Al contrario della stragrande maggioranza delle persone che si dicono disgustate per i modi dell’irresistibile ascesa di Matteo Renzi, io non riesco a vedere altro che aspetti positivi nella vicenda che l’ha visto cannibalizzare Enrico Letta. Eppure, non ho simpatia per il pupone fiorentino; perlomeno, non ne ho avuta finora, ma confesso che, visto il coro di disgusto che si è innalzato per la sua rapace operazione politica, essendo io un irriducibile bastian contrario, inizio a sentire un lieve trasporto nei suoi confronti. Ma queste sono questioni personali e a me preme fornire argomentazioni e giustificazioni di valore generale alle mie ragioni.
E’ opinione comune che Renzi e il Pd abbiano compiuto un’operazione eticamente riprovevole, una vergogna per la democrazia. Un Capo del Governo sfiduciato dal suo stesso partito e dal suo segretario, non si è mai visto. Siamo pazzi? Si, per dirla con Amleto, pazzi come gli inglesi che per ben due volte, negli ultimi 25 anni, si sono ritrovati in una situazione simile; e le teste tagliate non erano di due Enrico Letta qualsiasi, ma di nientepopodimeno che Margareth Thatcher, the Iron Lady, costretta nel 1990 a una staffetta con Major, e Tony Blair, il profeta della terza via, rilevato da Gordon Brown nel 2007; entrambi, la Tory e il Labour, con un abbondante decennio ininterrotto di governo del paese alle spalle. E se vogliamo, le trame tessute in quei frangenti furono ben più oscure ed esclusive di quelle dell’attuale vicenda italiana. Tanto più che nessuno dei due subentranti aveva raccolto due milioni di voti su tre in una consultazione elettorale interna. E devono essere proprio fuori di sesto i britannici se, in entrambi i casi, non hanno sollevato un’ondata di indignazione generale per i riprovevoli attentati alla democrazia!
Si dice che Renzi sia un bugiardo e un traditore, perché ha detto che non sarebbe mai entrato a Palazzo Chigi senza passare per le elezioni. E l’ha detto, come qualche altro milione di cose che ha detto negli ultimi due mesi. Ma più che le parole in politica, contano i fatti, le strategie, i posizionamenti e Renzi, dal primo giorno da segretario, ha ingaggiato, alla luce del sole, un braccio di ferro con Letta, che l’ormai ex premier ha accettato coscientemente, per quanto controvoglia. In palio non c’era tanto Palazzo Chigi di per sé, ma la leadership di un’azione di governo incisiva e dinamica. Questo braccio di ferro è stato vinto da Renzi per manifesta inferiorità dell’avversario e il verdetto è stato sancito dal partito di entrambi, dagli alleati di governo, dal mondo industriale e imprenditoriale, dalla finanza, dai sindacati, se volete dagli immancabili poteri forti e anche da due milioni di elettori che, rapportati alle poche migliaia di click dei paladini della democrazia diretta, non mi sembrano proprio noccioline.
Letta è stato cannibalizzato non da Renzi e da un manipolo di traditori, ma dalla sua intrinseca debolezza, dall’incapacità di dare prima una precisa linea al suo governo, poi una nuova fisionomia in grado di rilanciarne l’azione. Se solo fosse stato in grado di leggere correttamente la situazione che si stava delineando, avrebbe tranquillamente preso atto dell’evaporazione del suo governo e si sarebbe garantito l’onore delle armi. Ha preferito fingersi in trincea, costringendo Renzi e il Pd alla terapia d’urto. Alle costanti pungolature di Renzi, il candido Enrico ha risposto con operazioni di marketing in grado di durare il tempo di una conferenza stampa, ripetuti annunci, poco convinti e ancor meno convincenti, dell’imminenza delle magnifiche sorti e progressive, ossessivi viaggi in paesi poco trasparenti alla ricerca dei mitologici investimenti esteri. Nel frattempo, in Parlamento e fuori, lui e il suo governo inanellavano altre figure poco edificanti, come le intercettazioni della De Girolamo e il decreto Imu-Bankitalia.
Ci son due cose che apprezzo senza sé e senza ma della mossa renziana: il coraggio (e l’incoscienza) con cui si è intestato una complicatissima e rischiosissima operazione politica e il fatto di aver riportato la politica alla sintesi formichiana di sangue e merda. Intendiamoci: tutti aspiriamo alla realizzazione delle nostre utopie, ma dopo un ventennio di plastica e silicone, una sana politica di sangue e merda mi sembra un gran passo avanti. Adesso, per Renzi viene il difficile. La strada è obbligata: realizzare qualche intervento shock che abbia un effetto positivo e immediato sull’economia e sulla cittadinanza. Contrariamente, finirebbe anche lui con l’impantanarsi, incenerendo di colpo il suo luminoso avvenire politico.