse zombie e pensate a trovarvi il/la fidanzatino/a? Soprattutto mentre una vostra amica sono ore che soffre come una dannata e sta per morire!
Insomma se tutto è una merda, penso, almeno gli effetti splatter saranno decenti. E’ un film di morti viventi che squartano e mangiano le persone, eh. Beh, possiamo dire che arriviamo alla sufficienza almeno in questo campo: il budget, si vede, è bassissimo, la fretta è tanta e tutto il film ne risente. Da segnalare la già citata mano amputata e lo “zombetto” che esce dal frigo (nella foto più sopra).
Ma se tutto, ma proprio tutto, fa pensare di trovarsi di fronte ad una pellicola di pessima fattura, la motivazione che mi spinge a rivalutare l’intera operazione, che comunque rimane con finalità commerciali, è il modo in cui stata realizzata: un tipo di cinema artigianale, fatto di invenzioni e di intenzioni, che ora non esiste più. Una minima ricerca di atmosfera caratterizzata da quella improvvisazione che dona al film un’aria “casereccia“, disprezzabile da un lato ma con una voglia di abbracciare tutti alla fine del film quando termina in pieno stile serie B. Roba da alzarsi in piedi ed applaudire. Se con due soldi, poche idee e poca motivazioni, negli anni ottanta, della gente è riuscita a portare in scena una fine del mondo ad opera dei morti viventi, seppur in maniera mediocre, per me è da elogiare. E pensare che, un giorno poco lontano da lì, il figlio di De Sica e la sua “cumpa” avrebbero posato le prime pietre per la costruzione del mausoleo alla merda del cinema italiano. Meglio tre film di zombi fatti male ma con dedizione che una commedia del cazzo diretta da Brizzi.
Applausi. Standing ovation.