Magazine Cultura

E LE STELLE STANNO A GUARDARE - Più che affidarsi alle stelle cadenti, occorre prendere decisioni impopolari

Creato il 11 agosto 2011 da Ciro_pastore
E LE STELLE STANNO A GUARDARE  -  Più che affidarsi alle stelle cadenti, occorre prendere decisioni impopolariLa notte appena trascorsa era quella dedicata ai romantici sognatori che, nella speranza di dare una svolta alla propria vita, affidano ingenuamente il proprio destino a dei piccoli oggetti cosmici che polverizzandosi al contatto con l’atmosfera, lasciano quella stranissima scia che le fa ritenere delle stelle cadenti. Uomini e donne speranzosi in un intervento “celeste” che mi hanno evocato l’atteggiamento di molti colleghi che, nonostante tutto volga al peggio, sperano ancora nell’intervento di un’entità superiore che miracolosamente ci salvi dall’Armageddon. Ma, purtroppo, nella realtà sono le stelle che stanno a guardare noi. Impassibili aspettano che noi uomini facciamo finalmente qualcosa per noi stessi. Mi è venuto alla mente, così, lo sceneggiato televisivo degli anni ’60, E LE STELLE STANNO A GUARDARE, tratto dal celeberrimo romanzo di Cronin. Sotto la mirabile e sicura mano di Anton Giulio Majano, forte di un cast di attorissimi  (tra gli altri, Andrea Checchi, Giancarlo Giannini, Orso Maria Guerrini, Anna Miserocchi, Anna Maria Guarnieri, Loretta e Daniela Goggi), si dipana un didattico polpettone che vede incrociarsi le vite di più personaggi. Essi rappresentano lucidamente l’intero spaccato sociale dell’Inghilterra industrializzata, ma già avviata ad una lenta decadenza economica. Centrale nella storia sono la miniera Nettuno ed un grande incidente che vi si verifica. La grande guerra è un altro fattore nel quale i caratteri degli uomini emergono attraverso le scelte che ciascuno compie: volontari per il fronte, volontari per incombenze non militari, la furbizia e gli espedienti per sfuggire al servizio militare o la sfida aperta di pochi, con il rifiuto della chiamata di leva. Traspare anche una chiara adesione, dell’autore, all'idea di nazionalizzare le miniere, sostituendo lo Stato ai numerosi proprietari privati del periodo.Le vicende dei personaggi di Cronin, illustrano in maniera drammaturgica ma verosimile, quanto la condizione delle classi subalterne non sia cambiata di molto. Allora, il padrone era perfino più umano, in fondo. Esercitava il suo potere con decisione, tutelando il suo interesse economico, ma poteva anche avere dei momenti di paternalistica comprensione per i suoi lavoratori. I lavoratori, d’altro canto, pur combattendo il potere assolutistico del padrone, ne accettavano l’ineluttabile presenza, come un male doloroso ma utile. Le istanze socialiste e nazionalizzatrici dei sindacati erano viste come la promessa di un futuro migliore per le generazioni successive.Oggi, invece, il padrone non esiste più, ma solo in termini tecnici. Piuttosto, ha assunto una dimensione impalpabile, quasi metafisica. Ovviamente, esistono manager che guidano le aziende, ma essi devono fare i conti con la classe politica che li sceglie. La classe politica, a sua volta, deve in qualche modo fare i conti con l’elettorato. L’elettorato, purtroppo, wildianamente non resiste alle tentazioni delle classi politiche, sempre più abili nel puro imbonimento populistico. Insomma, tutti hanno una fetta di potere ma ciascuno, anche il più decisionista, vive una condizione di parziale impotenza. Un’impotenza che ora è diventata manifesta e che produce scelte tese solo a salvare lo status quo, ma in definitiva irresponsabili per quanto sono disattente alla reale soluzione dei problemi. Assistiamo, cioè, al definitivo incartamento di chi deve prendere le decisioni. Come tutti i giocatori di carte sanno bene, incartarsi significa rimanere con un numero o una combinazione di carte che impedisce un buon gioco, in definitiva, figurativamente, vuol dire smarrirsi senza sapere cosa fare. Ebbene sì, chi dovrebbe guidarci non sa più come uscirsene da una situazione che diventa giorno dopo giorno più ingarbugliata. Ed allora, non sapendo come risolvere questo sudoku di difficoltà estrema, si dilettano a compilare fanciullescamente organigrammi aziendali, quasi fossero delle confortanti parole crociate facilitate. Organigrammi dettati più dalla voglia di occupare “territorio” che dall’esame lucido delle funzioni. Un guazzabuglio senza senso alcuno, se non quello di precostituirsi una posizione da difendere quando arriverà il momento dell’incorporazione/fusione. Siccome, probabilmente, a bocce ferme assisteremo a due livelli dirigenziali, gli attuali dirigenti tentano di sistemare bandierine come i pionieri nel Far West. Il territorio va solo delimitato, poco conta se si è in grado di presidiarne le funzioni. Si dice che questo è solo un organigramma transitorio. Ma siccome l’Italia è da sempre il paese in cui il provvisorio diventa definitivo, non è dietrologia pensare che qualcuno si stia preparando ad una fase di occupazione molto lunga. Presto, immagino, vedremo sorgere le fortificazioni indispensabili a difendere un territorio da difendere ad oltranza, come tante piccole muraglie cinesi.Niente di male in tutto ciò, se non fosse che nel frattempo la situazione economica- finanziaria del TPL campano, e la nostra in particolare, sia non alla frutta, ma addirittura all’ammazzacaffè. Certo, circa 12 milioni/anno di spesa, per manutenzioni/lavori, da gestire, fanno sempre gola. Averne in qualche modo il controllo, mette al riparo da ogni attacco e crea il presupposto per restare alla barra di comando, per di più in maniera confortevole. È degli ultimi giorni, peraltro, la notizia di milionari stanziamenti per il completamento di opere infrastutturali che riguardano la nostra azienda e le altre del gruppo EAV. Motivo per il quale queste aziende, pur ampiamente traballanti, devono restare in vita. Una vita fatta di stenti per le risorse umane, i cui costi sono la vera palla al piede di cui liberarsi. Gli stipendi diventeranno sempre più una probabilità, sempre meno una certezza. Come sempre, la gestione verrà sacrificata sull’altare degli investimenti. Progettare, costruire, sterrare, cementificare, armare, sono in verbi in voga presso chi decide. Cancellati dal loro selettivo dizionario verbi a noi cari come: condividere, delegare, incentivare, premiare. Si sa la lingua italiana è la più ricca in vocaboli, spiace vederla ridotta ai minimi termini.
Ciro Pastore  -  Il Signore degli Agnelli
leggimi anche suhttp://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.com/

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :