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E la chiamano modernità...

Da Paolob
Non si può restare inerti e indifferenti rispetto a quanto sta succedendo in Fiat, sul rapporto tra azienda e sindacato, sull'imperiale e ingombrante figura di Marchionne, sui risvolti politico/sindacali della disputa, e sui cambiamenti che tutto questo comporterà a livello sociale e civile.
Non si può proprio.
Io sono un imprenditore, ma è impossibile, e alquanto pretestuoso, affiancare aziende che hanno dimensioni e conti economici distanti in modo siderale.
Ho 53 ann e so solo che, da quando ho un minimo di cognizione di quello che mi succede intorno, la Fiat è un'azienda che ha fatto la storia di questo paese. In senso stretto. Perché la Fiat ha deciso, ha pianificato, ha progettato questo paese, grazie alle sue necessità, grazie ai suoi obbiettivi. Con una classe politica al suo servizio. Questo è storia.
E poi, finito il boom, finito l'ubriacamento da crescita infinita, iniziate le crisi, sotterrato l'assioma che i lavoratori dovessero essere schiavi, arrivata la voragine energetica, perpetrata la mancanza di creatività con modelli paradossali e orrendi e quindi una crisi di vendite fortissima, la Fiat ha cominciato a chiedere, non solo strade, politiche industriali al suo servizio, ma anche casse integrazioni, incentivi alle vendite, contratti di lavoro ad hoc, sconti fiscali in cambio di investimenti... Senza scordare l'Alfa Romeo, 'acquistata' dallo stato per una cifra ingente!
Insomma, la Fiat, e sembra una battuta da bar, da sempre si è tenuta gli utili per far pagare alla collettività le perdite.
E oggi siamo al paradosso.
Dopo che con tutte le agevolazioni possibili, anche in tempo di crisi, la Fiat si è bevuta in un solo sorso la Chrysler (oggi al 25% di quota detenuta), dopo che è stato dichiarato che entro breve si potrebbe salire al 51%, dopo che che tutto l'anno scorso gli incentivi hanno aiutato l'azienda a produrre comunque utili, dopo che la cassa integrazione è intervenuta in modo massiccio appena gli incentivi sono terminati, il management dell'azienda automobilistica torinese introduce un contratto unilaterale il cui unico obbiettivo è quello di aumentare la produzione, tagliare le pause, ridurre il tempo di mensa, ridurre l'assenteismo cialtrone, mettere in un angolo la democrazia rappresentativa in fabbrica.
A fronte di tutto questo, le quote di mercato della società stanno letteralmente crollando visto le ciofeche di auto che vengono progettate e quindi prodotte.
Vendiamo poco e quindi mettiamo in cassa integrazione. A fronte di tutto ciò, quei pochi che sono in fabbrica, devono lavorare di più, non ammalarsi, stare zitti e mangiare anche poco e in fretta.
Sembra contraddittorio, ma se ci pensiamo bene tutto è chiaro.
La crisi la paga il pubblico (alla faccia del mercato e del capitalismo!), mentre chi lavora deve farci diventare sempre più ricchi a costi sempre più bassi.
Altrimenti, cari operai straccioni, chiudiamo tutto e ce ne andiamo in Canada o chissà dove.
E tante grazie al paese che ci ha permesso, dal lontano senatore Agnelli nella farsa fascista, di crescere indisturbati, ricchi e belli come il sole.
Forse qualcuno dovrebbe indignarsi un po'.
Io non so se in tutti i paesi è così, ma più passa il tempo e più mi rendo conto di vivere un paese di stampo medievale, cialtrone e parassita.
'E chi non beve con me', peste lo colga', per citare un famoso 'carosello' anni '60.
Corro a comprare qualche biglietto d'aereo per i miei figli...

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