Volendo prendere ad esempio diversi casi di aziende straniere scappate, come il blocco del progetto Oasi Sarparea nella città pugliese di Nardò, ci si rende conto di quanto poco resistano i capitali stranieri nel nostro Bel Paese. Il “caso Sarparea” è un esempio paradigmatico del “Frena Italia” secondo i tedeschi.
Gli investitori stranieri scappano a gambe levate dopo lunghi anni di scontri con la burocrazia italiana. Questa è una delle tante “piaghe” che rallentano l’economia italiana. L’aridità di investimenti dello Stivale è una preoccupazione europea e tedesca, che viene ripresa dal quotidiano conservatore più autorevole della Germania, Frankfurter Allgemeine Zeitung, che racconta la vicenda dell’Oasi Sarparea della cittadina pugliese di Nardò. Un caso che ha cavalcato le prime pagine dei quotidiani anche in Italia pochi giorni fa, con l’intervista dell’imprenditrice americana Alison Deitghton. La vicenda si ispira al “Grande sogno americano”. Una donna in carriera che vuole costruire un resort di lusso in Salento, con un investimento da 70 milioni di euro per sfruttare le qualità ambientali della costa pugliese. La manager, con questo investimento, avrebbe realizzato uno dei suoi sogni nel cassetto, e la cittadina pugliese avrebbe conquistato notorietà e fiumi di turisti, provenienti anche dal più giovane dei continenti. Dopo ricerche, studi, ed autorizzazioni, l’americana era alle “Porte del sogno”, tutto sembrava esser stato sistemato, o quasi. L’area acquisita da Alison Leighton era edificabile, ma dopo aver speso ingenti quantità di denaro per poter iniziare i lavori è iniziato un lungo conflitto con le autorità locali. Ecco la doccia fredda per la giovane investitrice.
Il progetto Oasi Sarparea è partito 6 anni fa, ma la costruzione del resort di lusso a Nardò è stata fermata dalla Regione. La vicepresidente della Puglia, Angela Barbanente, contesta le diverse irregolarità contenute in questa iniziativa imprenditoriale. «Non so cosa abbia detto questo imprenditrice al Comune di Nardò, ma per la Regione l’area non è edificabile, ed esiste un divieto di costruzione sancito dai Beni Culturali. Oasi Sarparea dovrebbe sorgere nel mezzo di un uliveto secolare, e questo per noi è inaccettabile. Gli uliveti di questo tipo rappresentano l’identità del nostro territorio. Non possiamo sacrificarli per due o tre investitori, perché se no non rimarrà niente che renderà interessante il nostro futuro». E nulla è interessato alla regione che il resort abbia al centro del suo piano di sviluppo proprio l’uliveto. Insomma un’azienda che macina morti e cancro a Taranto va, quasi, bene (e si “lotta” per non perdere posti di lavoro); mentre un resort (che produrrebbe, oltre che turismo, anche lavoro) costruito intorno ad un uliveto secolare… è inaccettabile!
Dal blocco della Regione è nato un botta e risposta. Alison ed i suoi avvocati sono entrati ed usciti da tutti gli uffici/sportelli/enti pugliesi e non solo, hanno anche vinto infatti il primo procedimento davanti al Tar, ma l’amministrazione regionale ha deciso di proseguire la causa davanti al Consiglio di Stato. Questa decisione ha profondamente sconfortato la donna, che informata dei tempi dei processi qui in Italia, è ritornata in America, ma solo momentaneamente. Ancora nessuna “ritirata” quindi. Alison non ha rimesso il suo sogno nel cassetto, Nardò non ha ancora visto sfumare un multietnico viavai, e l’uliveto può essere ancora la “star del resort”.
I dati sulla crescita del turismo in Puglia indicano come ci sia un forte spazio per l’incremento dei visitatori stranieri, che secondo Faz potrebbero essere assai attratti da un progetto come il resort ecoturistico pensato da Alison Deighton, che gestisce con successo un albergo in Umbria. Diversi politici italiani, anche pugliesi, hanno rivolto critiche all’amministrazione regionale, visto il lungo periodo intercorso tra prime autorizzazioni al resort e successivo blocco. «Un caso tipico. La Puglia era già stata al centro delle cronache nazionali per aver fermato il rigassificatore di Brindisi pianificato da British Gas dopo una battaglia di 11 anni». Il quotidiano tedesco sottolinea come l’Italia spaventi chi voglia investire e credere nelle sue bellezze. Invece di “aiutare” gli investitori e quindi anche la nostra economia, li caccia in mal modo, complica le cose, ingrandisce i cavilli, mentre per gli autoctoni sembra così facile “raggirare” e “piegare” codici e corti. Insomma gli stranieri sempre di meno varcano i nostri confini, e i nostri imprenditori li varcano sempre di più, con il risultato che in questa battaglia è sempre il nostro buon vecchio Stivale a “perdere”.