di Giampiero Mughini. E' un periodo della mia vita in cui il viaggio più lungo che faccio abitualmente sono i 200 metri a piedi che vanno da casa mia all'edicola dove compro i cinque quotidiani del mattino. Eppure già quei 200 metri la raccontano bene questa Italia com'è adesso, con tutte le sue disgrazie. Cominciamo dai manifesti elettorali dei vari partiti. Ce n'è uno ogni dieci metri, e siccome appartengo a una generazione che aveva imparato a guardarli quei manifesti l'abitudine mi è rimasta. A dirla in parole povere: sono raccapriccianti e raccapricciante è
il fatto che sono pagati con i soldi dei famosi rimborsi ai partiti, ossia con i soldi prelevati dalle tasse pagate da quelli di noi che pagano le tasse. E' raccapricciante il niente e la volgarità di quei manifesti. Sono tutti eguali. Quelli di destra dicono che quelli di sinistra fanno schifo da quanto sono dei ladri e dei mascalzoni e dei corruttori di bambini. Quelli di sinistra fanno esattamente lo stesso. Qui a
Roma i manifesti elettorali della sinistra dicono che la giunta guidata dal sindaco
Gianni Alemanno è un'accozzaglia di incapaci, di gente che fa lavorare le proprie mogli e i priori amici e che sperpera il denaro pubblico. Esattamente la stessa cosa dicono quelli di sinistra della giunta provinciale guidata da una figura di spicco del Pd romano, Zingaretti.
Insulti insulti insulti. Probabilmente nessuno guarda più i manifesti elettorali, ma allora perché continuare ad imbrattarne le mura della città.
Ma è possibile che credano che un solo elettore al mondo possa essere convinto da quelle scemenze, che qualcuno possa essere talmente sottosviluppato da decidere il suo voto perché ha letto e approvato quegli insulti? Detto in altre parole.
Il problema dei partiti odierni non nasce soltanto quando alcuni (molti) di loro rubano. Il problema c'è anche quando fanno il loro lavoro, un lavoro il cui livello è divenuto infimo. Duecento metri a piedi da casa mia all'edicola. E in quei 200 metri non c'è mese in cui un negozio non abbia lasciato chiusa per sempre la sua serranda. Per i commercianti è venuto il tempo dell'orrore. I costi sono rimasti invariati, a cominciare da tasse che stringono alla gola,e questo mentre i ricavi sono scesi del 20 o 30 per cento.
I negozi chiudono e le serrande restano abbassate per anni perché non c'è nessuno che ha il coraggio e i soldi di che cominciare una nuova attività. Dove c'era un'agenzia di viaggi c'è un mucchio di cartaccia inviata per posta e che nessuno ha raccolto; dove c'erano due simpatici ragazzi che vendevano e affittavano dvd non c'è più nulla. Un negozio magnificamente situato e dove s'erano messi in testa di vendere motociclette di qualità, è adesso sprangato e di questo non c'è da meravigliarsi: credo che le motociclette di qualità siano in questo momento l'ultimo degli acquisti possibili anche da parte degli appassionati. E tutti quelli che lavoravano in quei negozi, le famiglie che dipendevano da quegli stipendi magari piccoli ma sicuri? Conoscete bene la risposta. Il dramma. E mi immagino la loro consolazione di quelli che hanno perduto lo stipendio nel leggere i manifesti elettorali cui accennavo prima. In questi maledetti 200 metri vicino casa mia c'è stata a lungo una ragazza giovane, probabilmente una rumena, che ti si avvicinava, scoppiava a comando in un finto pianto e ti chiedeva l'elemosina. Una ragazza giovane, in ottima forma fisica, persino carina, probabilmente ricattata da una qualche
gang che manda in giro le ragazze giovani a produrre soldi. Qualche volta l'elemosina gliela davo, altre volte le chiedevo perché non si cercasse un lavoro. Lei ogni volta non batteva ciglio, mi guardava come fossi un marziano, al prossimo incontro ricominciava la scena. E finché non l'ho vista girare per strada col pancione. Era incinta. Una settimana fa l'ho vista che ha ripreso a chiedere l'elemosina, spingendo una carrozzella con dentro il bambino. Prima era lei sola la disgraziata per strada, adesso sono in due a combattere la lotta per la vita. Che faccio, la prossima volta che mi chiede l'elemosina? Mollo un euro, o le dico di cercarsi un lavoro? Mamma mia.