Magazine Fotografia

è il turno di POST MORTEM

Da Ghezzo Claudio @GhezzoClaudio

è il turno di POST MORTEM

C’è un tempo per amare e un tempo per morire ma Mario è consapevole soltanto di quest’ultimo. Avvezzo alla morte come professione, trascrive senza emozione i referti dei medici legali, testimone impassibile degli smembramenti autoptici, impermeabile al sangue e alla carne. Nella sua esistenza solitaria c’è spazio solo per la fantasia morbosa che nutre per la sua vicina, Nancy, una ballerina dalla bellezza sfiorita che, come lui, sembra trascinarsi nello squallore dei giorni. Nel momento incendiario del colpo di Stato, Mario attraversa l’orrore con la stessa atroce indifferenza del suo macabro impiego, ossessionato dall’idea di ritrovare Nancy, posseduta e persa nello spazio di un attimo che, probabilmente, lei ha già dimenticato.

Dopo Tony Manero, Pablo Larraín torna a raccontare la devastazione di un’anima puntando, ancora una volta, la macchina da presa sul volto scolpito nella solitudine di Alfredo Castro. La tragedia di una vita ordinaria nella tragedia straordinaria di un Paese che esprime, in Post Mortem, la profonda lacerazione di un racconto privato amplificato sullo sfondo della Storia. Larraín non risparmia corpi e ferite mostrando, senza filtro alcuno, tutto l’orrore della morte che fa a pezzi – letteralmente – non soltanto le membra. L’espressione inalterabile di Mario assurge qui a simbolo dell’umano sguardo, pietrificato di fronte all’ineluttabilità del tragico, e quel suo trascinare i cadaveri senza nome sembra tracciare un silenzioso, sgomento percorso verso un nulla ancor più sanguinoso di qualsiasi esecuzione. Lo squallore di un animo perso nel suo dolore più intimo si fa dettaglio infinitesimale nell’enorme quadro di un Paese nel baratro ma è proprio quel piccolo, insignificante dolore che si trasforma, in questo film, nell’orrore più puro: quello dell’indifferenza di fronte alla fine. Quando si è perso già tutto non si fa più caso a quel che si va a seppellire: esseri umani, animali, oggetti… Nella splendida sequenza finale Larraín soffoca ogni speranza mostrando, nella ferinità dell’uomo, anche ciò di cui è atrocemente capace. In ogni tempo e luogo.

©2010 claudiogphoto. All Rights Reserved.

.

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog