Se le idee di questo ometto profugo dalla sua terra e solo ospite di un paese amico, disarmato pellegrino con la sua tonaca amaranto e ormai curvo negli anni, vengono considerate pericolose, vuol dire che hanno un valore prorompente.
Se le sue idee fanno paura a un paese potente e sterminato di un miliardo e mezzo di persone vuol dire che i principi che reggono quel paese sono fragili, suscettibili di incrinarsi e spaccarsi come il suo esercito di terracotta, morto reperto archeologico.
Statisti e stati continuano però a ricevere il Dalai Lama in forma privata e primi ministri cinesi con tutti gli onori in forma ufficiale, non è la stessa cosa e non mi si spieghino per favore le ragioni commerciali ed economiche, le conosco.
Fino a quando gli articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 10 dicembre 1948 resteranno solo utopici enunciati? Fino a quando avranno solo un valore simbolico? Un orientamento del pensiero collettivo staccato dalla realtà?La Cina sostiene che il Tibet era poverissimo, arretrato, una società teocratica ancora strutturalmente arcaica, è vero.La Cina sostiene di star portando finalmente il progresso, non è vero, perché un popolo, una cultura, non si nutrono solo di strade, autostrade, treni mirabolanti fra le vergini vette del mondo, palazzi e supermercati, serve la libertà, la libera espressione della propria identità.Si può morire individualmente e collettivamente in molti modi. Il novecento ci ha insegnato che si può morire in trincea, in un forno crematorio, nelle marce forzate, nei gelidi gulag, nei campi di rieducazione, sotto la pioggia radioattiva di una bomba atomica, dispersi chissà dove in un paese che non è il tuo; la modernità è altrettanto fantasiosa, ci sono le pulizie etniche, i bambini soldato dell'Africa ammalata, le mine anti-uomo, gli atti terroristici con le cinture di tritolo ben strette in vita. Nella nostra più recente modernità a volte non serve fare la guerra e neanche le bombe intelligenti, sono sufficienti la potenza economica e politica, un'occupazione lenta e graduale senza spari e dalle mani pulite, un'invasione in doppio petto; per far morire un popolo basta impedirgli di vivere a suo modo, di studiare e parlare la propria lingua, di rispettare le proprie tradizioni, di onorare i propri valori, di raccogliersi nei luoghi di preghiera, di conoscere la vera versione della propria storia.Ci sono stati vari incontri fra studiosi ed esperti delle due religioni, la storia degli ebrei pare interessi molto i tibetani, hanno ragione, i figli di Israele sono grandi maestri di sopravvivenza, duemila anni dispersi per il mondo, ghettizzati per secoli prima e andati in fumo poi per avere infine una patria più piccola di un fazzoletto che ancora suscita scandalo. Duemila anni in diaspora e pur sempre a galla, coagulati intorno a un libro, la Bibbia, espressione di un'identità e di un mondo di valori, la sola cosa concreta che li ha tenuti uniti. Anche i tibetani hanno una cultura millenaria, hanno anche una patria, le loro montagne più alte del mondo in un territorio sconfinato, ma la stanno progressivamente perdendo e non solo per i numeri in continuo aumento dei cinesi che volenti o nolenti vengono a stabilirvisi, ma perché è la loro identità ad essere violata, a non potersi esprimere, a non essere riconosciuta e se è vero che la diversità è una ricchezza, senza nutrimento identitario, senza fedeltà alla propria storia, si finisce per non sapere più chi si è.
Sulla bandiera tibetana c'è un sole che brilla in piena giorno, non un tiepido sole al tramonto. E intanto......gli uomini bruciano.